Carla Cohn, una vita per la Memoria

Nove vite “come il gatto dei proverbi”. Nove capitoli “di un’esistenza messa a confronto con l’orrore della Storia, quello più grande e indicibile, e poi con i tanti piccoli orrori quotidiani prodotti dall’ignoranza, dall’indifferenza, dalla mancanza di comprensione”. Testimone nelle scuole al fianco dell’associazione Progetto Memoria, Carla Cohn era nata in Germania ma diceva di sentirsi a casa soltanto in Italia: la meta cui era giunta dopo aver viaggiato e vissuto tra Europa, il nascente Stato d’Israele, Stati Uniti d’America. Ad accompagnarla i segni della deportazione in campo di sterminio, l’orrore di cui fu vittima adolescente nei campi della morte di Terezin, Auschwitz, Mauthausen.
Le mie nove vite, pubblicato nel 2014 da Castelvecchi, è un testo di formidabile importanza per mettere sotto la lente quel periodo. E per affrontare alcuni dei principali temi relativi al “dopo”. Tra cui l’elaborazione del trauma e la faticosa ricostruzione di un’identità e di un progetto.
“Ho sempre pensato di avere nove vite, come il gatto dei proverbi: non importa quali crudeltà gli siano state inflitte, se sopravvive mantiene la sua dignità e la sua grazia, i gatti non possono essere resi schiavi a lungo” la riflessione con cui inaugura il suo intenso viaggio nei ricordi dall’infanzia ai giorni nostri, preceduto da un intervento dello storico Bruno Maida. “Sono nata nel 1927 e cresciuta a Berlino, durante la Repubblica di Weimar, breve periodo di ottimismo e speranza di stabilità. Queste speranze andarono in fumo con il fuoco del Reichstag” annotava con amarezza Cohn, divenuta poi un’apprezzata psicoterapeuta per l’infanzia.
A 50 anni dalla sua deportazione ad Auschwitz riscoprirà il volto del padre in un frammento del documentario propagandistico nazista “Il Fuhrer regala agli ebrei una città”. Davanti ai suoi occhi l’immagine del genitore che suona per le SS, probabilmente per l’ultima volta. Altro momento di svolta nel confronto con quel passato la visualizzazione del suo nome allo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme. “L’insopportabile peso della memoria mi sopraffece completamente. Protetta dalle robuste braccia del rabbino – racconterà – fui finalmente in grado di piangere fino a che non mi rimasero più lacrime”.
Carla Cohn è venuta a mancare nell’ottobre del 2021, all’età di 94 anni. Il Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma le renderà omaggio stasera, con un evento in programma a partire dalle 21. Moderati dall’assessore alla Comunicazione UCEI Davide Jona Falco, interverranno Marco Caviglia (responsabile dell’Archivio Storico della Fondazione Museo della Shoah di Roma) e le psicologhe e psicoterapiste Susanna Santillo e Carla Corsi.
Sarà anche l’occasione per condividere alcune testimonianze. Tra cui un album di fotografie da lei donato al Pitigliani che sarà accolto nella sede della Fondazione Museo della Shoah nella sezione dei fondi di famiglia. “Si tratta – spiega Caviglia – di un centinaio di foto relative al periodo antecedente alla deportazione, ma anche al ‘dopo’ nei suoi vari passaggi. Il periodo trascorso nell’allora Palestina mandataria, poi diventata Israele, l’esperienza di vita negli Stati Uniti d’America, infine l’Italia”. L’album sarà a disposizione durante la serata e andrà poi ad arricchire uno spazio archivistico dedicato. “Disponiamo al momento di circa 200 fondi di famiglia. Da tutti stiamo cercando di trarre video-interviste con testimoni diretti e familiari. Siamo all’incirca al 70% del lavoro”, sottolinea Caviglia. Nel nome di Carla Cohn si era già svolto – all’inizio del mese di marzo e sempre al Pitigliani – un mercatino di solidarietà che aveva visto il coinvolgimento dei giovani di Hashomer Hatzair e Benè Akiva. Tra i progetti finanziati uno riguardava la solidarietà attiva ai profughi ucraini, un tema che proprio allora iniziava a imporsi all’attenzione. “Ciascuno potrà così portare nel suo vissuto un pezzo di Carla, sostenendo al tempo stesso una causa importante” spiegava Anna Orvieto, promotrice del mercatino e animatrice con Giordana Menasci del progetto “Memorie di famiglia”. Un’altra iniziativa cui Cohn aveva dato il suo contributo. “Psicoterapeuta e amante della musica classica, aveva collaborato con Progetto Memoria andando nelle scuole, fino a che le era stato possibile. La ricordiamo come una signora bellissima, con i suoi particolari occhi azzurro-verdi e la sua presenza forte e discreta”, il saluto dell’associazione all’indomani della scomparsa. Cohn aveva ispirato il racconto “Berlinesi” dello scrittore torinese Aldo Zargani, pubblicato nella raccolta In bilico. La serata del Pitigliani è organizzata in collaborazione con Fondazione Museo della Shoah, Progetto Memoria e SipsIA.

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