Persecuzione e salvezza, i luoghi della Memoria

I viaggi della Memoria sono esperienze decisive nella formazione della coscienza civile di studenti e studentesse. Nella costruzione di una consapevolezza del significato della persecuzione. “Sappiamo quanto sia importante l’incontro fisico con il terreno, con le costruzioni, con i treni e le baracche”. L’organizzazione dei viaggi ad Auschwitz, spiega la coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo Milena Santerini, rimane quindi un punto fermo dell’educazione delle nuove generazioni. Ma altrettanto importante è portarli a conoscere i luoghi italiani della Shoah. Accompagnarli nei luoghi fisici della persecuzione e discriminazione compiuta nel nostro paese. “Per questo sono felice di dare notizia della recente nascita di una Rete italiana che li collega e che intende promuovere le visite delle scuole: il Memoriale della Shoah di Milano, il civico Museo della Risiera di San Sabba a Trieste, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara, la Fondazione Museo della Shoah di Roma, la Fondazione Fossoli a Carpi e il Museo internazionale della memoria Ferramonti di Tarsia (Cosenza)”. Un annuncio, quello di Santerini, fatto non a caso in apertura del seminario “I luoghi della Memoria per insegnare la Shoah”, organizzato dall’università Cattolica di Milano. Un’occasione per approfondire quali siano queste realtà, con particolare attenzione alla Lombardia.
“Dobbiamo far parlare questi luoghi, ma attraverso la mediazione delle parole giuste, della letteratura e della riflessione. Alberto Cavaglion recentemente, seguendo Martin Pollack, ha parlato di luoghi contaminati: in questi luoghi avvelenati non si può entrare con le consuete modalità di accesso”, il monito di Santerini. Non è sufficiente andare al Memoriale della Shoah o alla Risiera se poi si è indifferenti al messaggio e alla storia che contengono. Vale anche, ha sottolineato ancora la coordinatrice nella lotta all’antisemitismo, per quelle realtà positive come Sciesopoli o il Giardino dei Giusti. Per cui serve costruire una didattica attorno a questi luoghi, una riflessione che porti con sé un messaggio di unità nel condannare il nazifascismo e nel portare avanti i valori della Memoria, ha concluso Santerini.
“Due sono gli aspetti principali dei viaggi della Memoria: l’elemento conoscitivo e quello emotivo – ha spiegato nel corso del seminario Sira Fatucci, responsabile UCEI per Antisemitismo e Memoria della Shoah – Questi due elementi non si possono scindere. Inoltre per affrontare il tema della Shoah dobbiamo puntare sulla concretezza. E cosa c’è di più concreto di un viaggio? Attraversare un mondo ormai lontano da noi sia da un punto di vista temporale che spesso geografico”. Esperienze, ha aggiunto Fatucci, che vanno accompagnate con una didattica approfondita e in questo modo porteranno i giovani “a una crescita naturale, che rifiuterà l’orrore”.
Un orrore diffuso come raccontano le pietre d’inciampo ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig che da oltre dieci anni trovano spazio sui marciapiedi e le vie italiane, come ha raccontato Daniela Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah. Sampietrini in ottone che ricordano, con i dati biografici essenziali, i nomi di chi fu deportato dai nazifascisti e non fece più ritorno. “La volontà di ricordare queste persone ha prodotto la creazione di una rete di relazioni – ha spiegato Tedeschi -, con il coinvolgimento di comitati, istituti storici, scuole e ovviamente dell’artista. Questa rete di relazioni dà vita a un percorso virtuoso di Memoria e di coinvolgimento”. Le pietre d’inciampo – quasi centomila – sono dunque monumenti diffusi, dal basso, che aiutano a costruire una Memoria condivisa, ha rilevato ancora Tedeschi.
A fare un quadro della geografia della persecuzione ebraica a Milano è stata la responsabile didattica della Fondazione Cdec Patrizia Baldi, che dall’altro lato ha ricordato anche i luoghi della vita ebraica. Baldi ha infatti sottolineato come non si possa fare didattica della Shoah, e recarsi ad esempio al Memoriale, senza conoscere la storia della presenza ebraica in Italia e, in questo caso, a Milano. Per questo, ha concluso, è necessario anche visitare la sinagoga: “è il luogo, in questo caso, in cui la storia di questa città parla di un prima della comunità ebraica, di una realtà in crescita, poi segnata dagli anni della persecuzione, e parla al presente, dalla ricostruzione nel dopoguerra all’oggi”.
Rimanendo in città, il simbolo di cosa sia stata la persecuzione ebraica è certamente il Memoriale della Shoah, raccontato nella sua peculiarità da Saverio Colacicco, coordinatore delle attività didattiche della Fondazione del Memoriale. “Nessuno si aspetta di trovare in una stazione una realtà di questo tipo e infatti gli studenti rimangono stupiti nell’entrarci”. Da qui, da quello che era il binario 21, furono deportate centinaia di persone tra cui, il 30 gennaio 1944, la senatrice a vita Liliana Segre. “A differenza di altri luoghi della Memoria, il Memoriale attraverso il racconto dei suoi spazi ci conduce fino al baratro, fino al punto ultimo, il confine tra la vita e la morte delle persone che da lì sono partite verso i campi di sterminio. Ma racconta anche di tutti i passaggi precedenti, imprescindibili e fondamentali perché si potesse compiere la distruzione fisica delle persone”. Racconta dei passaggi della persecuzione e dell’indifferenza – la parola scolpita a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale – della città nei confronti del destino dei suoi concittadini, di altri esseri umani. Indifferenza che invee non ci fu nelle azioni dei Giusti, su cui lavora il Giardino ad essi dedicato al Monte Stella, presentato da Annamaria Samuelli. Attraverso l’esempio di chi scelse il bene, ha spiegato Samuelli, si presenta ai giovani l’alternativa davanti all’orrore. “L’auspicio è che queste storie di bene siano la pietra d’inciampo costruttiva, quella su cui si fonda la possibilità di coltivare la speranza”.
Altro esempio positivo, raccontato dallo storico Marco Cavallarin, è quello della Sciesopoli Ebraica di Selvino tra il 1945 e il 1948. Da colonia per “Figli della Lupa” e Balilla il luogo divenne un centro di accoglienza per bambini orfani sopravvissuti alla Shoah. Sciesopoli, colonia montana del comune di Selvino (Bergamo), ha raccontato Cavallarin, è diventato un simbolo del riscatto italiano nel dopoguerra, trasformandosi da struttura di propaganda fascista a luogo di solidarietà ed emblema della ricostruzione ebraica dopo la tragedia della persecuzione nazifascista. “È il luogo di una Memoria diversa, – ha spiegato Cavallarin – che racconta salvezza e testimonia come il male non sia completamente ineluttabile”.