Un pittore ebreo fiorentino
nella corte del Seicento
Gli Uffizi: “Scoperta storica”

C’era un pittore ebreo alla corte dei Medici nel Seicento: Jona Ostiglio.
“Un caso unico nella storia dell’arte” rendono noto le Gallerie degli Uffizi nel comunicare la scoperta compiuta dall’ebraista Piergabriele Mancuso e dalla storica dell’arte e funzionaria del museo Maria Sframeli. Artista abile e versatile, Ostiglio fu “capace di acquistare importanti commissioni dalla dinastia regnante e da potenti famiglie fiorentine come i Mannelli, stimato al punto da riuscire ad entrare a far parte, nel 1680, della prestigiosissima Accademia delle Arti e del Disegno”. Restandone poi di fatto “l’unico membro ebreo fino allo scorso secolo”.
A evidenziare l’importanza della scoperta il direttore degli Uffizi Eike Schmidt: “Malgrado i limiti imposti dalla Chiesa e nonostante l’Inquisizione, nel Seicento i sovrani fiorentini riuscirono a salvare la vita e le ricerche di Galileo. Ora apprendiamo che a un ebreo era permesso esercitare la pittura, era concesso l’onore di far parte dell’Accademia patrocinata dagli stessi granduchi e di ricevere incarichi dalle famiglie nobili più in vista. Certamente si tratta di un’acquisizione storica importantissima”.
La scoperta è maturata nell’ambito di un confronto tra Mancuso e Sframeli sulle vicende della Comunità ebraica locale. “È stata lei – racconta Mancuso – a indirizzarmi verso una serie di opere e documenti sconosciuti che attestano l’attività nella Firenze granducale del pittore ebreo Jona Ostiglio, al quale si fa brevemente riferimento per la prima volta in un articolo del 1907 a firma del rabbino, biblista e orientalista Umberto Cassuto”.
Lo spunto a partire dal quale si è sviluppata una ricerca congiunta che ha permesso di approfondire la storia e l’identità dell’artista, nato tra 1620 e 1630 e “attivo presumibilmente tra il 1660 e il 1690, sotto il granducato di Ferdinando II e di Cosimo III de’ Medici”. Si aggiunge nel merito: “Grazie alla sua profonda familiarità con il tessuto esterno al Ghetto e agli ottimi rapporti professionali e personali che seppe intrecciare con alcune delle più importanti figure del mondo artistico dell’epoca, Ostiglio riuscì non solo ad ottenere commissioni dai Medici e da autorevoli famiglie della nobiltà fiorentina, ma anche a lavorare nella bottega del pittore fiorentino Onorio Marinari”. Alcune sue opere, viene spiegato, sono oggi conservate agli Uffizi stessi, alla villa medicea di Poggio a Caiano, nella chiesa fiorentina di San Michele in San Salvi e alla Farnesina. Tavole e tele “intrise di atmosfera caravaggesca, nature morte composte come sembianze umane, anomali granchi con occhi a nocciola, paesaggi campestri toscani”. Opere che da oggi non saranno più qualificate come anonime, “ma porteranno il nome (e l’attribuzione) di Jona Ostiglio”.
Così la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello nel commentare quanto avvenuto: “Siamo di fronte a una scoperta eccezionale che documenta, pur nella sua rarità, quanto la cultura ebraica abbia contribuito nei secoli alla formulazione delle storie che hanno fatto la nostra nazione, anche in quei periodi, come quello illustrato dalla vicenda di Jona Ostiglio, ancora molti distanti dai concetti di integrazione e dialogo”.