Il futuro della Memoria

L’allarme di Liliana Segre – secondo la quale tra qualche anno sulla Shoah “ci sarà una riga sui libri di storia” e poi “nemmeno più quella” – continua a suscitare reazioni in chi in Italia si occupa di ricerca storica e trasmissione della Memoria. “Nel 2023 Segre teme la noia. E ha ragione. Noi temiamo, con lei, l’assuefazione, il rigetto magari per un sovrappeso di avvenimenti, l’insincerità di manifestazioni dovute e non sentite, la voglia di rimuovere il passato nella convinzione che ciò favorisca la costruzione del futuro” scrive Ferruccio De Bortoli, presidente onorario del Memoriale della Shoah di Milano, in un editoriale sulla prima pagina del Corriere. Sulla Stampa il pensiero di Edith Bruck: “Io non sono così pessimista come Liliana, porto la mia testimonianza da oltre sessant’anni, non credo di aver parlato e scritto a vuoto”. Una testimonianza “che è servita sicuramente, basta giudicare dalle migliaia di lettere e disegni che ricevo dai ragazzi di tutta Italia; io credo, in qualche misura, di aver cambiato qualcosa”. Non molto, afferma, “perché certamente non posso cambiare io il mondo, ma non penso che non resterà nulla di noi come sostiene Liliana”. Commentando le dichiarazioni della senatrice a vita con l’edizione milanese di Repubblica, il direttore della Fondazione CDEC Gadi Luzzatto Voghera solleva il tema dell’esistenza di una frattura tra conoscenza storica e agire civile “nel fatto che al governo ci siano esponenti di un partito con la fiamma tricolore nel logo, che è la fiamma che brucia sulla tomba di Mussolini, diretto responsabile della persecuzione e deportazione degli ebrei, oppure nel fatto che l’attuale presidente del Senato collezioni busti di Mussolini”. Dopodiché, aggiunge, “magari gli stessi personaggi vanno a mettere corone ai monumenti dei deportati della Shoah, ma c’è una contraddizione piuttosto evidente”.

Sul Corriere una riflessione di Gian Antonio Stella sulla “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini” che cadrà domani, in ricordo della battaglia di Nikolajewka del 26 gennaio 1943. Una scelta che viene qualificata come infelice, sia per l’evento individuato che per la sua vicinanza al Giorno della Memoria. Riporta il giornalista, in tema di leggi razziste: “Erano uno su mille gli ebrei italiani. Uno su cento gli ufficiali del regno. Per non dire di certe punte d’eccellenza. Sono quattordici, oggi, gli Jacchia sulle Pagine Bianche. Pochi meno di quanti vestirono la divisa prima d’esser buttati fuori come tutti gli ebrei non solo dalle Forze Armate (liquidati con un’indennità modestissima o una piccola pensione se avevano oltre 10 anni d’anzianità, come provano gli studi di Giorgio Fabre e Annalisa Capristo) ma perfino dal Club Alpino Italiano”. Club Alpino “che solo questo pomeriggio (sbalorditivo!), dopo 84 anni senza aver mai chiesto perdono salvo locali eccezioni, consegnerà alla Comunità ebraica di Roma e agli eredi di quanti furono espulsi le ‘tessere Cai alla memoria’; ‘figlie d’un percorso d’autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica’”. Riflessione storica, accusa Stella, “purtroppo monca l’anno scorso quando, nonostante i vertici degli stessi alpini si fossero dichiarati disponibili a scegliere date diverse, il Senato scelse come ‘Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini’ il 26 gennaio”.

