Ben Gvir sul Monte del Tempio
Lapid: “Deliberata provocazione”

“Una deliberata provocazione che metterà in pericolo e costerà vite umane”.
Così si era espresso appena ieri Yair Lapid, ex premier d’Israele e leader dell’opposizione, commentando l’ipotesi di una visita nell’area del Monte del Tempio (che i musulmani venerano come Spianata delle Moschee) da parte del neo ministro della Sicurezza Nazionale, l’estremista di destra Itamar Ben Gvir. Annunciata da giorni, la visita si è svolta prima del previsto. Circondato da un ingente numero di poliziotti, il leader del partito Otzma Yehudit si è infatti presentato già quest’oggi di buon mattino. “Il Monte del Tempio è il luogo più importante per il popolo di Israele. Manterremo la libertà di movimento per musulmani e cristiani, ma vi saliranno anche gli ebrei e alle minacce risponderemo con il pugno di ferro”, le parole di Ben Gvir ai cronisti. “Non ci arrenderemo alle minacce di Hamas”, ha poi aggiunto l’esponente dell’esecutivo. Contestazioni al governo Netanyahu per questa iniziativa da varie voci del mondo arabo e dall’Anp (oltre che dal gruppo terroristico di Hamas). Secondo il portavoce dell’Anp Nabil Abu Rudeineh l’atto compiuto da Ben Gvir rappresenterebbe “una sfida al nostro popolo, alla nazione araba e alla comunità internazionale”. Una linea rossa “oltrepassata” con la conseguenza, è stato affermato, di “maggiori tensioni, violenze e una situazione esplosiva”. L’attenzione dei media anche sulle prime mosse del neo ministro degli Esteri Eli Cohen. Nel suo intervento inaugurale il ministro ha definito le relazioni dello Stato ebraico con gli Stati Uniti d’America “una priorità assoluta”, sostenendo che “non vi sia un possibile rimpiazzo al legame tra i nostri due Paesi: una collaborazione di lungo termine basata prima di tutto su valori e interessi condivisi”. Cohen, confrontatosi quest’oggi con il suo omologo russo Sergey Lavrov, ha anche detto che, sull’Ucraina, “il governo parlerà di meno” e continuerà ad agire “sul fronte degli aiuti umanitari”. Parole che, a detta di vari opinionisti, lascerebbero intendere un disimpegno israeliano e un parziale riavvicinamento al Cremlino. Soffermandosi sul potenziale degli Accordi di Abramo, Cohen ha anche sostenuto che altre intese con Paesi arabi sarebbero in vista (“È solo una questione di tempo”), rivolgendo poi un appello, ai governi del mondo, a smettere di “seppellire la testa nella sabbia” davanti al pericolo di un Iran dotato di nucleare. Oltre 100 funzionari e lavoratori del ministero degli Esteri hanno intanto manifestato la loro inquietudine rispetto alle scelte e prospettive d’azione del nuovo governo attraverso una lettera inviata al premier Netanyahu in cui si esprime “profonda preoccupazione per il grave danno alle relazioni di Israele con l’esterno, alla sua posizione internazionale e ai suoi interessi fondamentali derivanti da quella che apparentemente sarà la politica” dell’esecutivo appena insediatosi. Tra i firmatari l’ex ambasciatore d’Israele in Italia Avi Pazner.