Yosef e i suoi fratelli
“Non stette nessuno con lui quando Yosef si rivelò ai suoi fratelli” (Bereshit 41;1).
Nella nostra parashà assistiamo alla fine del dramma che coinvolge Yaaqov, i suoi figli e Yosef; finalmente, dopo una serie di calunnie che Yosef addossa ai fratelli, per mettere alla prova il loro ravvedimento rispetto a ciò che avevano fatto, svela loro la sua identità. C’è da notare che, prima di rivelare ai fratelli la sua vera identità, Yosef fa uscire tutta la corte – estranea alla sua famiglia – dalla stanza dove si trovavano. Fanno notare i commentatori che, in un altro passo della Torà, si trova una simile espressione. Nel terzo libro della Torà (Vaiqrà 16;17) troviamo infatti scritto: “Nessun uomo stia nella Tenda della Radunanza, quando il Sommo Sacerdote giungerà per espiare nel Qodesh, fino alla sua uscita”. Si tratta della fase culminante della cerimonia dello Yom Kippur, quando il Kohen Gadol entrava nella parte più interna del Tempio e nessuno poteva rimanere presente nei paraggi. Si chiedono i commentatori che nesso vi sia tra il primo passo – quello di Yosef e i fratelli – e l’altro. Sia in un caso che nell’altro c’è necessità che non vi siano persone estranee presenti. Il midrash racconta che, quando i fratelli rimasero soli con Yosef, egli si rivolse loro duramente chiedendogli:
“Cos’è che vi ho fatto e cosa vi è saltato in mente di vendermi a dei mercanti, come schiavo?” E loro di riflesso domandarono a lui: “Cosa ti è saltato in mente di allontanarci e metterci in cattiva luce facendo venir meno l’affetto di nostro padre?” E così via… La stessa cosa, secondo il midrash, avviene nel Qodesh ha Qodashim. Il Signore, trovandosi da “solo” con il Kohen Gadol, gli chiede: “Perché il popolo si è allontanato dall’osservanza delle mie mitzwot?” “Perché mi avete abbandonato non seguendo più la mia strada?”.
Ci sono dei momenti in cui c’è necessità di un confronto, durante il quale ci si dice tutto; ma tutto deve avvenire in modo estremamente riservato. Il viddui che noi recitiamo al Signore è l’esternazione di tutte le nostre colpe; qualcosa di particolarmente intimo e come tale deve avvenire in una condizione di riservatezza assoluta. Yosef non solo svela ai fratelli la sua vera identità ma li sfida ad un confronto leale sul passato per sapere quali saranno le loro intenzioni future. Così come essi, rivolgendosi a Yosef, possono finalmente comprendere il motivo del suo vecchio comportamento.
Dopo il confronto tra il Signore D-o e il Capo del popolo (colui che è responsabile del loro comportamento spirituale) che cerca e chiede il perdono anche per essi nel giorno di Kippur, avviene una sorta di chiarimento leale che contribuirà ad un rapporto più sano nel corso dell’anno futuro. Un vecchio e saggio proverbio popolare insegna: “I panni sporchi si lavano in famiglia”.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Venezia
(30 dicembre 2022)