Comitato Onu per le donne,
espulso il regime iraniano

Una risoluzione proposta dagli Stati Uniti al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ha portato alla rimozione dell’Iran dalla Commissione sullo status delle donne fino al 2026 (quando scadrà il suo mandato). “Un pesante schiaffo a Teheran, perché una cosa del genere non era mai accaduta prima nella storia del Palazzo di vetro, – spiega Repubblica – ma anche una significativa sconfitta per Cina e Russia che avevano difeso il regime degli ayatollah, sempre nell’ottica di creare un fronte anti-occidentale per fomentare la sfida lanciata dalle loro autocrazie contro le democrazie”. La risoluzione approvata con voto favorevole di 29 membri su 54 (8 i contrari, Bolivia, Cina, Kazakhstan, Nicaragua, Nigeria, Oman, Russia, Zimbabwe) esprime “seria preoccupazione” per le azioni dell’Iran in corso da settembre “per indebolire continuamente e sempre più sopprimere i diritti umani delle donne e delle ragazze, compreso il diritto alla libertà di espressione e di opinione” (La Stampa). “Questa mobilitazione sta segnando la nostra giovinezza, ci sta costando molte vite. – la testimonianza raccolta dal Corriere da una delle manifestanti, che simbolicamente si fa chiamare Mahsa (come la giovane uccisa dalle autorità iraniane che ha generato le proteste ) – Se verrà repressa, il prezzo sarà altissimo. Ecco perché dobbiamo considerarla una rivoluzione. Non abbiamo altra scelta che lottare per cacciarli dal nostro Paese. Abbiamo tutti paura ma continuiamo a combattere. Soprattutto le donne lottano a ogni passo che fanno”.

L’asse Teheran-Mosca. “La cooperazione militare tra Mosca e Teheran non si sta mostrando molto efficace almeno nel breve periodo, cioè nel momento del bisogno per la guerra di Vladimir Putin”, scrive il Foglio, spiegando che la Russia sta si adoperando i droni suicidi iraniani, ma questi non sarebbero sufficienti come numero né abbastanza precisi. Non per raggiungere quello che il quotidiano definisce l’obiettivo di Putin: “sparare con insistenza ai civili e ai soldati ucraini per rendere la loro vita impossibile”. I due regimi comunque continuano le trattative sugli armamenti con la possibilità che Teheran fornisca a Mosca missili ad ampio raggio (oltre i 300 chilometri), nonostante questo comporti ulteriori sanzioni da parte della comunità internazionale. “Israele – evidenzia ancora il Foglio – guarda con attenzione, perché dalla contrattazione in atto i pasdaran vogliono ottenere due cose: armi potenti come i Su-35 e che Putin tolga i limiti che fino a oggi ha imposto agli iraniani in Siria, cioè alle porte dello stato ebraico”.

Tifo mondiale. Il Marocco alla fine è stato sconfitto dalla Francia e non raggiungerà la finale mondiale. Ma continuano sui quotidiani le analisi di come la squadra nordafricana abbia ottenuto un sostegno ben oltre i confini del proprio paese. “È un avvenimento che ha un grande valore sociologico e politico. Tranne le autorità algerine, che non amano troppo il regime di Rabat, tutti hanno applaudito. Tutti i popoli del mondo hanno gridato senza riserve la loro gioia. – racconta il politologo franco-libanese Antoine Basbous – Perfino il Jerusalem Post, quotidiano israeliano in lingua inglese, ha pubblicato una prima pagina in cui è scritto a caratteri cubitali ‘Siamo tutti marocchini’. Non si era mai visto niente del genere fino ad oggi”.

Onu e l’antisemitismo da allontanare. Molte voci chiedono che l’avvocato italiano Francesca Albanese venga rimossa dal suo ruolo di relatrice speciale dell’Onu sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi. Motivo della richiesta, una sua lettera inviata in passato in cui accusava gli Usa di essere “soggiogati dalla lobby ebraica” e l’Europa “dal senso di colpa per l’Olocausto”. Il caso viene raccontato da Domani che spiega come a mobilitarsi sui social sia stato in particolare l’avvocato dell’ong UN Watch, Hillel Neuer, che ha pubblicato sul suo account un post Facebook di Albanese. “Nel tweet – spiega Domani – Neuer chiede al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e ad altri vertici dell’organizzazione il licenziamento per l’antisemita Albanese”. Secondo Neuer, Albanese ha anche esultato per la rimozione di Hamas da una lista di terroristi e appoggia il loro “diritto a resistere”. Sempre Domani riferisce anche la condanna delle parole di Albanese da parte della presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello.

Salone di Torino in cerca di direttore. Con la prossima edizione del Salone del Libro di Torino si chiude la stagione della direzione di Nicola La Gioia. E la città aspetta di conoscere chi ne erediterà il testimone. Su Repubblica si fanno diversi nomi: da Paolo Giordano a Giuseppe Culicchia. Al quotidiano Elisabetta Sgarbi, direttore generale de La Nave di Teseo, indica il proprio nome: la direttrice del Circolo dei lettori di Torino, Elena Loewenthal. “Ha avuto e ha esperienze organizzative e gestionali, è una scrittrice di grande valore, è una traduttrice importante di testi della cultura ebraica, – afferma Sgarbi – e ha una conoscenza diretta e profonda di una parte del mondo di estrema importanza sia a livello culturale che a livello politico. Infine, ha un forte radicamento nella città di Torino e anche questo aspetto è importante per un appuntamento dalla portata internazionale ma così identitario per la città”.

Stella Levi. Nata a Rodi nel 1923 in una famiglia sefardita in cui si parlava giudeospagnolo, cresciuta in scuole italiane, segnata dalle Leggi razziste e dalla deportazione ad Auschwitz, Stella Levi è “uno dei personaggi più importanti della comunità italiana a New York”, racconta il Corriere della Sera. Pur non essendolo sulla carta. La sua storia è raccontata ora nel volume One Hundred Saturdays, firmato dallo scrittore Michael Frank. Nelle pagine, la vita nella multiculturale Rodi, lo studio negli istituti di lingua italiana, il segno delle Leggi razziste che la espulsero da scuola e poi della Shoah. Sopravvissuta ad Auschwitz, Levi andrà a New York, rimanendo legata alla comunità italiana, con la lingua, racconta il Corriere, a fare da ancora. “ New York mi ha dato molto – dice – soprattutto l’apertura mentale. A New York non ho subito le limitazioni che avrei avuto a Rodi, o anche in Italia. E io non ho mai voluto essere limitata”.

Nazisti finanziati in America. L’Università di Harvard ha ancora oggi una borsa di studio e una cattedra dedicate ad Alfried Krupp, criminale di guerra nazista che sfruttò la manodopera coatta di circa centomila persone per il suo impero industriale. Lo denuncia in un articolo sul New York Times – tradotto oggi da Repubblica – lo scrittore Lev Golinkin, che racconta anche altri personaggi dal passato nazista che però hanno fatto fortuna negli Usa e vengono ancora celebrati.

Daniel Reichel