Il ricordo in Vaticano
di un pioniere del Dialogo
“Jules Isaac, lezione attuale”

Nel 1947 lo storico francese Jules Isaac fu tra i promotori della conferenza di Seelisberg nel corso della quale ebrei e cristiani lì riuniti concordarono un appello in dieci punti, rivolto alla leadership cristiana, per ottenere la cessazione di qualsiasi forma di predica e narrazione ostile agli ebrei. Il necessario preludio all’affermazione di un clima di maggior consapevolezza e apertura al dialogo che sarebbe stata la cifra del suo libro più celebre, Gesù e Israele, pubblicato l’anno successivo. Un testo dal grande impatto: dedicato alla moglie e figlia assassinate in campo di sterminio, avrebbe fatto il giro del mondo e sarebbe stato seguito da un’azione incessante per dare frutto alla speranza di un mondo migliore. Uno dei semi sul quale sarebbe poi germogliata la Dichiarazione Nostra Aetate.
Ad evidenziarlo, durante un incontro con i vertici dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Francia di cui Isaac fu il fondatore, è stato oggi papa Francesco. Nel suo saluto a una delegazione giunta da Oltralpe, al cui interno figuravano vari leader ed esponenti dell’ebraismo francese, il papa ha infatti esordito sottolineando l’importanza di questo libro, la sua forza programmatica e di visione. Un testo, le sue parole, “che conserva tutta la sua attualità e richiama il ‘grande patrimonio spirituale comune ai cristiani e agli ebrei, volendo ‘incoraggiare e raccomandare la conoscenza e stima reciproca”.
Durante l’udienza privata al papa è stato fatto dono di un audio libro in cui il pensiero di Isaac è interpretato dalla voce dell’attrice Guila Clara Kessous, artista Unesco per la pace e allieva di Elie Wiesel. Tredici ore e quindici minuti: tanto dura il suo ascolto. A monte, racconta Kessous a Pagine Ebraiche, sette anni di ricerca e lavoro. “Fu mia madre a farmi scoprire l’opera di Isaac quando era bambina. È una figura che ha segnato la mia crescita e formazione, spingendomi ad agire nel segno del Dialogo. Decisivo – afferma – è stato poi l’intervento del mio maestro Elie Wiesel: fu lui a instradarmi verso questo specifico progetto, un anno prima di morire”. Una richiesta che ha dato il via “a un processo di immedesimazione profondo, attraverso il quale ho cercato di entrare nel cuore e nella testa di Isaac”. Personalità verso la quale l’artista, che nei prossimi giorni incontrerà anche rappresentanti del mondo ebraico e valdese, spiega di nutrire “una grande ammirazione”. Tra le sue qualità, sottolinea, “la capacità di comunicazione non violenta, il suo saper gestire le emozioni e trasformarle in risultati concreti”.
Una figura quasi profetica che Kessous accomuna al suo maestro, del quale ha interpretato tra gli altri il saggio La notte sull’esperienza in campo di sterminio: un testo fondamentale per “capire” Auschwitz e la Shoah. “È stato un faro, una luce per l’umanità intera. Resta un punto di riferimento anche per come ha saputo elaborare il suo rapporto con Dio. Non ha mai perso la fede, ma al tempo stesso non ha mai smesso di interrogarlo su quanto era accaduto”.
Sono molti i progetti su cui Kessous, che parla sia ebraico che arabo, è al lavoro. Uno riguarda i rapporti tra Israele e Marocco “normalizzati” di recente attraverso gli Accordi di Abramo. “È in fase di sviluppo un progetto che porterà diversi medici marocchini in Israele. Ciò accadrà a maggio e sarà, a suo modo, un’iniziativa storica. Dialogo concreto, esperienza viva. Un’esigenza urgente al giorno d’oggi”.
Adam Smulevich