L’Ucraina ricorda l’Holodomor

Nelle scorse ore l’Ucraina ha ricordato l’Holodomor, la carestia inflitta da Stalin attraverso le collettivizzazioni forzate. Per Kiev si trattò a tutti gli effetti di un genocidio. Una dolorosa vicenda che la leadership politica ha messo in relazione con l’attualità del conflitto. “Una volta volevano distruggerci con la fame, ora con il buio e il freddo”, le parole di Zelensky nel rammentare quegli eventi e connetterli al presente. Nel giorno del novantesimo anniversario, riporta tra gli altri La Stampa “era impossibile contare le candele nelle finestre, nelle città ucraine dove quartieri interi sono immersi nel buio, nelle case dove le candele oggi si accendono non per commemorare i caduti ma per sopravvivere”. Molte testimonianze d’autore raccontarono l’Holodomor ai contemporanei. Repubblica segnala in particolare le pagine di Vasilij Grossman che, “tornando in treno dalla sua città natale Berdyciv, nell’ovest dell’Ucraina, descrisse le contadine che supplicavano i viaggiatori”. Anche Arthur Koestler, si evidenzia, “rimase scioccato dalle madri che alzavano i loro bimbi verso i finestrini per chiedere un pezzo di pane”.

Papa Pacelli e la Shoah: un tema che continua a interessare l’opinione pubblica, anche alla luce delle ultime aperture e ricerche. Tra cui quella del premio Pulitzer David Kertzer, che nel suo saggio Un papa in guerra tratteggia l’immagine di un papa inadeguato rispetto alle sfide del tempo. Sembra pensarla diversamente Sergio Pagano, il prefetto dell’Archivio Segreto della Santa Sede, che in un colloquio con la Lettura del Corriere afferma: “I silenzi di Pio XII vanno inquadrati in quella fase storica e valutati insieme a tutte le iniziative che prese per difendere gli ebrei”. In una altra intervista, sempre sul Corriere, lo storico Andrea Riccardi dice: “Era stato a San Lorenzo dopo il bombardamento: un gesto storico, il papa con la veste macchiata di sangue, i romani commossi. Avrebbe potuto non dico andare alla stazione Tiburtina a fermare i convogli, ma recarsi tra gli ebrei arrestati al Collegio militare a poche centinaia di metri dal Vaticano. Non lo fece”. La tesi è che “si illuse di poterli liberare per altre vie”.

È necessario che l’Iran sia fermato al più presto, chiede Fiamma Nirenstein sul Giornale. La sensazione è che “questo potente regime, con le sue Guardie della Rivoluzione in testa, dentro e fuori i confini, con i suoi proxy Hamas, Hezbollah, Houty, non cederà mai alla richiesta di deviare dal suo scopo finale, e lo sosterrà con tutto il suo sistema” e che a cambiare le cose potrà essere solo “un mutamento della scena internazionale”. La protesta intanto prosegue, con determinazione e coraggio. Anche a rischio della vita. “Per la prima volta, non solo nella Storia iraniana ma dell’intera umanità, ci troviamo di fronte ad un movimento nazionale innescato dalla rivolta delle donne per il rispetto dei loro diritti”, rammenta il direttore di Repubblica Maurizio Molinari in un editoriale.

Imbarazzo tra i repubblicani per la cena di Donald Trump con Kanye West, recente protagonista delle cronache per i suoi commenti antisemiti, e l’estremista di destra Nick Fuentes, “ammiratore di Mussolini, che sul suo canale YouTube ‘America First’ ora sospeso (ma è su Truth) ha messo in dubbio il numero di vittime dell’Olocausto e definito gli ebrei un”élite tribale ostile'”(Corriere).

Sulla Stampa si segnala la recente apertura di una sinagoga in un campus universitario marocchino. Non è un caso, si legge, “che sia sorta proprio qui: Rabat ha firmato con Israele gli accordi di Abramo, il 15 dicembre 2020, normalizzando le relazioni diplomatiche”.

Sulla Lettura del Corriere Alessandro recensisce Stupore, il nuovo romanzo di Zeruya Shalev. “Ho impiegato qualche settimana a finirlo, e ancor più a risolvermi a scriverne. Capita con alcuni libri che ti piacciono. Li apri, li richiudi, rileggi, sottolinei, ti annoi, ti entusiasmi…”, l’apprezzamento dello scrittore.

Libero intervista la scrittrice e Testimone della Shoah Edith Bruck. “Per il mio vissuto – afferma – non riesco a perdonare. Se lo facessi, i miei famigliari annientati nei campi di sterminio non mi perdonerebbero a loro volta”.

Adam Smulevich

(27 novembre 2022)