Emilio Campos, tra scienza e identità
Il ricordo del mondo accademico

Molte voci del mondo accademico e della comunità scientifica hanno reso omaggio alla figura di Emilio Campos nel primo anniversario dalla scomparsa. Autorità internazionale nel campo dell’oftalmologia, molto si è speso anche nella trasmissione di storia e retaggio degli ebrei italiani. Ad evidenziare questo duplice aspetto un convegno promosso dalla Società Medica Chirurgica di Bologna con il patrocinio dell’Università e della Comunità ebraica cittadina. In risalto, nelle sintesi elaborate per Pagine Ebraiche, diversi aspetti della sua biografia. Il suo lascito anche culturale ed etico.
“Emilio – racconta Massimo Bray, direttore generale dell’Enciclopedia Treccani ed ex ministro dei beni e delle attività culturali – vedeva nella cultura ebraica un immenso giacimento di conoscenze, tradizioni, storie, arti. E nell’opera della Comunità non solo la celebrazione di un’identità, ma la testimonianza della sua vitalità e del suo strettissimo legame con la cultura nazionale”. Ricorda invece Gianni Sofri: “Avevo un antico interesse per la letteratura ebraica e per il mondo dello shtetl. Si partiva da qui per parlare più generalmente dell’ebraismo. O, meglio, degli ebraismi”. Tra gli elementi comuni, aggiunge Sofri, uno è stato la triestinità: “Per Emilio Trieste era la cultura, era Joyce, Svevo e Saba. La sua capacità di unire memoria e racconto rendeva la sua conversazione piacevole e affascinante”.

Il curriculum accademico e il background culturale

È sempre stata ferma convinzione di Emilio Campos che il prestigio sociale del medico universitario si basa sull’esercizio sapiente delle attività di assistenza, ricerca e didattica e sul rispetto delle connesse responsabilità verso pazienti, studenti e università. Pertanto fin dalla scomparsa (1965) del padre Raffaele, primario di Oculistica a Trieste, la cui carriera accademica era stata interrotta dalle leggi razziali, si orientò verso gli studi medici, iscrivendosi poi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste (1968). La sua formazione alla ricerca fu orientata dal Prof. Bruno Bagolini, che lo indirizzò ad apprendere nuove metodiche di studio clinico e sperimentale della motilità oculare presso studiosi di fama internazionale a Tubingen (E. Aulhorn), Gainesville (Jay Enoch) e New Orleans (H. Kaufman). Con alcuni di loro (Jay Enoch e poi Gunter Von Noorden) collaborò per decenni, così come con alcuni studiosi di aspetti neurofisiologici (Lamberto Maffei a Pisa), psicologici e artistici della visione (di Trieste, Roma e Bologna).
Avendo seguito il Prof. Bagolini all’Università di Modena (1973), ne divenne Assistente ordinario di Clinica Oculistica (1978) e poi Professore associato di Oftalmologia pediatrica (1982) e diresse, dopo il trasferimento di Bagolini all’Università Cattolica di Roma (1983), sia la Clinica Oculistica che la Scuola di specializzazione in Oftalmologia. Trasferitosi all’Università di Bologna (1994), vi divenne Professore Ordinario (2000). Negli anni ’80 e ’90 si affermò definitivamente in ambito internazionale per gli studi su strabismo e motilità oculare. Inoltre a Modena e Bologna collaborò attivamente alla modernizzazione degli studi medici e della ricerca (con progetti cooperativi e scambi internazionali di allievi). Riorganizzò anche il percorso formativo dei medici specializzandi in Oftalmologia, aggiornandolo agli standards dei più avanzati centri europei e statunitensi. Fu Presidente dell’International Strabismological Association e Presidente fondatore dell’Associazione Italiana Strabismo, nonché membro permanente dell’Academia Ophthalmologica Internationalis.
La consapevolezza della valenza sociale della scienza e della cultura ne motivò l’impegno per la diffusione dei saperi. Come Presidente della Fondazione del Museo Ebraico di Bologna valorizzò le relazioni fra tradizione e contemporaneità della cultura ebraica. Come Socio della Fondazione Carisbo promosse (anche tramite l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani) gli approcci interdisciplinari ai problemi sociali ed educativi nel rispetto dell’universalità dei diritti umani e della pluralità delle culture.

