Dick Savitt (1927-2023)

Non aveva mai preso una lezione “ufficiale” da alcun maestro, un perfetto autodidatta. Eppure il talento e l’estro di Dick Savitt furono tali da portarlo là dove ogni tennista sogna di arrivare un giorno: a Wimbledon, sul campo più celebre del mondo. E non come comparsa in un torneo che era già leggenda ma con il ruolo di assoluto protagonista, tanto da risultarne alla fine il vincitore.
Un’impresa con pochi eguali nella storia dello sport quella realizzata dall’autodidatta Savitt, originario di New York, il cui primo amore non era stata la racchetta bensì la pallacanestro. Era l’estate del 1951, Savitt aveva 24 anni e a celebrare il suo trionfo in terra inglese, che l’avrebbe proiettato ai vertici del ranking internazionale, sarebbe arrivata un’ulteriore consacrazione: una copertina del Time con il suo volto sorridente in primo piano. Mai simile onore era toccato a un atleta ebreo, ricordano vari giornali nel raccontarne la scomparsa.
“Ho giocato molto a Central Park e anche sui campi in terra battuta della 96esima strada. Conoscevo il ragazzo che li gestiva, quindi sapeva già a che ora sarei arrivato per tenermi da parte il campo. Non ho mai dovuto aspettare. Molte persone mi guardavano giocare” avrebbe raccontato anni dopo al New York Times, facendo apparire come normale qualcosa di veramente straordinario e inusuale.
Ritiratosi giovanissimo, appena l’anno successivo, non avrebbe mancato di dare spettacolo in altri tornei e circostanze, contribuendo anche allo sviluppo di un movimento tennistico in Israele e conquistando due ori alle Maccabiadi. Peter S. Horvitz, autore dell’almanacco “The Big Book of Jewish Sports Heroes: An Illustrated Compendium of Sports History and The 150 Greatest Jewish Sports Stars”, ha inserito il suo nome al nono posto della graduatoria di ogni epoca e nazione. Il primo tra i tennisti, naturalmente.