Ragionare sul voto
A poche settimane dalle elezioni possiamo tentare di interpretare il voto degli ebrei italiani.
Nella Prima Repubblica era facile, la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale erano esclusi dal voto ebraico. La prima per una contraddizione in termini, il secondo perché la memoria del fascismo era ancora viva.
Il voto era più ideologico e si concentrava nell’altra metà del cielo: Pci, Pli, Pri e il Partito Socialista con le sue derivazioni, Psdi, Psiup negli anni accorpati e scissi più volte.
L’astensionismo era residuale, perché tutti volevano esercitare un diritto civile faticosamente raggiunto, in particolare modo la popolazione ebraica.
Al contrario, alle elezioni del 25 settembre 2022 il partito dell’astensionismo ha vinto con il 34,1 per cento, risultato superiore ad un terzo degli aventi diritto. Ora, l’assunto di base è: considerare il comportamento di voto degli ebrei uguale a quello di tutti gli italiani.
Partendo dall’astensionismo, l’unico dato su cui tutti concordano, dobbiamo correggerlo con l’algoritmo virtuale che abbiamo costruito con sei variabili per avere le varianze sul dato medio nazionale, commentato voce per voce:
Età: l’età media degli ebrei italiani è più alta rispetto alla media nazionale
Titolo di studio: esiste una maggior concentrazione di laureati e diplomati
Reddito: non è un dato discriminante perché la povertà ha colpito tutti indiscriminatamente.
Area geografica: la presenza è concentrata al nord e al centro Italia con una propaggine a Napoli e con l’esclusione delle isole, presenza azzerata cinque secoli fa dall’Inquisizione spagnola.
Area agricola/urbana la concentrazione degli ebrei è nei grandi centri, trend iniziato nell’Ottocento, quando si sono svuotati i paesi di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana per concentrarsi prima nei capoluoghi di provincia e poi di regione ed infine polarizzarsi a Roma e Milano.
ZTL: i ghetti erano al centro delle città e da lì non si sono allontanati molto, se adesso chiamiamo queste aree ztl è solo una convenzione.
Per sostenere il nostro ragionamento utilizziamo i dati relativi ad Israele degli italiani iscritti all’A.I.R.E che hanno votato per la Camera dei Deputati, dove su 1538 votanti il 34 per cento è andato al centro destra che per il voto all’estero si sono presentati insieme, il 28 al Pd, il 19 ad Azione – Italia Viva, il 18 ai 5 Stelle.
Comparati con i dati nazionali definitivi il centro destra ha avuto un 10 per cento in meno (43,79 verso il 34), il Pd il 9 in più (28 verso il 19), il terzo polo ha guadagnato più di tutti, 11,21 per cento in più (19 verso il 7,79) e i 5 Stelle il 2,67 in più (il 18 verso il 15,33).
I dati del totale Italia, oggetto di questa comparazione, vanno modificati, tenendo conto che la popolazione ebraica è concentrata nel nord a Trieste, Venezia, Padova, Verona, Mantova, Milano, Torino e Genova.
L’esclusione delle altre province del nord ha come conseguenza che cala la percentuale della Lega e cresce il terzo polo e il Pd.
Passando al centro-sud, la concentrazione della presenza su Modena, Bologna, Ancona, Firenze, Livorno, Roma e Napoli, tutte città a maggioranza P, con un forte bacino di elettori del terzo polo si confermano i dati del nord.
Traendo delle conclusioni in modo empirico, applicando il nostro algoritmo virtuale basato sui dati socio-demografici e avendo come base i dati dei cittadini A.I.R.E. In Israele, possiamo stimare un 30 per cento al Pd, un 20 al terzo polo un 10 a Forza Italia per il tradizionale appoggio a Israele fin dai tempi della sua fondazione senza se e senza ma.
La Lega assieme a +Europa e agli altri partiti che non hanno raggiunto il quorum assomma a circa il 10; resta un mistero come si divide il 30 per cento residuo tra FdI e i 5 Stelle, i quali, con l’esclusione del sud, dal nostro algoritmo dovevano scendere a One digit in palese contraddizione con il 18 per cento degli italiani in Israele.
Resta comunque un dato matematicamente certo che Fratelli d’Italia ha ottenuto un risultato a due cifre anche nel nostro campione.
È d’obbligo un’ultima riflessione sull’attentato palestinese alla sinagoga di Roma di 40 anni fa, considerata dal commando un obiettivo israeliano. Al contrario, gli ebrei non solo italiani ma in primis romani, veneziani, torinesi e anconetani dove vivono da secoli, ne parlano i dialetti e hanno creato nuove lingue come il giudaico-romanesco ancora vivo o il giudaico-veneziano quasi scomparso. Come dimostra il loro voto, più legato al territorio di provenienza che all’ideologia. (20/10/2022)
Vittorio Ravà