Carlo Cipolli, Professore Emerito di Psicologia generale dell’Università di Bologna

Lettera ad Emilio

Caro Emilio,

Da tanto tempo non ci sentiamo. Oggi sento il bisogno di parlare con una persona che stimo e alla quale voglio bene: anche se mi hanno detto che sei andato via, ti scrivo lo stesso.
Ti ammiravo come medico e come scienziato pieno di curiosità, di domande sui meccanismi della visione e delle sue patologie e della voglia di fare esperimenti per avere risposte. Mi sembrava che la scienza ti piacesse più della routine di medico, anche se eri un bravo oftalmologo, il migliore nella patologia dello strabismo.
Spesso venivi a trovarci a Pisa nel mio laboratorio, dove tutti facevano ricerche sulla visione: qui ti sentivi a casa e ti divertivi, perché la scienza è un divertimento intellettuale. Hai operato i miei gatti per studiare una possibile correzione della visione dell’animale strabico: partire dall’esperimento in laboratorio come metodo e strategia culturale per affrontare la patologia dell’uomo è di eccezionale utilità e dovrebbe essere la base della cultura medica. Ci piaceva anche parlare di arte e letteratura e magari criticare le strutture mediche e deplorare l’impoverimento culturale e talvolta morale della disciplina medica.
Quando mi invitavi a un convegno mi suggerivi di parlare di arte e di psicofisica piuttosto che dei miei esperimenti. L’ultimo importante congresso al quale mi invitasti si svolse a Roma il 3-4 ottobre 2017 nel Palazzo Lateranense e già nel titolo (“Dialogo tra credenti e non credenti. Vedenti/ veggenti”) richiamava la cattedra del cardinale Martini a Milano. Fu un interessante incontro sui temi della visione come conoscenza e cultura, come un modo di interpretare il mondo. Per il tema “guardare per vedere e per conoscere” io parlai della differenza tra guardare come sensazione retinica e vedere come conoscenza corticale, tu dell’occhio come esploratore del mondo.
Dopo la relazione mi dicesti che dovevi andare a riposare perché eri esausto. Da una confidenza così personale capii che la tua malattia era seria. In seguito ci siamo telefonati e sempre avevi fili di speranza, finchè le mie telefonate mi parvero non più opportune.
Ti ricordo come un signore di pensiero e di modi, “un vero signore”, che è stato una grande fortuna avere incontrato. Anche se non eri per gesti espansivi (gentile e affettuoso sì, ma mantenevi riservatezza), oggi anche se sei lontano, e magari sarai sorpreso, ti abbraccio. Le amicizie talvolta hanno braccia lunghissime.
Tuo Lamberto

Lamberto Maffei, Professore Emerito di Neurobiologia della Scuola Normale Superiore di Pisa, Past President dell’Accademia Nazionale dei Lincei

