“Democrazia Ue sotto attacco”
“L’europarlamento è sotto attacco, la democrazia europea è sotto attacco”. A dirlo, la presidente del parlamento Ue Roberta Metsola aprendo la seduta Plenaria con un discorso sul caso di corruzione che coinvolge le istituzioni europee e il Qatar. Secondo la magistratura belga, spiega il Corriere, il Qatar avrebbe versato ingenti somme di denaro alla ong Fight impunity, Ong per la difesa dei diritti umani fondata nel 2019 dall’ex eurodeputato Antonio Panzeri. Questi avrebbe poi “elargito il denaro e altri regali a coloro che, politici o no, potevano orientare le decisioni dell’assemblea a favore del Paese del Golfo a ridosso del Mondiale di calcio, quando emergeva con evidenza che l’emirato proprio non era in prima linea nei diritti umani e dei lavoratori”. Il quotidiano Domani spiega che intanto altre perquisizioni e numerosi coinvolgimenti hanno costretto il gruppo dei socialdemocratici a sospendere dagli incarichi alcuni dei suoi membri. “Deve lasciare la vicepresidenza e altri incarichi rappresentativi del gruppo Eva Kaili, trovata col contante e travolta dall’indagine come il compagno Francesco Giorgi, che era assistente di Antonio Panzeri, fulcro dello scandalo, e che con lui lavorava nella ong Fight Impunity, la presunta scatola corruttiva”. Repubblica aggiunge che nel frattempo è stato rinviato il voto sulla liberalizzazione dei visti col Qatar ed è stata annunciata una inchiesta interna. “Nelle prossime settimane si dovrà eleggere il nuovo vicepresidente. Il Ppe ha confermato di non voler correggere gli equilibri: sarà un altro socialista. Tra i papabili il francese Raphael Glucksmann”.
Sul Giornale, Fiamma Nirenstein definisce le azioni del Qatar come “uno sporco gioco contro l’Occidente” e ricorda come Doha dia ospitalità, tra gli altri, ai terroristi palestinesi di Hamas e a membri della Guardia rivoluzionaria iraniana.
Iran, un altro giovane ucciso. Si chiamava Majidreza Rahnavard, aveva 23 anni ed è stato impiccato dal regime iraniano nella piazza in cui aveva protestato. L’accusa, aver ucciso due uomini della forza paramilitare dei Basij. La famiglia ha scoperto della condanna e dell’esecuzione solo dopo che tutto era accaduto, raccontano tra gli altri Corriere e Repubblica. È il secondo manifestante giustiziato in questo modo: pochi giorni fa era stato Mohsen Shekari a cadere vittima del regime. E il bilancio della repressione decisa da Teheran è di oltre 470 morti, 18mila persone arrestate, almeno undici condannate a morte. In questo quadro, scrive Repubblica, “si è aperta una faglia nel clero sciita. Due ayatollah, membri anziani dei seminari religiosi di Qom, la città sacra, hanno criticato le sentenze emesse con l’accusa di moharebeh – guerra contro Dio. ‘Non è moharebeh se gli agenti impediscono a qualcuno che ne ha il diritto di protestare contro la situazione esistente’, ha detto l’ayatollah Mohammad Ali Ayazi invocando il diritto a una giusta difesa”. “Il regime è destinato a crollare, ora la gente non ha più paura” la previsione a La Stampa del dissidente Mahmoud Moradkhani, nipote della Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei e costretto all’esilio in Francia. “Mia madre – racconta – è stata incarcerata perché ha scritto una lettera all’ayatollah per difendere le rivolte”.
Ieri intanto il Consiglio Ue ha approvato un nuovo giro di sanzioni all’Iran sia per le repressioni alle manifestazioni sia per il ruolo di assistenza a Mosca nella guerra all’Ucraina.
Piazza Fontana. “Come ogni 12 dicembre, piazza Fontana è l’epicentro della domanda civica di verità e giustizia. Al suono struggente della tromba, il corteo aperto dai gonfaloni delle istituzioni e dai familiari delle vittime accompagna la deposizione delle corone sulla facciata dell’allora Banca nazionale dell’agricoltura”. È il racconto, firmato dal Corriere, dell’annuale cerimonia organizzata a Milano per ricordare le vittime della strage neofascista di piazza Fontana. Nel suo discorso, riporta sempre il Corriere, il presidente dell’Anpi di Milano Roberto Cenati, ha ricordato come la matrice neofascista della strage “è stata accertata” e coinvolge “Ordine nuovo, organizzazione fondata da Pino Rauti”, ex dirigente missino “e – aggiunge il quotidiano – padre dell’attuale sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti”. Repubblica sin dal titolo sottolinea come alla cerimonia non fossero presenti rappresentanti del governo, che ha inviato una nota attraverso il ministro dell’Interno Piantedosi. “Assente e silenzioso – scrive il quotidiano – è il primo esecutivo a trazione FdI, ultima gemmazione di quell’Msi che fu guidato anche da Pino Rauti”.
