“La cena di Trump,
Twitter nell’era Musk:
non restiamo indifferenti all’odio”

La cena di Donald Trump con due noti antisemiti, il rapper Kanye West e l’ideologo di estrema destra Nick Fuentes, ha scosso l’establishment repubblicano e provocato molte reazioni anche all’interno dell’ebraismo statunitense. A detta del presidente dell’Anti-Defamation League Jonathan Greenblatt, un’iniziativa che non può essere derubricata a semplice incidente di percorso.
In una riflessione diffusa in queste ore il responsabile dell’autorevole ong ebraica, prossima a festeggiare il 110esimo anniversario dalla sua istituzione, esprime anzi l’urgenza di “far suonare un campanello d’allarme anche in assenza di incendio”. Un invito a non restare passivi mentre “i diffusori delle fiamme dell’odio prendono piede nel mainstream”, conquistando l’attenzione dei media e dei talk show. Nel merito Greenblatt sottolinea come dare agli estremisti un posto a tavola aiuti “a normalizzare l’antisemitismo e possa mettere gli ebrei in pericolo fisico”. 
Non è la prima volta che Greenblatt contesta l’azione dell’ex inquilino della Casa Bianca, soffermandosi su alcuni elementi di criticità e inquietudine. “Non c’è dubbio che l’amministrazione Trump abbia adottato un approccio molto pro-Israele, ma la lotta contro l’antisemitismo va ben oltre il semplice sostegno allo Stato ebraico”, la posizione affermata in una intervista con Pagine Ebraiche al termine del suo quadriennio di presidenza. “Come da noi documentato – proseguiva nell’analisi – negli ultimi quattro anni gli incidenti antisemiti sono aumentati, raggiungendo il massimo storico nel 2019: questo non è semplicemente dovuto alla retorica divisiva e a volte intollerante del presidente Trump, poiché il problema dell’aumento dell’antisemitismo va al di là di una sola persona, ma non possiamo ignorare il suo mancato rinnegamento del suprematismo bianco in diverse occasioni”.
L’episodio della cena è posto al vertice di alcuni elementi di preoccupazione sotto la lente della ong ebraica. Tra gli altri il riemergere sulla scena di gruppi come QAnon e i cosiddetti Proud Boys, in particolare dopo l’acquisizione di Twitter “da parte di Elon Musk”. Un nesso fotografato da numerosi osservatori americani e internazionali. Tra cui la stessa Anti-Defamation League, che ha stilato un report piuttosto esplicito sull’argomento. “Le teorie cospirative e la disinformazione messe in atto da QAnon sono tornate su Twitter”, la sintesi rispetto a quanto rilevato. La ong ha anche fatto capire come la principale falla nel sistema sia in chi dovrebbe intervenire e non lo fa con la dovuta intensità e cura. “L’Anti-Defamation League – viene riportato – segnala regolarmente i tweet antisemiti a Twitter e tiene traccia di quali post vengano poi rimossi. Dall’arrivo di Musk si è passati dall’agire sul 60% dei tweet segnalati ad appena il 30%”. Non l’unica piattaforma che starebbe “chiudendo gli occhi davanti all’odio”. Greenblatt menziona infatti, tra gli altri, il caso Amazon. La più grande Internet company al mondo, afferma, si è infatti rifiutata di ritirare dalle vendite dei prodotti “profondamente antisemiti e negazionisti nei confronti della Shoah”.