L’attività assistenziale e formativa

Conseguita la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Modena nel 1974, il Prof. Emilio Campos iniziò la sua carriera di oculista universitario in qualità di Assistente Ordinario nell’Università di Padova (1977) e poi di Modena (1978). Rimase nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena fino al 1994 come Professore associato di Oftalmologia pediatrica, quando si trasferì nell’Università di Bologna come Professore Associato di Ottica Fisiopatologica. Nel 1995 assunse la direzione clinica ed organizzativa della Clinica Oculistica I dell’Università di Bologna.
Nel 2000 divenne Professore Straordinario (poi confermato come Ordinario nel 2004) e nel 2007 fu nominato Direttore della Clinica Oculistica Universitaria dell’Ospedale S. Orsola di Bologna, che diresse fino al 2017,e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia.
La sua intensa attività assistenziale fu principalmente volta alla cura dei pazienti con disturbi della motilità oculare nelle loro diverse forme di sviluppo. Unitamente a ciò il prof. Campos svolse un importante attività di ammodernamento dell’attività clinica assistenziale della Clinica Oculistica universitaria di Bologna, introducendo ed organizzando la chirurgia ambulatoriale della cataratta e promuovendo l’attività clinica specialistica di settori specialistici quali l’ambulatorio di retina e chirurgia vitreo-retinica, l’ambulatorio del glaucoma, la chirurgia laser e refrattiva e l’ambulatorio di neuroftalmologia. La sua visione organizzativa moderna dell’oculistica si riflette ancora oggi sull’organizzazione attuale della Clinica Oculistica universitaria di Bologna, volta ad erogare cure specialistiche di II e III livello per pazienti affetti da patologie oculari complesse che richiedono competenze cliniche e chirurgiche di elevato livello e di un approccio multidisciplinare.
Il Prof. Campos si prodigò nell’insegnamento a favore degli specializzandi promuovendo l’attività didattica teorica e pratica in sala operatoria. Meritevoli sforzi furono attuati sotto la sua direzione della Scuola di Specializzazione per avviare gli specializzandi alla chirurgia favorendo la loro preparazione chirurgica mediante l’istituzione di wet labs e corsi di chirurgia in sala operatoria.

Luigi Fontana, professore ordinario di Malattie dell’Apparato Visivo, Università di Bologna

L’attività di ricerca traslazionale e interdisciplinare in Clinica Oculistica

Curiosità, interesse, intenso studio, e grande intuito nell’individuare le potenzialità di trasferimento delle conoscenze di base alla clinica e alla cura, hanno portato il Prof Campos per tutta la vita a proporre, impostare, attivare linee di ricerca in vari ambiti dell’oftalmologia, unitamente ad una intensa attività assistenziale e organizzativa.
A Bologna ha non solo applicato i modelli di ricerca traslazionale che aveva appreso negli istituti internazionali dove si era formato, ma anche costruito Laboratori universitari di ricerca avanzata, quali il Laboratorio di Oftalmologia Sperimentale (per l’approfondimento dei meccanismi della visione e l’esplorazione della neuroplasticità del cervello per curare i disturbi della visione) ed il Laboratorio Analisi superficie oculare e Ricerca traslazionale (per lo studio interdisciplinare dell’occhio come target di malattie sistemiche e neurodegenerative).
Ha invitato Ricercatori stranieri a Bologna ed organizzato stages all’estero per i Medici in formazione specialistica in Oftalmologia, in un proficuo scambio di esperienze e conoscenze, che ha generato sentimenti di profonda stima scientifica e duratura amicizia personale. Di questi sentimenti hanno voluto dare testimonianza anche in questa occasione Silvia Bisti (Professoressa Ordinaria di Fisiologia dell’Università dell’Aquila), Maria Concetta Morrone (Professoressa Ordinaria di Fisiologia dell’Università di Pisa), e Vittorio Porciatti (Full Professor di Oftalmologia dell’Università di Miami, USA).
Gli allievi del Prof. Campos hanno sempre ammirato la sua dedizione all’insegnamento, che ha mostrato in modo esemplare come anche nella pratica assistenziale sia possibile applicare il rigore dei metodi scientifici, mantenere viva la curiosità intellettuale e coltivare collegamenti con la scienza di base. Con lungimiranza ha ideato attività di ricerca innovative, affiancando alla attività clinica una solida attività di ricerca ed estendendo reti di collaborazione tra discipline in un cross-talk continuo. Per quanti hanno lavorato con lui è stato un punto di riferimento così importante che ancora oggi le sue parole sono come pietre.