Investire nella sanità. “Lo scenario sanitario è cambiato radicalmente, dobbiamo tutti prenderne atto, ma soprattutto è bene che se ne accorga chi deve pensare al futuro del Servizio Sanitario, con investimenti e strategie adeguate”. Lo scrive sul Corriere della Sera il medico Sergio Harari, evidenziando come la battaglia contro il Covid-19 non sia ancora finita e anzi sia necessario “accettare che le malattie infettive che pensavamo essere appannaggio solo dei Paesi in via di sviluppo, salvo l’Aids, sono tornate a rappresentare un capitolo importante di patologia che interessa la nostra salute”.
Jenin. L’esercito israeliano ha dichiarato di ritenere che vi sia un “alta probabilità” che un soldato abbia accidentalmente sparato e ucciso un’adolescente palestinese durante una scontro a fuoco con uomini armati palestinesi nella città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, domenica scorsa. La ragazza, Jana Majdi Assam Zakarna, 16 anni, è stata trovata morta sul tetto della sua casa. A riportare la notizia sia il Fatto Quotidiano sia La Stampa. Sulla morte di Zakarneh è intervenuto anche il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz assicurando che è stata aperta un’inchiesta, ma ribadendo che “i soldati israeliani non sparano deliberatamente a persone non coinvolte”.
Dialogo. Bergoglio ha incontrato ieri i componenti dell’Amitié Judéo-Chrétienne de France, della quale ricorrono i 75 anni dalla fondazione. Lo scrive in una breve Avvenire, che riporta come il papa ai suoi ospiti abbia sottolineato come “nonostante il peso della storia, talvolta dolorosa, e dei pregiudizi reciproci, il cammino percorso da ebrei e cristiani è considerevole”. Bergoglio ha poi aggiunto che il dialogo deve proseguire “soprattutto in questi tempi ostili in cui gli atteggiamenti di chiusura e di rifiuto dell’altro si fanno più numerosi, anche con la preoccupante ricomparsa dell’antisemitismo, in particolare in Europa, come delle violenze contro i cristiani”.
Il destino di Eli Cohen. II capo del Mossad, David Barnea, ha reso pubblico l’ultimo telegramma di Eli Cohen, il noto agente israeliano che lavorava sotto copertura in Siria, prima di essere scoperto e catturato a Damasco nel 1965. Barnea, come ricorda in una breve Avvenire, è intervenuto a Herzliya all’apertura di un museo intitolato a Cohen. II telegramma – datato 19 gennaio 1965 informava il Mossad di una riunione avuta la notte precedente. “Il motivo della cattura di Eli Cohen – ha spiegato Barnea – è sempre stato oggetto di controversia: ‘Ha trasmesso troppo’, ‘non ha seguito le istruzioni’. Ma Eli Cohen è stato catturato solo perché le sue trasmissioni sono state captate ed elaborate dal nemico”.
Il più grande editor americano. Così Repubblica descrive Gordon Lish, punto di riferimento della letteratura Usa e protagonista di un’ampia intervista. Nel colloquio con Lish, il giornalista chiede “Pensa sia vero l’adagio che gli scrittori in fondo raccontano sempre la stessa storia? E lei perché lo fa?”. “Posso dire che l’impulso a ripetere è ingovernabile ed è molto più che un buon motivo, anzi è il grandissimo avversario che ogni scrittore ha tentato di soggiogare. – la replica di Lish – Dipende dall’essere ebreo? Dalla volontà di dissenso? DeLillo, intelligentemente, eviterebbe la domanda. Io la accolgo, ma non sono in grado di proporre una risposta convincente, segno che ho bisogno di cure psichiatriche”.
Segnalibro. Si intitola Mio amatissimo fratello… Fuga da Milano (1943-1945) il volume che raccoglie le lettere che fra l’autunno del 1943 e l’agosto del 1945 il pediatra Willy Schwarz scrisse al fratello Franco, emigrato negli Stati Uniti, testimonianza in presa diretta degli anni della persecuzione antiebraica e della guerra. A curare il volume, Sandro Gerbi che, riporta il Corriere Milano, lo presenta oggi al Centro Svizzero milanese assieme alla figlia di Schwarz, Susanna.
Daniel Reichel