Msi, un caso la posizione di La Russa “Grave legittimare sentimenti nostalgici”
Come il sottosegretario al Lavoro, Isabella Rauti, anche il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha scelto di celebrare, attraverso i social, il settantaseiesimo anniversario della nascita del Movimento sociale italiano. Un fatto diventato un caso politico, come racconta la maggior parte dei quotidiani italiani oggi, prendendo posizione. “Onore al Msi, La Russa è un caso” la prima pagina di Repubblica, che accompagna il titolo d’apertura con una vignetta di Ellekappa in cui La Russa, tra le fiamme tricolore, viene ritratto vestito di nero e a braccio teso con la scritta “La seconda carica della Repubblica … Di Falò”. “La Russa celebra l’Msi, l’ennesima vergogna” l’apertura de La Stampa. La Verità invece attacca chi ha criticato l’elogio di La Russa e in particolare si scaglia contro il Partito Democratico e la Presidente UCEI Noemi Di Segni: “Di Segni e il Pd ora pretendono che si rinneghi persino il Msi”, scrive il quotidiano. La Presidente dell’Unione, in una nota, aveva definito “grave” il fatto che le più alte cariche istituzionali esaltino la storia del Msi, un partito “in continuità ideologica e politica con la Repubblica di Salò, governo dei fascisti irriducibili che ha attivamente collaborato per la deportazione degli ebrei italiani”. Condanna simile, evidenzia Repubblica, è arrivata dalla presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello: “Quando si ricoprono ruoli istituzionali il nostalgismo assume contorni gravi e ridicoli. Non sono accettabili passi indietro, soprattutto dalla seconda carica dello Stato”, le sue parole. “Di Segni e Dureghello all’unisono. Le comunità ebraiche indignate”, il titolo del pezzo, accompagnato dalle foto delle due presidenti affiancate e descritte in una didascalia come “Unite contro La Russa”.
“Mentre Giorgia Meloni si impegna, tra lacrime e sudore, a stringere un rapporto con la comunità ebraica, il presidente del Senato Ignazio La Russa, come Penelope, di notte disfa la tela della premier”, il commento de La Stampa, che cita la recente visita al Tempio Maggiore di Roma della Presidente del Consiglio.
Il Corriere della Sera riporta le parole del portavoce del presidente del Senato che alle polemiche replica che La Russa ha ricordato “il padre che – testuale – ‘scelse con il MSI per tutta la vita la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana’. La piena adesione del Msi alla democrazia e al Parlamento è storia e nessuno può negarla”. Una precisazione che, aggiunge il Corriere, non ha convinto le opposizioni – in particolare il Pd – che hanno chiesto le dimissioni del presidente del Senato dalla carica.
La condanna di Edith Bruck. La Stampa intervista la Testimone della Shoah e scrittrice Edith Bruck, che ha una posizione netta sul caso La Russa: “Non dovrebbe neanche essere dov’è”. Bruck ricorda poi come la richiesta sua e della senatrice a vita Liliana Segre a Fratelli d’Italia di togliere la fiamma dal simbolo del partito, richiamo al Msi, sia rimasta inascoltata. “Giorgia Meloni non ha tolto la fiamma, ma ha detto parole chiare sul fascismo e sulla Shoah. Qualche giorno fa incontrando Sami Modiano la premier si è commossa”, afferma il giornalista de La Stampa in riferimento alla visita in sinagoga a Roma. “Ho visto, mi è sembrata falsa, una cosa squallida. Come si può cambiare da un momento all’altro in questa maniera? È come dopo la guerra: prima erano tutti fascisti poi tutti democratici. Non esiste un cambiamento così repentino”, sostiene la Testimone della Shoah.
Anniversari. “Nel giorno che richiama i 75 anni dalla promulgazione della Costituzione della Repubblica viene proposto da figure di rilievo politico e istituzionale un altro anniversario: la fondazione, il 26 dicembre 1946, del Movimento Sociale Italiano. Non si tratta di un semplice scontro di riferimenti né della sovrapposizione casuale tra date e richiami storici di una cronologia in apparenza lontana. Il Msi appoggia la propria identità sulle eredità del fascismo di Salò, su quella pagina che lega la fine della Seconda guerra mondiale alle dinamiche della guerra civile che insanguina la penisola. Non può reggere dal punto di vista storico una presa di posizione che con una mano condanna con durezza la legislazione razziale del 1938 e con l’altra si richiama alle ‘radici che non gelano’ del fascismo post 1943”. Lo scrive su Repubblica lo storico Umberto Gentiloni, sottolineando come “fa bene l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ad alzare la voce: il governo dei fascisti irriducibili non solo si pone in continuità con il nuovo ordine hitleriano, ma collabora attivamente, rende possibile l’attuazione delle politiche dello sterminio in luoghi e contesti del territorio italiano tra l’autunno del 1943 e la fine della guerra”.
