Teatro Parenti, 50 anni per la cultura

Il 16 gennaio 1973 aprì al pubblico il Salone Pier Lombardo, una grande spazio teatrale ricavato nei locali dell’ex cinema Continental di via Pier Lombardo. In scena l’Ambleto, variazione di Shakespeare firmata dal giornalista, scrittore e drammaturgo Giovanni Testori. Sul palco, protagonista, Franco Parenti. Alla regia Andrée Ruth Shammah. È una scelta coraggiosa e provocatoria, raccontano i quotidiani dell’epoca. E sarà una delle linee di continuità del teatro, che conquista gradualmente spazio e gradimento. Nel 1989 cambierà nome, diventando il Franco Parenti, scomparso proprio quell’anno. Ma non modificherà il suo continuo desiderio di innovare. Del resto, come aveva spiegato a Pagine Ebraiche Shammah, la cultura deve rompere gli schemi. E così ha fatto il suo teatro per cinquant’anni. Per mezzo secolo ha proposto nuove idee teatrali, ha aperto al confronto con la città, ha aperto spazi di dibattito e divertimento. “Bisogna far convivere le anime, costruire sul classico una decalcomania senza farne pezzo d’antiquariato ma rinnovandolo col talento giovane. Ogni spazio di questo teatro muta di continuo, ma vive delle memorie del sottosuolo teatrale, delle sue coincidenze meravigliose. Come il 16 gennaio 73, quando aprimmo il Salone Pier Lombardo e ci fu l’incontro degli ‘scarrozzanti’ Parenti e Testori, senza il quale né l’uno né l’altro sarebbero stati gli stessi nella storia incrociata di artisti in cerca di un linguaggio che portava con sé un inventivo modo di trasmettere emozioni”. Del suo incontro con Testori, la direttrice del Parenti ricorderà come a far incrociare le loro strade non sarà il lavoro. “Papà faceva investimenti nel mondo dell’arte, Giovanni era un appassionato di pittura. Per anni sono andata nello studio di Testori, in via Brera, nel pomeriggio. Caffè, conversazioni su arte e teatro. Fu il mio apprendistato di ragazza ebrea ma allieva di una scuola cattolica, milanese ma di origini aleppine”, il racconto di Shammah, la cui famiglia scappò alla fine degli anni Quaranta dalla Siria antisemita. Trovarono rifugio a Milano, di cui oggi la regista è considerata uno dei punti di riferimento culturali. In un recente intervento Shammah spiegava la prospettiva con cui ha portato avanti la direzione del Parenti. “In questi anni ho cercato di proporre al nostro pubblico spettacoli che con intelligenza parlassero di sentimenti riconoscibili con un linguaggio il più fresco possibile. I risultati sono stati straordinari perché le nostre sale sono sempre mediamente piene e di un mondo variegato e interessantissimo che sarebbe un crimine perdere in futuro anche se, cosa diventerà in futuro la nostra Milano è difficile da immaginare”. Ne farà parte il Parenti, che nel frattempo festeggia il suo mezzo secolo con un programma in cui non mancano riferimenti al mondo ebraico: dallo spettacolo dedicato al cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal alla messa in scena della leggenda del santo bevitore di Joseph Roth.