Piera Versura, professoressa associata di Malattie dell’Apparato Visivo, Università di Bologna

Le attività istituzionali per la tutela dello stato giuridico del medico universitario

La figura del medico clinico universitario, nella quale Emilio fermamente credeva, basata sulla inscindibilità tra ricerca, didattica e attività assistenziale, quest’ultima essendo funzionale alle altre due, cominciò ad appannarsi e a confondersi proprio nei primi anni della sua attività in ambito accademico. Contro questo appannamento Emilio ha lottato in tutta la sua vita.
Nelle sue analisi e nei suoi interventi era lucido, tagliente, direi quasi implacabile nel fare emergere la continua erosione a cui la medicina universitaria stava andando incontro e a cui i colleghi assistevano impotenti o imbelli, o addirittura consenzienti per piaggeria e adulazione dei riguardi del potere politico. Il Consiglio di Facoltà fu la sua palestra migliore, proseguendo poi con il suo incessante impegno, nel consiglio della Scuola di Medicina. Quando in Consiglio Emilio chiedeva la parola, un silenzio attento scendeva nell’aula e tutti aspettavano, chi con interesse, chi con curiosità, chi con timore, le sue parole. Su una cosa tutti però erano d’accordo: in quello che diceva era impossibile anche solo lontanamente intravvedere un interesse personale. Dirò di più, spesso con certi interventi che solo lui aveva il coraggio di fare, andava contro il suo stesso interesse perché colpiva il potere politico che tutti temevano e da cui tutti dipendevano.
Dopo tanti anni di sodalizio accademico ho avuto purtroppo il difficile e ingrato compito, spesso inevitabile per noi medici clinici, di diagnosticare e di comunicare all’amico e collega, il male che lo affliggeva e che alla fine lo avrebbe vinto. Anche in questa occasione, come nei mesi e nei pochi anni successivi, ho ritrovato in Emilio la stessa lucidità e determinazione, ma soprattutto la razionalità che aveva sempre dimostrato nei dibattici pubblici. Ho scoperto però anche aspetti prima nascosti del suo carattere: una dolcezza e una mitezza che prima non avevo mai percepito. Solo allora ho scoperto che non eravamo solo colleghi animati da una reciproca stima, ma eravamo diventati veri amici.

Luigi Bolondi, professore ordinario di Medicina interna, Università di Bologna

Il rigore di Emilio Campos nel promuovere la cultura ebraica al Museo ebraico

Il prof. Emilio Campos arrivò a Bologna alla fine del 1994, chiamato a dirigere, come Professore Ordinario nell’Università di Bologna, la Clinica Oculistica al Policlinico S. Orsola, provenendo da un lungo soggiorno a Modena, Roma, negli USA e in Germania. Era un uomo colto, riservato, orgoglioso. Era pronto a combattere per i principi in cui credeva, senza compromessi. Credeva che ognuno ha ben diritto di guadagnarsi la miglior vita possibile col suo lavoro, ma quando serve una istituzione deve essere disinteressato, e perciò quando aveva l’impressione che una persona si servisse di una carica pubblica anziché servirla, subito se ne allontanava. Aveva poca pazienza per gli intrighi e la dissimulazione, e amava il parlare franco. Poteva apparire permaloso, ma non gli dispiaceva il confronto, anche aspro, purché leale, e mi pare che alcune delle sue migliori relazioni personali siano nate da confronti accesi.
Nel 2002, Emilio Campos, già attivo in Comunità Ebraica, assunse la presidenza della Fondazione Museo Ebraico di Bologna, fino al 2014. Da presidente del MEB, incarico che considerava come una mitzvà, Emilio Campos ha accompagnato l’attività del Museo per un periodo molto significativo nella vita di un ente così giovane. Tra le iniziative da lui promosse durante la sua presidenza MEB merita senz’altro di essere ricordato Il Convegno, Israele oggi: cultura, scienza, tecnica (maggio 2005) e la mostra del 2009, per il decennale del Museo, intitolata Il Network prima di internet: personaggi e documenti, visioni e suoni della modernità ebraica nel tempo.
Pur ritiratosi dalla presidenza, Campos ha continuato a seguire con attenzione la vita del Museo Ebraico, che gli dedicò nel 2018 la “Giornata di Studio su Giustizia sociale e filantropia nella storia degli ebrei in Italia” anche per onorare la memoria di sua madre, Styra Goldstein filantropa e imprenditrice che, con il suo esempio di vita, fu una delle ragioni che portarono Campos ad accettare il ruolo attivo nella Comunità ebraica di Bologna e la presidenza della Fondazione Museo Ebraico.

