Scuole ebraiche, quale mission
La prima delle quattro sessioni, moderata da Nathania Zevi, è stata dedicata alla mission delle scuole ebraiche in Italia. Al tavolo dei relatori Maddalena Rossi e Levana Touitou, direttrici della scuola Yoseph Tehillot di Milano; Amy Hayon, direttore della scuola Tiferet Israel di Roma; Marco Camerini, direttore della scuola della Comunità di Milano; Nathan Neumann, direttore della scuola della Comunità di Trieste; rav Ariel Finzi, rabbino capo di Torino; rav Igal Hazan, direttore della scuola Merkos di Milano; rav Roberto Colombo, direttore delle materie ebraiche della scuola della Comunità di Roma.
“Io credo che ci sia un tema di valori, di strumenti che dobbiamo offrire. Un’architettura forte con cui muoversi nel mondo”, ha affermato tra gli altri Camerini. “Ogni insegnante dovrebbe capire il bambino che ha di fronte per capire come rapportarsi a lui. Su questo dobbiamo darci tutti una mano”, l’input del rav Colombo. Diverse identità, diverse peculiarità. “La nostra nasce come una scuola di quartiere, un supporto per chi altrimenti sarebbe tagliato fuori da un’educazione ebraica”, ha spiegato Hayon. “Ci sono scuole ebraiche laiche e scuole ebraiche religiose. La scuola ebraica italiana ha la particolarità di voler essere entrambe”, l’osservazione di rav Finzi. Un “maggior collegamento” tra Comunità è l’auspicio pure di Neumann. A Trieste, la sua riflessione, “partecipare alla scuola è l’unica modalità che i bambini hanno di vivere una quotidianità ebraica”. Il grande nemico dell’ebraismo contemporaneo, il pensiero del rav Hazan, “è l’assimilazione che sta consumando i nostri figli, le nostre famiglie, i nostri giovani”. Positivo, in conclusione, il bilancio di Touitou: “Più scuole sono una ricchezza per l’ebraismo italiano. Possiamo collaborare di più tra di noi”.
A coordinare il successivo workshop le educatrici Odelia Liberanome e Sonia Brunetti (progetti Scuole UCEI).