Il digiuno del 10 di Tevet
e l’imperativo della continuità

Ricorre oggi il digiuno del 10 di Tevet, uno dei quattro digiuni – insieme al 17 di Tamuz, al 9 di Av e al 3 di Tishrì, già indicati nel Tanach (Zaccaria 8,18) e destinati a ricordare diversi tragici momenti che hanno segnato il compiersi della distruzione del Santuario di Gerusalemme, e conseguentemente l’inizio della dispersione del popolo ebraico; in particolare, come leggiamo nel libro del profeta Ezechiele (24, 1-2), questa data ricorda l’inizio dell’assedio a Gerusalemme posto dalle truppe del re babilonese Nabucodonosor. Il Rabbinato Centrale d’Israele, pochi anni dopo la nascita dello Stato ebraico, scelse questa data del 10 di Tevet come giorno di ricordo, specialmente attraverso lo studio di Torà e con la preghiera del Kaddish, per tutte le vittime della Shoah di cui non è nota la data di morte e per tutti i nostri fratelli sterminati nella Shoah che non hanno lasciato familiari superstiti da cui essere ricordati.
Questa giornata di memoria pone diversi interrogativi. Per quanto riguarda il ricordo della distruzione del Tempio di Gerusalemme, l’inizio dell’assedio ricordato in questa data del 10 di Tevet ne costituisce l’evento più lontano nel tempo, trascorsero infatti circa tre anni fino a che si giunse al tragico epilogo, a quanto pare solo il profeta avvertì la gravità dell’evento nello stesso giorno in cui il re babilonese collocava le sue truppe attorno a Gerusalemme. Il fatto che proprio il giorno dell’inizio dell’assedio venga evidenziato ci sollecita a considerare la distruzione di Gerusalemme con uno sguardo più ampio, a tornare indietro nel tempo per verificare in retrospettiva quali siano stati non solo gli eventi, esterni ma anche e soprattutto quelli interni al popolo ebraico che, in vario modo e in fasi successive, inizialmente con segni apparentemente poco significativi poi sempre più gravi, determinarono infine la tragica sorte di Gerusalemme, del Santuario, l’esilio in terra straniera e in senso più ampio segnarono l’inizio della dispersione del popolo ebraico.
Il legame che questa data stabilisce tra l’antico ricordo dell’assedio a Gerusalemme e la Shoah suggerisce la necessità di affrontare un percorso storico molto ampio che, dalle cause più remote della dispersione del popolo ebraico, a partire appunto dalla distruzione del Tempio e dall’esilio di Babilonia, giunga fino alla storia moderna e contemporanea. In un discorso più specifico relativo alla Shoah, la commemorazione del dieci di Tevet propone un metodo di ricerca per certi aspetti analogo a quello ricordato per comprendere la distruzione di Gerusalemme, fa emergere la necessità di ricercare le cause remote della più tragica catastrofe dell’umanità, quindi non solo gli eventi che hanno direttamente segnato la tragedia, non solo l’evolversi delle teorie razziste e del moderno antisemitismo in Europa, alimentate da correnti pseudoculturali e di pensiero perverso cui attinsero a piena mani il nazismo e il fascismo, ci induce a risalire anche alle radici dell’antigiudaismo, manifestatesi nel corso di secoli nel pregiudizio e nelle forme concrete di discriminazione, ci porta a misurare quante tracce profonde avevano lasciato, tracce che ancora non paiono essere pienamente comprese ed estirpate
In quanto giorno di digiuno e di preghiera la ricorrenza del 10 di Tevet ci sollecita anche il percorso di riflessione più difficile con il quale ci avviciniamo al ricordo della Shoah, quello legato al pensiero religioso; ricordiamo al tempo stesso come quegli eventi indicibili abbiano segnato uno spartiacque, determinando certo per molti il distacco dalle fede mentre molti altri intesero santificare anche in quei tragici tempi il Nome dell’Eterno con gesti straordinari di fedeltà e di dedizione Suoi Comandamenti.
Proprio le preghiere e lo studio di Torà esprimono, secondo alcuni notevoli esponenti del pensiero religioso ebraico, l’atteggiamento che come fedeli a D.O possiamo tenere nei confronti dell’abisso del male che si è spalancato nella Shoah; nella prospettiva del nostro rapporto di fede con il Signore non siamo in grado di comprendere, forse è addirittura un abuso cercare di dare spiegazione, la domanda che dobbiamo porci non è tanto il perché, a cui forse non potremo mai trovare risposta, quanto che cosa ci spetti di compiere, affinché il dominio del male, la perversità che è in potenza nell’uomo non abbiano più a scatenarsi, come sia possibile riportare alla luce e far prevalere la dignità dell’uomo, nella sua identità universale, il suo essere creato a somiglianza dell’Eterno, come trarre dal ricordo dell’orrore l’impegno costante, quotidiano , proprio attraverso la Torà e le Mizvot, per realizzare il fondamento dell’esistenza, il mondo di chesed, di generosità e dedizione dell’uomo verso il prossimo, che il Signore attende perché si porti a compimento l’opera della creazione.
La recitazione del Kaddish che caratterizza l’odierna giornata di ricordo implica un minian, cioè innanzitutto una Comunità ebraica; questo significa che la Memoria della Shoah per ogni ebreo va vissuta innanzitutto all’interno della propria Comunità, per mantenerla viva e attiva ebraicamente. Il ricordo della Shoah costituisce per ogni ebreo un imperativo morale, senza alternative né giustificazioni, riguardo al dovere di trovare ciascuno il proprio ruolo e il proprio compito per dare continuità e futuro al popolo ebraico.

Rav Giuseppe Momigliano