Vanda, Nella e Gina
pietre nella Memoria di Torino

“Accanto a me, serrata come me fra corpo e corpo, era stata per tutto il viaggio una donna. Ci conoscevamo da molti anni, e la sventura ci aveva colti insieme, ma poco sapevamo l’uno dell’altra. Ci dicemmo allora, nell’ora della decisione, cose che non si dicono fra i vivi. Ci salutammo, e fu breve; ciascuno salutò nell’altro la vita. Non avevamo più paura”. La donna di cui scrive Primo Levi in questo passaggio di Se questo è un uomo è Vanda Maestro. Con lei Levi aveva condiviso non solo una lunga amicizia, ma anche la scelta partigiana. I due, assieme all’altra amica Luciana Nissim, salirono in Valle d’Aosta dopo l’8 settembre per unirsi alla Resistenza. Un’esperienza tragicamente breve: Levi, Nissim e Maestro il 13 dicembre del 1943 furono catturati dai fascisti durante un rastrellamento. Trasferiti al campo di concentramento di Fossoli vi rimarranno fino al 22 febbraio 1944 quando con altre 600 persone verranno deportati ad Auschwitz. Levi e Nissim faranno ritorno. Maestro sarà invece assassinata nelle camere a gas il 30 ottobre 1944. A lei è dedicata una delle Pietre d’inciampo che in queste ore sono state installate a Torino. Qui era nata nel 1919. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Alfieri, si laureerà all’Università di Genova in Chimica. Altro elemento in comune con l’amico Levi. Quando insieme si unirono ai partigiani in Valle d’Aosta, Maestro aveva 24 anni. “Chi la vide allora, – scriverà Levi in un testo pubblicato nel 1953 – su per quei sentieri già sepolti sotto la neve, non ne può dimenticare il viso minuto e gentile, segnato dallo sforzo fisico e da una più profonda tensione: poiché per lei, come per i migliori di quel tempo e di quella condizione, la scelta non era stata facile, né gioiosa, né priva di problemi. Orfana precocemente della madre, Vanda era dominata, e spesso sopraffatta, da una sensibilità estremamente sottile, che le concedeva di leggere i più riposti pensieri di chi la circondava. La sua mente era sincera e diritta, ed ignorava, o disdegnava, tutti quegli artifizi, quelle nebbie, quelle volute dimenticanze ed illusioni con le quali ci si difende alla meglio dalle offese del mondo. Perciò nessuno era più di lei esposto alla sofferenza, e per la sofferenza aveva una capacità quasi illimitata”. Parole di ricordo di un amico che in queste ore sono tornate a risuonare in Corso Marconi 11, nel cuore di Torino, dove d’ora in avanti trova posto la Pietra d’inciampo dedicata a Vanda Maestro. A poca distanza altri due nomi segnano da oggi i marciapiedi della città: quelli di Nella Rocca e Gina Sbrana, nonna e madre di rav Giuseppe Laras, presidente emerito dell’Assemblea Rabbinica Italiana.
Il 2 ottobre del 1944, dopo una delazione, due SS italiane si presentarono a casa di Nella Rocca, in via Madama Cristina 18. Nella lista l’unico nominativo era il suo, ma nella retata furono catturati anche la figlia Gina e il nipotino di nove anni, Giuseppe. Per salvarlo, le due donne offrirono del denaro alle SS. Una volta per strada, secondo l’accordo, il piccolo avrebbe dovuto abbandonare il gruppo, diretto al comando cittadino della Gestapo, per raggiungere la casa di una lontana parente in città. Nel punto in cui doveva avvenire il distacco, gli aguzzini però mantengono salda la stretta su Giuseppe. Con uno strattone il bambino riuscirà a divincolarsi dalla presa, fuggendo da solo nel cuore di Torino. Alle spalle, la madre e la nonna che non rivedrà mai più, assassinate nel campo di concentramento di Ravensbrück. “Ricordo l’ultimo rapido sguardo con mia mamma, che mai più rividi, e ricordo la corsa disperata, sconvolto, per trovare un luogo sicuro per nascondermi. – scriverà rav Laras in un intervento del 2017, anno della sua scomparsa – Ricordo che rimasi muto per oltre sei mesi. Era bella mia madre, era la mia mamma. Era bella la nostra famiglia, con l’enormità di vita che è dolcemente ascosa e sintetizzata dalla parola ‘famiglia’. Era bella la fanciullezza. Il due ottobre del 1944, a nove anni, persi tutto questo. Fu una perdita irreversibile”.
Altre dieci Pietre d’inciampo sono state poste in queste ore a Torino dedicate a Evelina Valabrega, Anselmo, Ercole, Ida e Pasqua Jachi (Via Giuseppe Baretti 31); Nicola Battista (Via Eusebio Bava 47); Isacco Cohen (Via San Pio V 28); Marco Norzi (Via Gaeta 18); Valentino Merlo (Via Breglio 38) e Bortolo Gatti (Via Venaria 97).

(In alto l’apposizione della Pietra dedicata a Vanda Maestro. A scattarla, Sofia Gili, studentessa del liceo classico Alfieri, lo stesso frequentato da Maestro)