La strage di Dnipro
Un ordigno sovietico pensato per affondare una portaerei è stato sganciato sabato dall’esercito russo su un edificio di 72 appartamenti a Dnipro. Al momento le vittime accertate sono 29, ma si teme un bilancio ancor più grave. Il Corriere della Sera ricostruisce alcune delle storie delle vittime: “Olga Usova e Iryna Solomatenko. Sono dentiste, sono state assieme su un autobus attrezzato a studio dentistico vicino alla prima linea. Iryna ha due figli, all’inizio della guerra era scappata in Polonia, ma poi è rientrata. Olga ha un bimbo di tre anni. E profuga da Donetsk, dal 2014 quando i filorussi presero il controllo della capitale del Donbass. Le due amiche stanno andando nella palestra dove a volte fa lezione anche Mykhailo Korenovsky, maestro della Federazione pugilistica ucraina”. Tutti e tre vengono uccisi dalla bomba russa. Da Mosca, sottolinea il Corriere, l’unico commento che è arrivato è quello del portavoce della Difesa che ha parlato di “un attacco perfettamente riuscito alle strutture di comando e controllo nemiche e alle infrastrutture energetiche”. “Della strage del condominio di Dnipro non una parola, neppure l’odiosa formula del ‘danno collaterale’. – commenta il quotidiano – Così come non un cenno all’ospedale di Kherson, bombardato ieri, dove sono stati distrutti anche gli uffici della Croce Rossa e ferite due persone. D’altra parte, assicura il presidente russo Putin ‘tutto procede come programmato’”.
Nelle stesse pagine il Corriere analizza il significato della brutalità di sabato: “Mosca ha molti ordigni a disposizione; agli ucraini servono contromisure; la campagna di terrore continua a essere uno dei pilastri della strategia di Putin”. Rispetto alle contromisure, si parla dell’arrivo di batterie Patriot da Usa e Germania per intercettare i missili russi. “Altri apparati devono coprire quote basse e medie così come ingaggiare i droni-kamikaze, in particolare gli Shahed iraniani. Israele ha fatto trapelare l’indiscrezione della sua assistenza tecnologica in favore di Kiev”. Ma, scrive il quotidiano, l’Ucraina ha bisogno di più artiglieria per fronteggiare l’assalto di Mosca.
La giustizia e il futuro d’Israele. Sui quotidiani italiani si continua a parlare della grande manifestazione andata in scena a Tel Aviv sabato sera per contestare la riforma della giustizia promossa dal nuovo governo Netanyahu. “Tra i punti proposti dal Ministro della Giustizia Yariv Levin, – spiega Repubblica – c’è il quasi azzeramento della possibilità del tribunale supremo di bocciare le leggi approvate dalla Knesset perché in contrasto con le leggi fondamentali dello stato (che fungono da costituzione informale), la modifica della composizione della commissione incaricata di nominare i giudici a tutti i livelli per conferire la maggioranza dei suoi membri alle forze di governo e la proibizione di utilizzare il criterio di ragionevolezza per annullare atti amministrativi a livello locale e nazionale”. Una riforma contestata anche dalle più alte cariche della magistratura. “Le norme rappresenterebbero un colpo mortale all’identità democratica della nazione”, la denuncia dell’attuale presidente della Corte Suprema Esther Hayut, a cui dà evidenza il Corriere della Sera. Sulla stessa linea, evidenzia il quotidiano, Gali Baharav-Miara, procuratrice generale dello Stato e consigliere legale del governo. “Netanyahu – scrive Repubblica – minimizza la portata delle proteste, ricordando come alle elezioni, abbiano partecipato non decine di migliaia ma milioni di cittadini. Niente retromarce dunque”.
La repressione delle donne afghane. “Vietare lo sport è solo l’ultimo atto del regime talebano che le ha recluse definitivamente in casa. Niente scuola, lavoro e parchi”, racconta La Stampa per descrivere la condizione delle donne afghane, vittime della repressione talebana. “Dopo aver preso il potere sedici mesi fa, – si legge – i talebani hanno dichiarato che avrebbero riorganizzato l’istruzione femminile rispettando il diritto delle giovani di frequentare le scuole. Garanzia disattesa. Non solo le giovani non sono mai tornate a scuola, ma è stato loro imposto un guardiano per uscire di casa, non possono entrare nei parchi, nelle palestre, le loro possibilità di lavorare fuori casa sono state progressivamente compromesse fino al divieto, il mese scorso, di essere assunte nelle ong che ancora, con fatica, operano nel Paese, un passo che sta paralizzando l’accesso agli aiuti umanitari da cui il Paese dipende”.
Regeni. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, ha voluto ricordare ieri Giulio Regeni, nel giorno in cui avrebbe compiuto 35 anni. “L’Europarlamento non si fermerà finché non emergerà tutta la verità e finché non sarà fatta giustizia”, ha dichiarato Metsola (Repubblica).
Memoria digitale. Raccogliere e divulgare testimonianze e documenti atti a delineare l’impatto che le cosiddette le lei razziali del regime fascista ebbero sulla comunità scientifica e accademica italiana: è l’obiettivo dell’accordo firmato nei giorni scorsi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dal Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr), dall’Accademia Nazionale dei Lincei, dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) e dalla Comunità Ebraica di Roma (Cer). La collaborazione, segnalano Corriere e Libero, andrà a implementare la piattaforma “Pagina della memoria” inaugurata dall’Ingv nel gennaio 2022 proprio con lo scopo di studiare, raccogliere e divulgare testimonianze e documentazione relativi ai cittadini di religione e/o origine ebraica, congedati, dispensati, espulsi o allontanati dagli Enti di Ricerca, dalle Università e dalle Accademie italiane.
Antisemitismo allo stadio. Per l’ennesima volta un coro antisemita è stato intonato in uno stadio italiano. Questa volta al Mapei Stadium di Reggio Emilia dai tifosi della Lazio. Lo raccontano il Messaggero e Repubblica.
Shoah. “Con la Shoah si voleva eliminare una pagina del libro della vita”, scrive lo storico Daniele Susini su Domani, analizzando i diversi aspetti del genocidio ebraico. “La definizione della Shoah come l’uccisione fisica degli ebrei è giusta, – scrive Susini – ma incompleta, dal momento che l’obiettivo dei nazisti ambiva alla totale cancellazione dell’ebraismo sulla terra, in ogni sua forma come a strappare via una pagina dal libro della vita. Degli ebrei andavano distrutti i corpi e tutto ciò che avevano generato, socialmente, culturalmente, religiosamente”. Sul tema della Shoah e della Memoria riflette anche il presidente di Gariwo Gabriele Nissim sul Foglio in un lungo articolo intitolato: “Le trappole che ci impediscono di comprendere il tentativo di genocidio in Ucraina”. In uno dei passaggi Nissim scrive: “Se uno studente in una classe nel Giorno della memoria non capisce che quanto accaduto a un ebreo potrebbe capitare un giorno anche a lui in qualsiasi parte del mondo, non sentirà più il bisogno di diventare parte di una catena della memoria e non si porrà domande sul suo futuro. La memoria diventerà così un obbligo fastidioso e non più un impegno morale. Di conseguenza, come spesso accade nelle scuole, scatterà un meccanismo inconscio di rifiuto”.
Daniel Reichel