“Isaia, parole profetiche
che indicano una strada”
Decine di incontri in tutta Italia ad animare la 34esima edizione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei dedicata quest’anno al brano profetico di Isaia 40: “Consolate, consolate il mio popolo”. A confrontarsi nel merito rabbini, studiosi, esponenti del clero. “Il popolo di Israele, pur colpito da sciagure, sa che dopo il lutto viene la consolazione, la vita riprende, il legame con il Signore torna ad esprimersi su toni più sereni, nell’attesa fiduciosa della completa redenzione, su questo percorso il messaggio è sempre valido”, scrive l’Assemblea dei Rabbini d’Italia in un testo approntato per la Giornata in svolgimento. Un messaggio particolare e al tempo stesso universale: “In questi ultimi anni sono successe tante cose negative e non ne siamo ancora venuti fuori. Il passo profetico indica una strada, una direzione, una consolazione, purché l’essere umano sappia mettersi in ascolto della voce del Signore e con tale guida comprenda quale è il suo ruolo e il suo compito”.
“La stagione che stiamo vivendo, segnata dall’auspicata uscita dalla pandemia che per lungo tempo ha fiaccato la vita del Paese, comprese le comunità di fede, ci spinge a interrogarci a fondo sulla nostra presenza nella società come uomini e donne credenti nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe”, sottolinea la commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI. In questo senso il passo di Isaia rappresenta “un annuncio di consolazione per il popolo, chiamato a stare saldo nella fiducia che il suo Signore non lo abbandonerà”. Possiamo avere fiducia nel futuro, si aggiunge, “perché la parola di Dio ci garantisce che egli è fedele; fondati in lui, troviamo la forza per dar credito alla vita ed essere fiduciosi, perché ci sentiamo preceduti e ‘superati’ dalla sua azione”.
Nell’occasione della Giornata è stato realizzato un sussidio che riporta anche un omaggio ad alcuni “testimoni” del Dialogo: tra loro l’ex rabbino capo di Roma rav Elio Toaff protagonista con Wojtyla della storica visita del papa polacco al Tempio Maggiore.
“Per capire la portata di quell’evento – si legge – è utile rifarsi alla cruda cronaca nazionale di quegli anni. Ad esempio, riportarsi a quel terribile 1982, quando – sulla spinta degli avvenimenti mediorientali, e del perdurare del conflitto israelopalestinese – prima, durante un corteo sindacale, viene deposta una bara nei pressi della sinagoga (con Toaff a denunciare, purtroppo profeticamente, il vento dell’odio); e qualche mese più tardi, il 9 ottobre, il piccolo Stefano Gaj Taché, due anni appena, è ucciso dalle schegge di una bomba, che fa inoltre 37 feriti, alla fine della cerimonia per la conclusione della festa di Sukkot, posta lì da terroristi palestinesi (significativamente, il presidente Mattarella, nel suo primo discorso di giuramento, ricorderà Stefano per nome, presentandolo come un nostro bambino, un bambino italiano)”. Il legame con Giovanni Paolo II, si ricorda, “doveva durare nel tempo, tanto che il nome del rabbino comparirà, unico con quello del suo segretario personale, nel testamento del pontefice; Toaff stesso sarà presente ai solenni funerali dell’amico cattolico”.