Guido Ottolenghi, presidente Museo ebraico di Bologna

Le parole sono pietre

Nell’ebraismo, per far ascendere l’anima di una persona non più presente in questo mondo, si usa dedicarle uno studio-Limud. Perché si sceglie un Limud come strumento di ricordo e valorizzazione spirituale? Il valore numerico della parola Limud è equivalente al valore numerico della lettera Pe, cioè Bocca. Nell’ebraismo la Parola ha una forza creatrice, basti pensare alla parashà di questa settimana, la Genesi, quando D-o parla, crea il mondo. La potenza della parola ha effetti anche sull’anima: studiando o leggendo brani di Torà si invia all’anima un dono che le permette di innalzarsi a livelli spirituali più alti. E quale modo migliore per ricordare il caro amico prof. Emilio Campos z”l, che nella sua vita è stato un insegnate, un illustre professore ? Anche quando si ricordando i meriti o le opere compiute da una persona in questo mondo, sembra che tale elogio venga ascoltato nei mondi superiori favorendo un giudizio migliore all’anima. “Le Parole sono Pietre”, questa affermazione è più antica di quello che si possa pensare. Nel libro di mistica risalente addirittura ad Abramo, troviamo che le “parole” vengono chiamate “pietre”. La parola pietra in ebraico si scrive “Even” ed è composta dalle parole “Av e Ben”.
Padre e Figlio come ad indicarci che ogni parola ha una causa ed un effetto, una continuità.
Non a caso noi ebrei mettiamo una piccola pietra-Even sulla tomba, come a dire alla persona che non c’è più, continuerai a vivere.
Se le parole sono pietre, una parola buona detta in memoria di qualcuno equivale ad un sassolino sopra alla sua lapide ed una dichiarazione di continuità, proprio come ci accingiamo questa mattina in memoria dell’amico Emilio Campos z”l.
Ricordo in particolare la sua ironia, la sua battuta sempre pronta. Quando lo incontravo era sempre occasione per una bella conversazione, allegra e straordinariamente intelligente e colta.
Che il suo ricordo sia di benedizione.

David Menasci, Consigliere UCEI

La promozione del Dialogo di culture e saperi nell’ambito dell’Enciclopedia Treccani

