La forza della voce

“Ha qol, qol Ja’aqov ve ha jadaim jedé ‘Esaw – La voce è la voce di Giacobbe e le mani sono le mani di Esaù” (Bereshit 27;22).
Nella nostra parashà si legge dello scambio di identità di Giacobbe a scapito di Esaù per prendere da suo padre, ormai vecchio e non vedente, la benedizione del primogenito. Isacco riconosce dalla voce suo figlio Giacobbe ma, a causa del travestimento, è confuso e lo scambia per Esaù.
Giacobbe diverrà di li a poco Israel e sarà il capostipite del nostro popolo.
Il popolo ebraico deve combattere le sue guerra attraverso il far sentire la propria voce ossia, con lo studio e con le tefillot. Più avanti, proprio in un momento di pura gelosia e invidia verso il popolo ebraico, Bilam (mago e stregone, mandato da Balaq a maledire Israele) dirà: “Ma tovu ohalekha Ja’aqv mishkenotekha Israel – Come sono belle le tue tende o Giacobbe, i tuoi santuari o Israel” (Bemidbàr 24;5). Le tende simboleggiano le scuole dove si studia Torà, mentre i Santuari sono i luoghi di culto.
La nostra forza è la nostra voce, sia per studiare che per fare sentire le nostre tefillot anche attraverso il bel canto.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Venezia

(25 novembre 2022)