Israele e gli accordi di coalizione. Si attende per i prossimi giorni il giuramento del nuovo governo israeliano a guida Benjamin Netanyahu. Intanto nel paese a far discutere sono alcuni accordi interni alla sua coalizione. Repubblica in particolare segnala quello tra il Likud e il partito di estrema destra Sionismo religioso, volto a modificare una legge che contrasta le discriminazioni e vieta agli esercizi commerciali di rifiutare i propri servizi ai clienti su base religiosa. Una modifica difesa “dalla parlamentare Orit Strock che, in un’intervista alla radio pubblica Kan, ha rincarato la dose, suggerendo come anche i medici dovrebbero avere il diritto di rifiutare di condurre trattamenti contrari al proprio credo, a patto che possano essere forniti da un altro dottore”, spiega il quotidiano, che segnala come a contestare la proposta sia stato anche il presidente d’Israele Isaac Herzog, dettosi molto preoccupato. “Le dichiarazioni razziste sentite nei giorni scorsi contro la comunità lgbt+ e in generale contro diversi gruppi mi turbano molto”, le parole di Herzog. “Questi avvenimenti sono solo gli ultimi di una lunga serie di episodi anti-lgbt+”, aggiunge ancora Repubblica, spiegando come dell’attuale maggioranza faccia parte “un partito apertamente anti-gay – Noam – , cui sarà affidato il dipartimento responsabile dell’identità ebraica e delle iniziative educative presso l’ufficio della presidenza del Consiglio”.
La scacchista senza il velo. Diversi quotidiani pubblicano la foto di Khadim al-Sharia, 25 anni, campionessa di scacchi, raccontando la sua scelta di partecipare ai campionati mondiali di quest’anno in Kazakistan senza indossare il velo. “Il gesto – sottolinea il Giornale – conferma come, nonostante le pressioni del governo, personaggi dello sport e dell’arte iraniana continuino a mostrare, spesso in sedi internazionali, la loro solidarietà con le proteste” anti-regime. Intanto la repressione del governo di Teheran continua e anche la diplomazia si muove: il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, segnala il Corriere, ha convocato per oggi alle 12 l’ambasciatore designato iraniano, Mohammad Reza Sabouri. “La gravità della situazione in Iran – dice una nota della Famesina – ha indotto il governo a fare questo passo”.
Ricordando Rita Levi-Montalcini. Il 30 dicembre ricorreranno i dieci anni dalla scomparsa della Premio Nobel Rita Levi-Montalcini. La Stampa affida alla scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo un suo ricordo, che si apre così: “Era il giugno del 2008, e, all’Università Statale di Milano, una Rita Levi-Montalcini novantanovenne era da un’ora e mezza in piedi, a parlare delle sue ricerche di fronte a centinaia di studenti adoranti. Io feci per porgerle una sedia; lei mi rispose così. Da allora, quella frase mi rimasta in testa. Quante volte la giovane Rita è rimasta dritta in piedi, tra guerra, fame, leggi razziali e persecuzioni? La retorica del ‘non cedere alle avversità’ è ben lontana dall’essere facile, quando a non cedere devi essere tu. Come non ha ceduto Rita nell’essere quella che è stata, una donna-scienziata in un periodo storico in cui alle donne veniva prescritto di essere madri e mogli. – scrive Cattaneo – Una scienziata ebrea nell’Italia delle leggi razziali. Eppure nulla l’ha fermata. Rita è il paradigma monumentale della scienziata a tutto tondo di cui ho letto e studiato, una donna che ha avuto la forza di coltivare la sua idea contro tutto e tutti”. Nel pezzo si ricorda anche la figura Giuseppe Levi, “grande maestro di Rita”.
False origini. Il deputato repubblicano George Santos non ha mentito solo sul suo curriculum – non ha lavorato a Wall Street e non è laureato -, ma anche sulle sue origini. Il Forward, come riporta oggi il Corriere della Sera, ha infatti denunciato come false le sue dichiarate origini ebraiche. Santos aveva fatto intendere di avere nonni ebrei fuggiti dall’Europa durante la Seconda guerra mondiale, che invece risultano essere nati in Brasile prima del conflitto. Santos ha poi sostenuto di non aver mai dichiarato di essere ebreo. La Jewish Republican Coalition, importante associazione degli ebrei conservatori in America, lo ha smentito in una nota: “Ci ha ingannati sulle sue origini. In commenti pubblici e a noi in privato aveva detto di essere ebreo”. “Ora democratici chiedono che si dimetta, – evidenzia il Corriere – ma il deputato sostiene di non averne alcuna intenzione e il partito repubblicano tace, contando su di lui per la risicata maggioranza alla Camera”.
Daniel Reichel