Ho conosciuto Emilio Campos quando la Società Oftalmologica Italiana decise di entrare a far parte della Fondazione Treccani Cultura. Emilio sosteneva questa iniziativa convinto dalla missione di formare le nuove generazioni al valore della cultura. In seguito fu membro del CdA dell’Istituto della Enciclopedia Italiana il 30 aprile 2020 sino al 19 settembre 2021.
Queste mie brevi considerazioni spiegano il valore della nostra amicizia. Rifletto spesso sulle sue parole e mi soffermo a considerare quali siano i punti d’incontro tra il medico, lo scienziato e la cultura. Storicamente i medici appartengono a quel ceto raffinato che ha fatto del rispetto verso i valori storici e civici un punto di forza. Per me, diceva Emilio, il medico è una via di mezzo tra un investigatore e un enciclopedista. Dell’enciclopedista ha la curiosità di capire il valore dell’interdisciplinarità e la capacità di coniugare il sapere umanistico con quello scientifico.
Un’altra qualità che ho apprezzato in Emilio Campos era la passione per le sue radici culturali, in particolare Trieste e la cultura ebraica.
Trieste, la sua città natale, alla quale è stato sempre legatissimo nonostante gran parte della sua vita lavorativa si svolgesse a Bologna, è certamente la città che ha trasmesso al professore i suoi ampi e profondi interessi storici e artistici, ma anche e soprattutto la sua capacità di dialogare e confrontarsi tenendo sempre al primo posto il rispetto per la diversità e la varietà delle culture.
Emilio Campos amava profondamente questa città, divenuta a partire dal secondo dopoguerra un vero e proprio modello di integrazione; sapeva infatti benissimo che la chiave per giungere ad una comunità integrata è proprio la cultura: il confronto e lo scambio di esperienze, tradizioni, narrazioni non può che favorire il dialogo e la cooperazione, mentre una società fatta di ghetti, che innalza muri tra lingue e culture diverse, si trasforma facilmente in una società impaurita e insicura. Era felicissimo che Treccani avesse ospitato Boris Pahor e che questi avesse avuto modo di confrontarsi con gli studenti.
Emilio vedeva nella cultura ebraica italiana un immenso giacimento di conoscenze, tradizioni, storie, arti, e nell’opera della Comunità non solo la celebrazione di un’identità, ma la testimonianza della sua vitalità e del suo strettissimo legame con la cultura nazionale.
Emilio Campos era – e in questo suo modo di essere mi ha ricordato tanto il privilegio che ho avuto di lavorare con Rita Levi-Montalcini – un uomo di scienza e di cultura che non vedeva alcun contrasto tra scienze dure e scienze umane, anzi nella sua visione del mondo e nel suo ruolo all’interno della Treccani teneva costantemente presente questa complementarità, che rappresentano, mi ripeteva, senz’altro la strada da percorrere nella ricerca scientifica. Per questo il suo esempio rimane prezioso per tutti noi che lo abbiamo conosciuto e, soprattutto, per le nuove generazioni. A me mancano i nostri dialoghi che, come spero di essere riuscito a trasmettervi, erano momenti di continuo arricchimento e di vera amicizia.

Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana – Treccani

La rilevanza scientifica delle ricerche

La lunga e prestigiosa carriera accademica del Prof. Emilio Campos è stata caratterizzata da un profondo e costante impegno nella ricerca scientifica su molteplici tematiche dell’Oftalmologia, con approccio multidisciplinare applicato sia alla ricerca di base che alla ricerca clinica.
La rilevanza delle sue ricerche nella comunità scientifica nazionale ed internazionale è testimoniata dall’importante collocazione editoriale delle riviste su cui ha pubblicato i suoi articoli.
L’attività di ricerca del Prof. Campos è iniziata con innovativi studi riguardanti la fisiopatologia della motilità oculare, utilizzando metodiche diagnostiche originali per lo studio delle alterazioni sensoriali nell’ambliopia e nello strabismo.
I risultati di tali studi hanno consentito di effettuare con successo i primi trials clinici per la cura dell’ambliopia nella popolazione adulta ed in quella pediatrica.
Le sue ricerche sono state focalizzate, successivamente, su innovativi approcci chirurgici e para-chirurgici per il trattamento dello strabismo e sulle diagnostica delle alterazioni della superficie oculare, contribuendo in tale ambito a rilevanti definizioni delle classificazioni cliniche .
Il Prof. Emilio Campos ha messo a punto, inoltre, per la prima volta in letteratura, un collirio derivato dal siero del sangue cordonale, che si è rivelato efficace non solo nella terapia di gravi patologie corneali ma anche come neuro-protettore in patologie retiniche e del nervo ottico, per la ricchezza di fattori di crescita in esso contenuti. I risultati di tale importante ricerca hanno avuto anche un significativo risalto sulle pagine di numerosi ed importanti mass media nazionali.
Infine, il Prof. Emilio Campos ha pubblicato insieme al Prof. Gunter von Noorden la sesta edizione del volume “Binocular Vision and Ocular Motility – Theory and Management of Strabismus”, ancora oggi il più noto ed esaustivo trattato sullo strabismo di riferimento per gli oftalmologi di tutto il mondo.

