Ucraina, nessuna tregua
Putin aveva annunciato una tregua unilaterale in Ucraina per celebrare il Natale ortodosso. Ma lo stesso esercito russo non l’ha rispettata, proseguendo negli anni attacchi, come raccontano oggi i diversi quotidiani. “Nel Donbass la storia delle tregue violate dalla Russia risale fino al 2014”, racconta Repubblica. “Il cessate il fuoco che non c’era”, titola il Corriere, segnalando come secondo i servizi ucraini Putin abbia nel frattempo mobilitato altri 500mila soldati e si stia preparando a nuovo grande attacco contro le forze di Kiev. Il quotidiano descrive il presidente russo come “sempre più solo e confuso”, indeciso se avviare i negoziati o proseguire con una guerra totale. Rispetto alle trattative, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, sempre al Corriere, evidenzia come ci siano “alcuni attori internazionali come Cina, Turchia e Stati Uniti che potrebbero fare la differenza a livello diplomatico, ma reali manifestazioni di aperture da parte russa non ci sono al momento”. Per quanto riguarda gli aiuti militari, Tajani spiega che prima dell’invio del “sesto pacchetto di difesa” ci sarà un’informazione al Parlamento. Inoltre il governo sta “discutendo anche con i francesi per perfezionare dal punto di vista tecnico l’invio di sistemi di difesa aerea che si basano su tecnologie congiunte fra Roma e Parigi”.
Il nuovo speaker della Camera Usa. Alla quindicesima votazione Kevin McCarthy è stato eletto dai repubblicani come nuovo speaker della Camera. Ma il risultato è arrivato dopo molte concessioni all’ultradestra di cui McCarthy, sottolineano Stampa e Repubblica, rischia ora di essere ostaggio. Il Corriere racconta le concitate ore che hanno portato alla sua elezione con continui ostruzionismi interni al partito repubblicano. Ad esempio: “Marjorie Taylor Greene, che appoggiava McCarthy e che una volta suggerì che gli incendi in California siano stati causati da un laser sparato dallo spazio controllato da banchieri ebrei, ha cercato di passare al telefono D.T. (Donald Trump) in persona al ribelle del Montana Matt Rosendale, ma lui ha rifiutato”. Poi alla fine si è arrivati all’accordo, ma, sottolinea Lucia Annunziata, il fatto che nemmeno Trump sia riuscito a influenzare “i ribelli” dimostra come il partito repubblicano sia segnato da fratture interne.
Iran, nuove esecuzioni. Mohammed Mahdi Karami e Seyyed Mohammed Hosseini, di 21 e 39 anni, sono le due nuove vittime ufficiali del regime iraniano. Il primo era un giovane campione di karate, il secondo un maestro di arti marziali per bambini. Sono stati impiccati dopo processi farsa, denunciano famiglie e ong, con l’accusa di aver partecipato all’uccisione di un paramilitare. I volti di Karami e Hosseini si trovano oggi su diverse prime pagine. “Senza difesa al patibolo”, scrive la Stampa, che a dicembre aveva lanciato una petizione per salvare la vita a una manifestante, Fahimeh Karimi, e per chiedere di fermare la repressione. Il quotidiano annuncia che le 300mila firme raccolte verranno simbolicamente portate oggi davanti all’ambasciata iraniana. Sempre su La Stampa l’appello, a firma di Farian Sabahi, all’Europa affinché inserisca i pasdaran nella lista dei terroristi. Nel frattempo, racconta Domani, il regime ha nominato proprio un ex pasdaran alla guida della polizia iraniana con l’obiettivo di reprimere ancora di più ogni protesta. Ahmadreza Radan il nome del nuovo capo della polizia, sanzionato più volte sia dal governo degli Stati Uniti sia dall’Unione europea. Radan, spiega Domani, è “considerato uno degli uomini chiave nella formazione della ‘polizia della moralità’, istituita dall’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2005. Negli anni, la polizia della moralità è stata accusata di aver violato i diritti delle donne e di applicare una legge che lede i diritti e le libertà dei cittadini”.
Conti con il passato. “Abbiamo un presidente come Sergio Mattarella che è stato il primo a chiedere scusa agli ebrei italiani, dopo tanti anni di silenzio. Quello che mi rode dentro, però, è la mancanza di autocoscienza. L’Italia in questa storia non è stata vittima, è stata complice. E la responsabilità delle leggi razziali non è mai stata affrontata: la maggioranza le ha accettate queste leggi, non le ha rifiutate. C’è chi ha aiutato, chi ha nascosto e protetto degli ebrei. Ma lo ha fatto in un sistema che aveva creato o accettato”. Così Lia Levi intervistata dal settimanale Oggi alla vigilia dell’uscita del suo ultimo libro, Tutto quello che non avevo capito. Una bambina e basta cresce (HarperCollins).
L’ospedale mobile del Negev. Il settimanale Specchio segue il lavoro dell’ambulatorio mobile dell’Holy Family Hospital di Betlemme che si occupa di prestare servizi sanitari nel Negev. “Una volta a settimana, ogni giovedì mattina, l’infermiera cristiano-ortodossa Vera Bannoura, la ginecologa Hedeel Aourna e il pediatra Mo’tasem Hroub, musulmani, portano assistenza medica, esami di laboratorio, screening ginecologici e tumorali a decine di donne, madri, bambini e bambine delle comunità beduine”, riporta Specchio.
Il bilancio di quattro Biennali. Lo fa il Sole 24 Ore prendendo in esame la Biennale di Venezia, la Documenta di Kassel, la Biennale di Istanbul e la Biennale di Lione. Tutte, spiega il quotidiano, hanno avuto un incremento di pubblico. Anche “Documenta se l’è cavata al di sopra delle previsioni, con una diminuzione solo del 17% rispetto all’edizione di cinque anni fa, poca cosa se si considera che la mostra è nata nella sfiducia della stampa, ha costretto la sua presidente a dimettersi per un episodio di antisemitismo e ha proposto al pubblico una maratona esteticamente indigesta”.
In mostra. Alle Gallerie d’Italia di Torino è esposta la mostra intitolata “Lisetta Carmi. Suonare Forte”, dedicata agli scatti della celebre fotografa. L’Espresso si sofferma in particolare sui ritratti – esposti a Torino e al centro di un nuovo libro – che Carmi scattò ad alcuni travestiti a Genova nel 1965. “A quei tempi – scrive L’Espresso – non era né scontato né facile essere un travestito e una come Lisetta Carmi, che proveniva da una famiglia ebrea benestante e colta, decise che di quelle esistenze, di quei volti e di quei corpi ne avrebbe fatto tesoro rappresentandoli al meglio. Una come lei, costretta a lasciare la scuola a quattordici anni, nel 1938, per le leggi razziali e le persecuzioni fasciste, sapeva molto bene cosa volesse dire essere un’emarginata. ‘Gli ebrei conoscono la sofferenza e credo di dovere al fatto di essere ebrea la comprensione che in tutta la vita ho avuto per chi soffre’”.
Daniel Reichel