Leone Ginzburg, il ritorno a casa
dello “scolaro-maestro”

“Leone Ginzburg fu mio scolaro: lo dico io perché altri non lo taccia, io lo ricordo se mai altri mostri di averlo dimenticato. Di quel che fu io posso aver la fierezza: di quel che patì io debbo avere la responsabilità. E dico questo non per superbia, lo dico per umiltà: Leone Ginzburg fu mio scolaro perché fu mio maestro, lui come i migliori de’ miei scolari, lui che de’ miei scolari fu il migliore. Lo dico in umiltà: incuteva tanta soggezione a tutti Leone quand’era vivo, figurarsi ora che è morto; e morto così”.
Lo scolaro maestro. Così il piemontese Augusto Monti, crociano antifascista, amico di Piero Gobetti e Antonio Gramsci, ricorderà nel 1948 uno dei suoi alunni preferiti: Leone Ginzburg. Monti, professore di lettere al Liceo d’Azeglio di Torino, si era accorto subito – è lui stesso a scriverlo – delle qualità umane e intellettuali di questo giovane russo che in Italia aveva trovato la sua nuova patria. Nel capoluogo piemontese Ginzburg arriva nel 1924: nato a Odessa nel 1909, con lo scoppio della Prima guerra mondiale trova riparo in Italia. Dopo una parentesi berlinese, il D’Azeglio e l’Università di Torino gli aprono le porte. Qui costruirà le sue amicizie: Giorgio Agosti, Vittorio Foa, Cesare Pavese, Norberto Bobbio. Qui, dopo che la frequentazione in Francia del circolo antifascista accese in lui la volontà di gettarsi nella lotta politica, si impegnerà a ricostruire Giustizia e Libertà. Qui andrà in carcere la prima volta per la sua lotta contro il regime e qui, nella casa di Carlo Levi, incontrerà la futura moglie Natalia Levi. Per questo e per molto altro la famiglia Ginzburg di recente ha deciso di riportare a Torino l’immenso archivio paterno.
“Fin dalla prima conversazione con Alberto Sinigaglia e Emiliano Paoletti io e mia sorella Alessandra non abbiamo avuto dubbi sulla decisione da prendere: le carte di nostro padre dovevano essere conservate a Torino e il Polo del ‘900 era l’istituzione ideale per farlo. – la spiegazione del figlio, lo storico Carlo Ginzburg – I profondi legami di Leone con questa città sono noti: il soprannome che gli avevano dato i suoi amici, ‘il russo di Torino’, è eloquente”.
Tra le carte presenti nell’archivio, il nucleo più consistente è costituito dalle lettere di Natalia a Leone (1934-1936) e degli anni 1936-1939 dopo la prigione e durante la promulgazione delle leggi razziste che lo privano della cittadinanza italiana. A queste si aggiungono le lettere di Leone a Natalia dal carcere nel 1935 e dal confino di Pizzoli (giugno-ottobre 1940). Esistono poi un gruppo cospicuo di lettere di Leone a Bobbio; ad Anita Rho (1932-33), germanista e antifascista; alla madre, al fratello Nicola, a Carlo Muscetta; e ancora le lettere di Manlio Rossi-Doria e Carlo Muscetta dal carcere di Regina Coeli (1944) dove Ginzburg sarà detenuto, picchiato e torturato fino alla morte il 5 febbraio. Una mole importante di carte, che ora saranno riorganizzate e presto messe a disposizione del pubblico e degli studiosi.
Un ritorno a casa per riscoprire le lezioni dello scolaro-maestro.