Stolpersteine, monumenti
contro l’oblio

Per spiegare il significato delle sue Stolpersteine, le Pietre d’inciampo disseminate in tutta Europa, l’artista tedesco Gunter Demnig ha più volte parafrasato il Talmud. “Una persona non viene dimenticata finché non viene dimenticato il suo nome”. Da oltre trent’anni Demnig è impegnato a restituire con le sue pietre – cubi di ottone di dieci centimetri per dieci in cui sono incise le informazioni biografiche essenziali – un nome a migliaia di vittime del nazifascismo, incastonandole nei marciapiedi di centinaia di città. Di solito davanti alla porta di quella che fu la loro ultima casa.
Presto Demnig posizionerà la 100millesima pietra d’inciampo. Un traguardo significativo quanto tragico per un progetto di Memoria diffusa che coinvolge ventotto paesi. L’Italia, come dimostrano le installazioni previste anche quest’anno in molte località del paese, ha aderito da tempo. Da Trieste a Roma, le Stolpersteine – che portano i nomi, le date e i luoghi di nascita e di morte delle persone assassinate – rappresentano delle tombe ideali per le vittime rimaste senza sepoltura e un’occasione per ricostruirne volti, storie, legami familiari. In queste ore ad esempio è accaduto a Torino dove l’artista tedesco ha posizionato tredici nuovi sampietrini.
A Torino, peraltro, l’Accademia delle Belle Arti ha voluto conferire a Demnig nel 2022 il titolo di Accademico d’Onore in ragione della rilevanza del suo lavoro di arte pubblica. Un attestato consegnatoli di persona quest’anno con una cerimonia pubblica.
“Ci sono molti motivi per segnalare l’eccezionalità dell’operazione artistica e della figura di Gunter Demnig – spiegava Roberto Mastroianni, presidente del Museo Diffuso della Resistenza, nella pubblicazione dedicata al conferimento della laurea honoris causa – tra i quali ci preme sottolineare la continua attività di contrasto al ‘negazionismo’ portato avanti dall’artista e la capacità di mettere in atto un dispositivo estetico e memoriale diffuso e partecipato che prende le forme del più grande monumento europeo alle vittime della deportazione e dello sterminio nazifascista”.
Come in altre città, tra le realtà che hanno adottato a Torino le Stolpersteine e sostengono convintamente il progetto c’è la Comunità ebraica. “Queste pietre, – la riflessione di Dario Disegni, presidente della Comunità di Torino – che ormai si contano in decine di migliaia e che ogni anno si incrementano per restituire una individualità e ricostruire la vicenda umana di chi si voleva ridurre a un numero, ci richiamano a un compito irrinunciabile: quello di ricordare e di educare coloro che non sanno, coloro che hanno dimenticato o che hanno conservato un’immagine sbiadita ed edulcorata di quella tragedia, coloro che la banalizzano paragonandola scelleratamente a situazioni che stiamo vivendo in questo difficile periodo, al fine di stimolare un impegno civile e morale contro i fenomeni di intolleranza, di razzismo e di antisemitismo, che purtroppo oggi stanno riemergendo minacciosi nel mondo, in Europa e nel nostro Paese”.
Per Demnig uno degli obiettivi principali è sempre stato il coinvolgimento dei giovani. Da uno di loro racconta è venuta una buona sintesi del significato del suo impegno. “Mi chiedono spesso lumi su questo termine, sul concetto di Stolpersteine (Pietre d’Inciampo). È difficile da tradurre. – spiegava l’artista in un contributo inviato all’Accademia delle Belle Arti di Torino – Non rende l’idea né in inglese né in francese, ma penso che in italiano si possa comprendere abbastanza bene. Non so con precisione, come mi sia venuto in mente. Una volta uno studente delle superiori ha dato una bella definizione. Dopo la posa di una pietra è stato intervistato da un giornalista che gli ha chiesto: non sono pericolose le Pietre d’Inciampo? Si rischia di cadere. Il ragazzo gli ha risposto: no, non si cade. Ci si inciampa con la testa e con il cuore”.

(Nell’immagine in alto, Gunter Demnig con il diploma di Accademico d’Onore. Da sinistra Alberto Sinigaglia, presidente del Polo del 900; Daniele Valle, presidente del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale Piemonte; l’assessore regionale alla Cultura Vittoria Poggio; il presidente dell’Accademia Albertina Paola Gribaudo e il direttore Edoardo Di Mauro; Roberto Mastroianni, presidente del Museo Diffuso Resistenza; la direttrice del Goethe Institut, Roberta Canu; l’assessore comunale alla Cultura Rosanna Purchia e il presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni)