Da Venezia a Trieste,
nuove pietre per la Memoria
Proseguono nel Paese le cerimonie relative alle pose di nuove pietre d’inciampo. Ventiquattro quelle collocate in queste ore a Venezia, 15 invece a Trieste. Tra queste la prima mai installata in Italia per una cittadino di etnia rom e sinti, nel segno del percorso avviato dal progetto “Memoria a più voci” promosso dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia e dall’Unione delle Comunità Romanès.
“Un appuntamento con la storia per restituire un nome e un’identità ai cittadini veneziani deportati nei campi nazisti e per contrastare quei germi di odio e di intolleranza ancora presenti nella nostra società” le parole della presidente del Consiglio comunale Ermelinda Damiano nell’introdurre le pose in Laguna. Molti i giovani presenti. A loro si è rivolto il rabbino capo della città rav Alberto Sermoneta: “Non si può essere testimoni se non si conosce la storia: ricordatevi di informarvi, di chiedere, di fare domande, non vergognatevi. Le pietre di inciampo sono un punto di riferimento, sappiate riconoscerle, sappiate inciampare in esse per poter soffermarvi qualche istante sull’importanza di ricordare”. Presenti tra gli altri il vicepresidente della Comunità ebraica veneziana Paolo Navarro Dina, il direttore dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea Giovanni Sbordone, la sua presidente Giulia Albanese, Luisella Pavan-Woolfe direttrice del Consiglio d’Europa-Ufficio di Venezia, Petra Schaefer del Centro Tedesco di Studi Veneziani.
Partecipazione anche a Trieste, con l’intervento in apertura tra gli altri del sindaco Roberto Dipiazza, del presidente della Comunità ebraica Alessandro Salonichio e del rabbino capo Alexandre Meloni. “È molto significativa la presenza oggi di tanti giovani, in questa sesta edizione delle pietre d’inciampo triestine che ci vede tagliare il traguardo delle 100 pose sul territorio. Un segno importante di attenzione e partecipazione”, ha tra l’altro affermato Salonichio. Evocato dal rav Meloni un anniversario molto vicino nel calendario, quello del 20 gennaio, data in cui si svolse la Conferenza di Wannsee in cui fu decisa la cosiddetta “soluzione finale” del popolo ebraico.
Le 24 pietre d’inciampo veneziane ricordano: Aldo Salom, Arrigo Bernau, Eloisa Scandiani, Riccardo Marsiglio, Ettore Marella, Emma Vita, Marco Ettore Vita, Carlo Vitta, Clementina Polacco, Marco Rietti, Emma Saravalle, Regina Allegrina Navarro, Bellina Melli, Marco Jarach, Vittorio Nacamulli, Costanza Misano, Gina Nacamulli, Umberto Nacamulli, Samuele Leone Foà, Clementina Fano, Eloisa Ravà, Bruno Basso, Lidia Lopes Pegna, Luciano Mariani.
Le 15 pietre d’inciampo triestine: Maura Morpurgo, Emma Levi, Alessandro Revere, Dario David Acco, Elio Ades, Salomone Tiano, Darinka Piscanc, Romano Held, Alfredo Levi, Leone Vivante, Pacina Israel Vivante, Enrichetta Vivante, Felice Vivante, Davide Vivante, Renato Duse.
“Romano Held – ha ricostruito il ricercatore Stefano Pasta – era nato a San Pier d’Isonzo, il 21 gennaio 1927, da Alberto Held, un sinto italiano, e Maria Hudorovic, una romnì istriana. Gli Held sono una famiglia di musicisti che ha vissuto nella zona di Trieste fino a quando, negli anni Quaranta e in particolare dopo l’armistizio, si spostano sui monti sopra a Udine, nella zona di Fagagna, per sfuggire ai nazisti. Il 1 maggio 1944, Romano fu arrestato mentre si stava muovendo con la propria carovana, all’età di soli 17 anni, grazie alla delazione di un collaborazionista fascista. Come si legge nei documenti che con Luca Bravi abbiamo ritrovato all’Archivio di Stato di Udine, in quanto ‘girovago’ venne immediatamente condotto al carcere di Udine fino al 31 maggio 1944. Romano Held risulta sulla lista dei presenti sul convoglio partito da Trieste, il 31 maggio 1944, con destinazione Dachau (fermate intermedie a Udine e Gorizia). Giunto al lager il 2 giugno 1944, registrato con la matricola 69525. Viene liberato dall’armata americana a Dachau nell’aprile del 1945”. Tornato a Trieste, riprende l’attività familiare di musicista nelle principali piazze della città, tra cui piazza della Libertà. Anche a causa delle pessime condizioni di salute patite nel lager, morì a Trieste nel 1948, a soli 21 anni. Conclude Pasta: “La posa della prima pietra di inciampo d’Italia a un rom e sinto è l’esito di un percorso biennale. Sono molto contento di aver partecipato alle ricerche e al cammino per restituire una parte di memoria dimenticata, insieme a Luca Bravi, Simone Santoro, Gennaro Spinelli e Bernadette Fraioli”.
(La seconda foto, da Trieste, è di Giovanni Montenero)