Casherut e sostenibilità alimentare,
i giovani chef protagonisti al museo

Cibo, cultura e regole della Casherut. Insieme a sostenibilità e lotta allo spreco. Sono i temi al centro di un progetto sviluppato dal Museo della Padova ebraica insieme all’Istituto Superiore per il Made in Italy di Noventa Padovana. Tra gli obiettivi dell’iniziativa, che ha il sostegno della Regione Veneto, quello di “promuovere la conoscenza della cultura ebraica attraverso uno dei suoi elementi identitari più caratterizzanti: l’alimentazione”. I giovani chef, guidati dai loro insegnanti, hanno così elaborato ricette della cucina ebraica italiana e veneta, provenienti dal libro “La cucina nella tradizione ebraica” di Giuliana Ascoli Vitali Norsa. A coronamento del lavoro di questi mesi si terrà stasera una cena casher nei locali del museo. Tra le pietanze che saranno servite carciofi alla giudia, zucca barucca, le polpettine di pesce all’orientale, la torta di formaggio di Shavuot e molto altro.
Racconta Gina Cavalieri, presidente della Fondazione per il Museo della Padova ebraica e iniziatrice del progetto: “La scelta di coinvolgere le classi quinte dell’indirizzo enogastronomico dell’Istituto Superiore del Made in Italy è stata motivata dall’idea che solo la conoscenza supera la diffidenza ed il pregiudizio ed è quindi necessario far conoscere ai giovani ciò che è differente e magari un po’ ‘strano’. La tavola imbandita può essere punto di partenza per confronto e dialogo”. Inoltre, aggiunge, la cucina casher “ha molti punti in comune con i temi della sostenibilità e della genuinità, così importanti oggi”. Base per il lavoro di approfondimento sono state alcune lezioni del rabbino capo della città rav Adolfo Locci. “È preminente caratteristica dell’ebraismo tenere in considerazione non soltanto la purezza dello spirito, ma anche quella del corpo; questi elementi rappresentano la vera sintesi dell’essere umano, poiché il corpo è compagno inseparabile dello spirito”, sottolinea al riguardo. Le norme alimentari, evidenzia ancora il rav, “rientrano in questo principio che vuole insegnare come trasformare un atto corporeo in un’azione sacra: mangiare diventa un rito, un modo di essere e di agire sacralmente, uno strumento di perfezione”. Non soltanto un mezzo di sostentamento e una necessità biologica, “ma soprattutto un sistema di affermazione culturale”.
L’iniziativa ha visto la convinta adesione del preside dell’istituto Emanuele Apostolidis. “Il progetto – commenta – è occasione per gli studenti di scoprire la cultura ebraica non solo attraverso le persecuzioni ricevute durante il Novecento, ma attraverso lo studio e la preparazione di piatti della tradizione italiana uniti a quella ebraica. Un dialogo e confronto in cucina tra culture diverse nel segno del rispetto reciproco”.