Usa-Cina, prove di dialogo
Dopo un colloquio di tre ore e mezza il presidente Usa Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping si sono stretti la mano. Un gesto immortalato in uno scatto che oggi apre le prime pagine di molti quotidiani. “Xi-Biden, il disgelo” titola tra gli altri La Stampa, che spiega come fossero “tanti i temi sul tappeto, da Taiwan, ai diritti umani, al braccio di ferro commerciale e il controllo dell’hi tech, sino alla proiezione nel Pacifico della Cina e ovviamente la relazioni con Putin e la guerra in Ucraina. Vengono passati tutti in rassegna, su molti le posizioni restano profondamente distanti”. C’è l’intesa, aggiunge Repubblica, sull’escludere l’uso di armi nucleari in Ucraina, ma, rileva il Corriere, mancano impegni concreti per fare pressioni alla Russia sul negoziato. In ogni caso, scrive sempre il quotidiano di via Solferino, il colloquio Biden-Xi Jinping rappresenta un significativo primo segno di disgelo tra le due superpotenze.
Da Bali ad Ankara fino a Kherson. Al G20 in Indonesia partecipa anche la Russia, con una delegazione guidata dal ministro degli Esteri Lavrov, che però, racconta il Foglio, ha cercato di evitare in ogni modo gli incontri con i rappresentanti Usa. Dimostrazione, spiega il quotidiano, di una certa confusione al Cremlino sulle posizioni da tenere mentre il suo esercito continua a perdere terreno in Ucraina. Un tema di cui russi e americani hanno sì discusso, ma ad Ankara, dove si sono incontrati i vertici delle rispettive intelligence. Obiettivo, racconta la Stampa, mettere in guardia Mosca contro l’uso delle armi nucleari in Ucraina e disinnescare questa minaccia. Non si è parlato di negoziati, rivela Repubblica, ma Washington ha comunque voluto aprire un canale di comunicazione e di eventuale dialogo, pur rimanendo chiari su un punto: i termini del negoziato e della pace li decide Kiev. “Noi siamo pronti per la pace, ma per la nostra pace, che per il nostro Paese significa tutto il nostro Paese, tutto il nostro territorio”, ha spiegato ieri il presidente ucraino Zelensky parlando dalla città di Kherson, da cui le truppe russe sono state da poco costrette a ritirarsi. Qui il clima è di grande gioia. “Siamo tornati a respirare”, raccontano gli abitanti di Kherson ai giornalisti de La Stampa. “Inizia qui la fine della guerra”, il virgolettato di Zelensky che apre il reportage di Repubblica.
Mattarella-Macron al telefono. Un altro colloquio tiene banco sui quotidiani: quello tra il Capo dello Stato italiano Sergio Mattarella e il presidente francese Emmanuel Macron. Al centro della telefonata – avvenuta sabato ma resa nota ieri -, le tensioni legate alla gestione degli sbarchi dei migranti salvati nel Mediterraneo. “Serve una piena collaborazione” tra i due paesi, si legge nella nota congiunta. “Il colloquio apre alla distensione in giornate cariche di tensione tra l’Eliseo e Palazzo Chigi, nata a seguito della decisione del governo italiano di non accogliere 234 migranti soccorsi dalla nave Ocean Viking, battente bandiera norvegese e, in quanto tale, ritenuta dal governo Meloni Paese di prima accoglienza dei migranti. – spiega il Corriere – Una scelta contestata da Parigi e oggetto di una disputa andata avanti anche dopo lo sbarco dei migranti, avvenuto venerdì scorso a Tolone”. Sulle stesse pagine, in un lungo editoriale in apertura del giornale, Roberto Saviano contesta le politiche del governo e lancia un appello umanitario verso i migranti: “non possiamo trattarli così”. Rispetto alle scelte di Roma sugli sbarchi, diversi quotidiani evidenziano poi le posizioni dell’Ue, che ribadisce come non si possano fare distinzioni tra navi Ong e altre imbarcazioni quando si tratta di salvataggio di vite in mare.
