Ebraico, un miracolo moderno
Nel 1918 nell’introduzione al suo Dizionario della lingua ebraica Eliezer Ben-Yehuda scriveva: “Tanto più gli ebrei non possono essere una nazione viva se non rientrando nella patria dei loro avi, così non possono essere un popolo vivo, se non rientrando della lingua dei loro avi e utilizzandola non solamente per i loro libri, per le cose sacre o per la filosofia, ma anche nella lingua di tutti i giorni dei grandi e dei piccini, delle donne e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze, per tutte le cose della vita, in tutte le ore del giorno e della notte, come fanno tutti i popoli che parlano la propria lingua”. A distanza di 100 anni da quella pubblicazione, l’ebraico è oggi una lingua parlata quotidianamente da alcuni milioni di donne e uomini in Israele, “grandi e piccini” e grande merito per questo va riconosciuto proprio a Eliezer Ben-Yehuda. Fu lui il pioniere dell’ebraico moderno e a lui è dedicato il Giorno della lingua ebraica (יום הלשון העברית) che si celebra oggi in Israele e coincide con i 160 anni dalla nascita di Ben Yehuda. E per l’occasione l’Accademia della lingua ebraica di Gerusalemme ha lanciato un’iniziativa rivolta al pubblico chiedendo di indicare la propria parola preferita in ebraico. Lo scorso anno, durante le celebrazioni della giornata, il Presidente d’Israele Reuven Rivlin aveva definito l’ebraico un “miracolo moderno”. Come scriveva rav Avraham Kook, ideologo del sionismo religioso (citato da rav Giuseppe Momigliano in un articolo pubblicato su Pagine Ebraiche): “Pur essendo presente nella lingua sacra un carattere intrinseco di santità, tuttavia questa peculiarità si manifesta essenzialmente attraverso il contenuto, prova ne sia che è consentito parlare ( in ebraico) di argomenti profani anche in luoghi nei quali (per l’uso del locale o per mancanza di condizioni igieniche) non è consentito conversare di argomenti di Torah; sussiste però una speciale predilezione per l’ebraico, in quanto essa è la nostra lingua nazionale ed è attraverso di essa che si esprime l’affetto (di D.O) verso il nostro popolo”. Penso che nel momento in cui riflettiamo sul valore della lingua ebraica quale mezzo per rafforzare la nostra identità ebraica nel contesto concreto delle nostre comunità, dobbiamo recepire qualcosa di questi diversi stimoli, anche quando ci giungono da settori diversi; la lingua ebraica è certamente uno strumento essenziale per conservare le nostre peculiarità identitarie, per accedere direttamente, in modo attivo e consapevole, ai testi sacri e alle preghiere ma anche alle espressioni della moderna letteratura ebraica, dei giornali e dell’informazione d’Israele, uno strumento quindi che, come ai tempi del primo galut in Egitto, ci aiuta a mantenere l’ebraismo anche quando si affievolisce il sentimento religioso; la conoscenza dell’ebraico è un modo per esprimere il nostro forte legame con lo stato d’Israele, collocandoci nell’ambito del sentimento condiviso dalla maggior parte del pubblico delle nostre comunità, o per lo meno non apertamente contestato, nello spirito per cui ogni shabbat viene recitata nelle nostre sinagoghe la preghiera che definisce Israele come “Reshit zemichat gheulatenu – Inizio della fioritura della nostra redenzione”.