Una vecchia Bibbia in eredità

Segundo Villanueva ha 21 anni quando nel 1948 trova una Bibbia in un baule. È la sola eredità che gli resta del padre, un campesino assassinato da un vicino. Inizia a leggere e con sorpresa in quelle pagine si sente a casa. “Era il mondo di suo padre, – scrive Mochkofsky – […] pieno di asini e capre, agnello arrostito, mammelle e latte, raccolti riusciti o rovinati. La gente lì architettava gli stessi piani meschini, si trovava nelle stesse situazioni assurde”.
Quando passa al Nuovo Testamento, che già crede di conoscere, scopre che il tono è assai diverso e che i contenuti spesso si contraddicono, talvolta sfidando il senso comune. Prende così le mosse una ricerca che coinvolge familiari, amici e vicini e si intreccia con l’arrivo in Perù dei missionari protestanti che portano lo studio della Bibbia nella pratica di tanti.
Per un periodo Segundo, falegname e padre di tre figli, si unisce agli Avventisti del Settimo giorno. Negli anni Sessanta se ne allontana per quelle che considera incoerenze e fonda una sua chiesa, Israele di Dio, con cui prende a celebrare alcune festività menzionate nella Torah. Le congregazioni si ramificano in varie località, fra cui nella giungla amazzonica, dove Segundo e i suoi fondano un loro insediamento.
La sua sete di verità però non si placa. Quando in una libreria ha modo di consultare diverse traduzioni della Bibbia, nota gli errori e le discordanze, e per seguire l’originale inizia a studiare l’ebraico. Alla fine, convintosi che Gesù non può essere il Messia, vuole diventare ebreo e così i suoi.
A 46 anni Segundo apre così una nuova fase della sua vita, forse la più difficile. La comunità ebraica di Lima rifiuta di accoglierli ma il gruppo, che prenderà il nome di Bnei Moshe, non si dà per vinto. Con un pugno di libri, di quelli che nella comunità usano per preparare i ragazzi al bar mitzvah, studia le usanze e le preghiere, i precetti e le feste e rispetta con scrupolo le regole. Sorretti dalla speranza di una conversione ortodossa, perché tali si sentono, i Bnei Moshe declinano negli anni le offerte dei rabbini conservative e tempestano di lettere le comunità ebraiche e i rabbini in Israele.
Gli anni Ottanta li trovano a Trujillo, sulla costa. Il Perù è devastato dalla crisi economica e vivono in povertà, sorretti da un’osservanza così rigorosa e piena di gioia da commuovere i visitatori. Spesso manca loro il necessario, eppure riversano il poco che hanno nella costruzione di una sinagoga.
All’arrivo degli inviati da Israele, l’edificio ha quattro mura e un Aron HaKodesh scolpito da Segundo. All’interno, un rotolo della Torah composto da una serie di fotocopie amorosamente incollate a un tessuto – il costo di un Sefer Torah kasher è totalmente fuori della loro portata. Non hanno ancora trovato i soldi per un tetto quando il 17 agosto 1989, dopo ripetuti incontri, il tribunale rabbinico li sottopone all’esame e converte 160 di loro.
Sei mesi dopo Segundo, che ha preso il nome di Zerubbabel Tzidkiya, arriva in Israele e con lui un primo gruppo. Si stabiliscono insieme nella West Bank, prima a Elon Moreh e poi a Kfar Tapuach. Seguiranno altre due ondate di immigrazione dal Perù, finché nel 2006 Israele metterà un freno a un’aliyah che ormai sembra aver smarrito la vocazione ebraica originale ed essere diventata piuttosto una ricerca di opportunità economiche. Quanto a Villanueva, la sua inquietudine rimane accesa e negli ultimi anni si avvicina alle esperienze dei caraiti e dei samaritani. Nel 2008 trova sepoltura sul Monte degli olivi a Gerusalemme.

d.g

(Nell’immagine: Agustín Araujo, commesso viaggiatore e leader degli ebrei di Cajamarca, 2004)