Il Cai e i soci espulsi nel ’38
“Serve un percorso di autocritica”

Premi Nobel come Franco Modigliani ed Emilio Gino Segrè, scrittori di fama come Alberto Moravia, matematici del calibro di Guido Castelnuovo e architetti e urbanisti del livello di Bruno Zevi. Molte figure illustri nell’elenco degli oltre duecento soci romani del Club Alpino Italiano che furono espulsi in seguito alla promulgazione delle leggi razziste da parte del fascismo. A 84 anni da quell’infamia il Cai ha deciso di esercitare una “formale riammissione” di quanti vennero messi alla porta, presentando tale atto nel corso di una serata al Centro Ebraico Il Pitigliani che segue di qualche mese una mozione approvata all’unanimità nel corso dell’ultima assemblea nazionale di Bormio, quando i delegati del Cai si erano detti concordi sulla necessità di un “percorso di autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica” su quel periodo e le relative responsabilità.
Tra gli intervenuti il presidente generale del Cai Antonio Montani, il presidente della sezione romana Giampaolo Cavalieri, la presidente UCEI Noemi Di Segni e la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello. “Spesso, dopo la guerra, si è preferito dimenticare. È giunto il momento di ricordare, agendo nel solco di questa mozione” la riflessione posta da Livia Steve del Cai di Roma, che ha organizzato la serata e curato una ricerca biografica sulle epurazioni nella Capitale. Presenti numerosi familiari e discendenti dei soci espulsi.

(Nell’immagine: Adachiara Zevi ritira il certificato di riammissione del padre Bruno)