Francesca Simonelli, Università della Campania Luigi Vanvitelli

Lettera in ricordo di Emilio

Cara Lea,
All’inizio, Emilio ed io eravamo persone molto diverse, anche se ci univano alcuni elementi. Certamente uno è stato la triestinità.
Per Emilio, Trieste era la cultura, era Joyce, e Svevo, e Saba… Con molti di questi Emilio aveva avuto rapporti, anche parentele, che ricordava con grande precisione. La sua capacità di unire memoria – di genealogie, famiglie, nomi – e racconto, rendeva la sua conversazione piacevole e affascinante, e fonte di continue nuove conoscenze.
Le nostre chiacchierate cominciarono poco dopo esserci conosciuti nel 2008, e si intensificarono dopo la mia nomina a rappresentante del Comune nel Museo ebraico (2011), di cui lui era Presidente.
Uno dei temi di cui parlavamo di più era l’ebraismo. Io avevo un antico interesse per la letteratura ebraica e per il mondo dello Shtetl… si partiva da qui per parlare più generalmente dell’ebraismo, o meglio, degli ebraismi.
Così, lavorare insieme a preparare il Convegno del 2017 in ricordo di vostra madre (sulla Tzedakah – da lei assai attivamente praticata), servì anche a rafforzare la nostra amicizia.
Emilio era una persona sicura di sé, e sapeva come muoversi nel mondo dell’università, ma con molto rispetto del merito e della competenza. Aveva preso posizioni molto avanzate nella critica pubblica ai favoritismi nei concorsi universitari, attirandosi più di una inimicizia.
Del periodo dell’avanzare della malattia l’impressione più forte che conservo, è quella di una straordinaria forza d’animo, accompagnata da una consapevolezza estremamente lucida, fino alla fine.
Cara Lea, io lo ricordo così e volevo dirlo a te e alle persone dei vari ambienti con cui ha lavorato e che, come auspicavo, hanno voluto organizzare il ricordo pubblico di una persona, come è stato Emilio, che tanto ha dato della sua operosità e della sua intelligenza.
Tuo Gianni Sofri

Gianni Sofri, Alma mater – Università di Bologna

La lezione di Emilio Campos

Dalle relazioni e dagli indirizzi presentati al Convegno commemorativo si evince chiaramente come gli oltre 40 anni di attività scientifica, didattica e assistenziale sviluppata dal Prof. Emilio Campos abbiano costituito una coerente lezione sia metodologica che etica per i giovani medici, un esempio per i collaboratori diretti. Le relazioni hanno reso del tutto evidente come il suo impegno nella ricerca di base, clinica e traslazionale abbia dato nuovo impulso e assicurato continuità alla grande tradizione degli allievi di Bielchowsky (Burian, Von Noorden), cui apparteneva anche il suo maestro Bruno Bagolini. In particolare, è chiaramente emerso che la sinergia tra ricerca di base e clinica è stata per Campos componente essenziale, non solo per la formazione iniziale, ma anche per il successivo costante aggiornamento della pratica clinica degli allievi, doveri questi primari dell’accademico clinico.
Il rigore con il quale Emilio Campos ha sviluppato i suoi ambiti di ricerca senza seguire le mode contingenti è stato ad un tempo il presupposto per gli importanti riconoscimenti che la comunità scientifica internazionale gli ha tributato e lo scudo da opporre alle pressioni esterne che spesso condizionano le scelte dei medici universitari. Per l’indipendenza di pensiero e la conseguente linearità delle decisioni e dei comportamenti (resi possibili dalla grande competenza clinica e scientifica, dal rigore morale e dal senso del dovere) Emilio è un imperituro esempio di maestro, ovvero di colui che impronta la propria vita all’adempimento dell’alto compito di formare le future generazioni di medici e di clinici universitari e, attraverso questa opera, la cura delle persone.

Sandro Mattioli, Alma Mater – Università di Bologna

(Gli interventi sono elaborati a partire da un convegno promosso di recente dalla Società Medica Chirurgica di Bologna con il patrocinio dell’Università e della Comunità ebraica)