Otto giorni otto lumi
Miracoli manifesti,
miracoli nascosti
Il RaMBaN (Rabbì Moshè Ben Nachman, 1194-1270), nel suo commento alla Torà (Esodo13:16), afferma che “dai grandi miracoli manifesti, una persona può anche riconoscere miracoli nascosti che costituiscono il fondamento dell’intera Torà. Poiché una persona non ha una parte nella Torà di Mosè, nostro maestro, fino a quando non crediamo che tutte le cose e gli eventi che incontriamo siano tutti miracoli e in essi non c’è natura o consuetudine del mondo, sia riguardo la collettività o il singolo individuo”. Dalle parole del commentatore di Gerona spicca il concetto che i miracoli manifesti sono necessari per riconoscere quelli nascosti e per farci conoscere che non c’è natura o consuetudine del mondo. In questo senso si chiariscono le parole di ieri dell’Alter di Kelm per il quale i maestri inclusero tra gli otto del miracolo anche il primo giorno, quando l’olio doveva naturalmente durare solo per quel giorno, per far comprendere che anche la natura è tutto un miracolo. Come è alluso anche in questo racconto talmudico (Ta‘anit 25a): “Una sera di Shabbat, il rabbino Chaninà ben Dosà vide che sua figlia era triste. Le disse: ‘Figlia mia, perché sei triste?’ Gli rispose: ‘Ho confuso un vaso di aceto con un vaso d’olio e ora ho acceso la lampada dello Shabbat con l’aceto. Presto la lampada si spegnerà e noi rimarremo al buio’. Le disse: ‘Figlia mia, di cosa ti preoccupi? Colui che ha detto all’olio che deve bruciare, può pure dire all’aceto che deve bruciare’. Un maestro successivamente riferì che quella lampada bruciò per tutto il giorno, fino a quando ne presero il fuoco per accendere il lume dell’havdalà”.
Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
(20 dicembre 2022)