Lezioni Usa. Il direttore del Foglio Claudio Cerasa sostiene che l’Italia del governo Meloni debba guardare agli Usa sia per le convergenze in politica estera con i democratici – difesa dell’Ucraina dalla Russia, di Taiwan dalla Cina e di Israele dall’Iran -, sia per trarre una lezione dalle elezioni di midterm, che hanno registrato “una sconfitta netta del trumpismo”. Per Cerasa per i repubblicani Usa si apre ora una stagione di “non estremismo” che “può aiutare anche i repubblicani europei a non rincorrere più le imposture trumpiane”. Tra questi ultimi, il direttore del Foglio annovera Meloni, che oggi, ricorda tra gli altri il Giornale, a Bali incontrerà per la prima volta da Presidente del Consiglio il presidente Usa Biden. “Il bilaterale segna il ruolo euroatlantico del nuovo governo”, scrive il quotidiano.
L’attentato a Istanbul. Secondo le autorità turche dietro l’attentato a Istanbul, che domenica ha causato sei morti e 81 feriti, ci sarebbero il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e le milizie curde siriane dello Ypg. Lo avrebbe confessato la donna siriana arrestata da Ankara. Ma gli accusati, evidenziano Corriere, Repubblica e Stampa, smentiscono categoricamente. “Questa storia e questi scenari illogici che il governo turco sta diffondendo sono un tentativo di giustificare i suoi attacchi alla nostra regione”, il commento di un rappresentante dell’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est, nota come “Rojava”. “Il timore dei curdi siriani – spiega Repubblica – è che Erdogan voglia utilizzare l’attentato per spingere su una nuova operazione militare in Siria, dopo quelle del 2016, 2018 e 2019, e creare la famosa zona cuscinetto in cui reinsediare i profughi siriani che da anni vivono in Turchia, allontanando i curdi dal confine”. Analisi simile a quella de La Stampa, secondo cui Erdogan, in difficoltà per la crisi economica interna, “punta su Kobane per garantirsi la rielezione”.
I Ben Gvir e le armi. Circola molto sui media israeliani l’immagine di Ayala Ben Gvir, moglie del leader dell’estrema destra Itamar, che si è presentata armata di pistola a un incontro organizzato da Sara Netanyahu, moglie del Premier incaricato. “Vivo a Hebron, sono madre di sei dolcissimi bambini, mi muovo su strade colpite dal terrorismo e sono sposata con l’uomo più minacciato del Paese, quindi sì, ho una pistola, fatevene una ragione”, la replica della donna alle critiche. Come ricorda oggi Repubblica, anche il marito è stato protagonista di recente di “due incidenti in cui ha brandito la sua pistola personale, una volta minacciando un parcheggiatore arabo a Tel Aviv e un’altra in un momento di tensione con i residenti del quartiere Sheik Jarrah di Gerusalemme”. In Israele e in particolare negli insediamenti, ricorda il quotidiano, “non è raro che i civili portino armi e negli ultimi anni diversi attacchi terroristici sono stati fermati proprio in questo modo, anche perché la maggior parte degli uomini è addestrata avendo prestato servizio di leva. Non è però il caso di Ben Gvir, che a 18 anni fu respinto dall’esercito per le sue posizioni radicali. E che nei negoziati di coalizione – ricorda Repubblica – continua a richiedere il Ministero della Sicurezza Interna, responsabile della polizia”.
Monologhi e antisemitismo. Si discute negli Usa per il monologo del comico Dave Chappelle dedicato al rapper Kanye West (Ye) e alle sue uscite antisemite. Chapelle, aprendo il popolare programma Saturday Night Live della Nbc, ha ironizzato sulle accuse di West sull’esistenza di una lobby ebraica, ma in alcuni tratti è sembrato rilanciarle, riporta il Quotidiano nazionale. “Non dovremmo aspettarci che Chappelle serva da bussola morale della società, ma è inquietante vedere che il Saturday Night Live e Nbc non solo normalizzino, ma rendano popolare l’antisemitismo”, il commento di Jonathan Greenblatt, direttore nazionale del’Anti-Defamation League.
Daniel Reichel