“La Memoria contro l’odio”. Così il Piccolo nell’introdurre i numerosi eventi svoltisi a Trieste attorno all’inaugurazione della mostra “1938-1945. La persecuzione degli Ebrei in Italia. Documenti per una storia” della Fondazione CDEC alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Nella prima pagina del giornale una foto della visita alla Risiera di San Sabba che ha concluso la giornata. Il Corriere Roma, nel riferire della proiezione del documentario ‘Il respiro di Shlomo’ sulla vita di Shlomo Venezia, evento anch’esso patrocinato dalla Presidenza del Consiglio, parla di “Teatro dell’opera gremito di presenze istituzionali e internazionali”. Della serata scrive anche il Messaggero, che titola: “Memoria in musica che regala emozioni”. Da Torino a Napoli, da Milano a Firenze, le cronache locali segnalano gli appuntamenti più significativi di questi giorni tra installazioni, mostre e concerti. “Il Giorno della Memoria non è un momento dedicato alla carezza compassionevole verso gli ebrei: è un giorno di assunzione di responsabilità per tutti, cittadini e istituzioni, centrali e locali” le parole del rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni citate da Avvenire.
A Lucca l’amministrazione comunale di destra celebrerà insieme il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo. Un’iniziativa che ha suscitato sconcerto in molti. “Non è assolutamente giusto associare le due giornate, che sono ben diverse. Riunirle è come togliere del valore alla Giornata della Memoria” il commento del presidente della Comunità ebraica pisana Maurizio Gabbrielli (Repubblica Firenze).

Due proposte editoriali di Repubblica per il 27 gennaio. Si tratta del saggio di Michele Sarfatti ‘Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi’ e del graphic novel ‘Dov’è Anne Frank’ realizzato a quattro mani dal regista israeliano Ari Folman e dalla disegnatrice Lena Guberman. Tra le prerogative del primo, si legge, quello di spiegare “in maniera chiara e sintetica, ma scientificamente ineccepibile, le conseguenze delle leggi antiebraiche promulgate dal regime fascista”.
“Non sono uno storico e non ho voluto fare un libro di storia. Ma credo di essere un buon divulgatore e vedo che manca una visione globale della tragedia, si procede solo per stereotipi emozionali: il campo di concentramento è Auschwitz, il libro è Primo Levi, la sopravvissuta è Liliana Segre. La Shoah invece è una cosa enorme, che riguarda tutta l’umanità, va conosciuta nella sua globalità”. A dirlo al Corriere del Veneto è Davide Romanin Jacur, nel presentare il suo libro ‘KZ2’.
Il Corriere recensisce nelle pagine nazionali della Cultura il libro ‘Un ebreo in camicia nera’ di Paolo Salom. Tra le sue pagine il giornalista “racconta la storia vera della sua famiglia e di come il padre Marcello sia riuscito a salvarsi, in un modo ‘vergognoso’, dalla persecuzione nazifascista degli ebrei”. Sul Mattino un intervento di Nico Pirozzi, promotore dell’appello per cancellare il nome di Vittorio Emanuele III dalla Biblioteca Nazionale di Napoli a lui intitolata dal 1925. La sua firma sulle leggi razziste, scrive Pirozzi, “si è dimostrata la più infamante delle misure di carattere legislativo e amministrativo volute dal fascismo”.

Su Repubblica Meir Ouziel si sofferma sul variegato mondo che compone “il popolo di Netanyahu” contrapposto a chi, in queste settimane, scendendo anche in piazza, contesta l’azione del nuovo esecutivo sulla giustizia e altre questioni. In genere, spiega Ouziel, “si tende a pensare che si tratti di israeliani che vivono fuori Tel Aviv e appartengono a famiglie originarie della diaspora nei Paesi arabi; ma incontrando da vicino questi elettori ci si accorge che si tratta in realtà di una coalizione composta da tasselli della società che in momenti diversi hanno abbandonato la sinistra che contribuì a creare lo Stato ebraico nel 1948”.

“Non c’è alternativa alla pace e non si può tirare fuori Hitler: è un vaniloquio. Bisogna sedersi e aprire un dialogo con Putin”: è il pensiero sulla guerra di Moni Ovadia (Il Fatto Quotidiano). L’attore, non nuovo a sparate di questo tipo, definisce la Nato “un’alleanza ultra aggressiva che ha delegittimato la politica estera europea in una sorta di cupio dissolvi e di deriva verso la catastrofe”.

Adam Smulevich

(25 gennaio 2023)