Il calcio, tra potere e zone d’ombra
Gli intrecci tra economia e politica nel gioco del calcio sono sotto gli occhi di tutti. Il Mondiale in Qatar ne è stata la conferma più vistosa in molte sfumature anche imbarazzanti, ma non serve andare troppo lontano per rendersi conto che non solo di sport parliamo quando stiamo assistendo allo spettacolo di novanta minuti di una partita di pallone. Anche in Italia, in questo senso, c’è molto da raccontare.
A parlarne con molti spunti interessanti Il potere del pallone (ed. Il Mulino), saggio di recente pubblicazione a firma dell’economista Andrea Goldstein. È il gioco più bello del mondo e lo resterà forse comunque. Ma sarebbe ingenuo (e nessuno d’altronde lo sostiene) immaginare il calcio fuori dall’influenza dei “mali della contemporaneità”. Zone d’ombra che occupano la parte conclusiva di un’opera che analizza il fenomeno calcio sotto diversi aspetti, con un approccio dal taglio comparativo e multidisciplinare: gli attori collettivi, quelli individuali, le competizioni per club, l’impegno delle nazionali, i luoghi.
Il calcio, si sa, può emozionare e unire. Ed è l’aspetto più nobile, quello che scalda i cuori anche in chi guarda con distacco a questo sport. Goldstein fa l’esempio dei singhiozzi di Christian Jeanpierre, veterano telecronista di TF1, commosso a Wembley “di fronte all’abbraccio, così carico di significato, tra i giocatori francesi e inglesi al momento degli inni nazionali, a quattro giorni dagli attentati del Bataclan”. Spinta all’estremo però la passione patriottica può debordare fino a conseguenze catastrofiche. Fu così nel maggio del 1990, quando il derby serbo-croato tra la Crvena Zvezda di Belgrado e la Dinamo Zagabria, da partita decisiva per l’assegnazione del campionato si trasformò “nel primo atto della guerra che mise fine alla vita della Jugoslavia, oltre che a quella di decine di migliaia di vittime innocenti”. È un’utile premessa per l’itinerario che l’autore compie, tra luci e ombre, fino alle battute finali. Quelle sulle “zone d’ombra”.
Goldstein parla, tra le altre, di questioni come gli squilibri finanziari, la violenza, le scommesse, l’omofobia. Oltre alla piaga del razzismo nelle sue varie declinazioni manifestatasi più volte anche nella stagione in corso. Banane e versi di primati “rimangono quasi dei banali incidenti di percorso negli stadi, e non è così raro che l’arbitro sanzioni il giocatore offeso che protesta”, annota con amarezza. Evidenziando anche come per “due squadre che vengono associate alla comunità ebraica, Tottenham e Ajax, l’accoglienza rituale” sia un sibilo “che richiama il suono delle camere a gas”.
Ma anche in Italia, come noto, i problemi non mancano. Come dimostra il fatto che “il belga di origine congolese Romelu Lukaku e il francese di origine senegalese Patrick Evra, oltre a innumerevoli giocatori italiani e stranieri”, siano stati vittime di episodi di razzismo che hanno fatto scalpore anche nel resto d’Europa, facendo della Serie A un torneo tra i più “attenzionati”. Per non parlare dei campionati cadetti dove i casi, si afferma, sono realisticamente “molti di più” rispetto al torneo principe. Anche se le telecamere talvolta non arrivano ad illuminare questa triste realtà.
Nato a Milano nel 1966, Andrea Goldstein collabora con realtà economiche sia italiane che internazionali ed è autore di numerosi saggi. Tra le sue opere edite dal Mulino “BRIC” (2011), “L’economia del Brasile” (2012), “Il miracolo coreano” (2013) e “Agenda Italia 2023” (2018).
a.s twitter @asmulevichmoked
(28 dicembre 2022)