Da Ferramonti a Vibo Valentia,
la Calabria non dimentica

Un’Italia costellata di eventi, manifestazioni, incontri, riflessioni, quella cui si è assistito per ricordare il 27 gennaio. E sta emergendo sempre più il convincimento che debbano essere le istituzioni, le associazioni, le scuole, a farsi carico di ricordare e far vivere il ricordo delle leggi razziste e il dramma della Shoah, più che le Comunità ebraiche e chi quella storia l’ha subita e vissuta.
Questo principio è stato raccolto e si avverte maggiormente in luoghi dove non esiste o non esiste più una presenza ebraica. Così è stato per la Calabria, dove da tempo l’interesse per la storia e la cultura ebraica ha fatto enormi passi avanti: così è stato per il Giorno della Memoria in tre località che hanno saputo tradurre la memoria in momenti di riflessione profonda.
A Ferramonti di Tarsia, dove il prefetto di Cosenza ha consegnato due medaglie d’onore ai familiari di deportati internati in quel campo e ha rivolto ai sindaci del territorio l’invito a tener viva la memoria di quel periodo, un’intera settimana di eventi ha segnato questo luogo emblematico, dove furono internati migliaia di oppositori e persone in fuga dal nazismo, per lo più di origine tedesca, ceca, slovacca, polacca e di paesi dell’Europa orientale. La testimonianza di ex internati, o di figli di ex internati ha fatto da cornice a presentazione di libri, interviste, mostre e all’evento centrale del 27 gennaio in cui, tra gli altri, hanno parlato il presidente della Regione Roberto Occhiuto, il sindaco di Tarsia Roberto Ameruso, il prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella, il sottosegretario al Ministero dell’Interno e, per parte ebraica, il vicepresidente UCEI Giulio Disegni e il rabbino capo di Napoli rav Cesare Moscati.
A Rossano Calabro la Mostra “Solo per colpa di essere nati”, aperta sino al 5 marzo al Museo Diocesano e del Codex, è stata l’iniziativa guida di un progetto culturale di alto valore didattico sulla Memoria, il cui nucleo centrale è costituito dalle opere dell’artista italo-americano Frank Denota, che con linguaggio artistico molto apprezzato dai giovani li invita a riflettere su una pagina terribile del Novecento che ha attraversato l’Europa e anche la Calabria.
L’evento forse più significativo si è tenuto a Vibo Valentia, nel cui tribunale si è svolto un importante momento di riflessione – “La mia dote è la giustizia. Emilio Sacerdote per sempre dalla parte della giustizia” – incentrato sulla figura di Emilio Sacerdote, il magistrato nato e cresciuto in Calabria, che abbandonò la magistratura dopo aver subìto nelle aule di quel tribunale dove svolgeva la sua funzione l’onta delle leggi razziste. Per questo è stato importante ricordare la sua figura nell’aula a lui dedicata in tribunale. Si legge nella scheda biografica di Sacerdote depositata al CDEC che Emilio Sacerdote nacque a Vibo Valentia il 9 gennaio 1893, figlio di Lazzaro e Virginia Pugliese. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale come ufficiale di collegamento col grado di capitano, svolse la professione di avvocato ricoprendo la carica di Procuratore Sostituto del Re in diverse città italiane. Nel 1938, insultato come ebreo in una pubblica udienza, si dimise da procuratore e aprì uno studio come avvocato penalista a Milano. Sei mesi più tardi, a causa delle le leggi antiebraiche, fu costretto a sospende l’attività e a chiudere lo studio. Nel 1940 Sacerdote venne cancellato dall’Albo degli avvocati. Rifugiatosi dopo l’8 settembre 1943 con la famiglia nelle Valli di Lanzo, iniziò la sua militanza partigiana. Nel settembre 1944 fu catturato e deportato a Flossenburg; morì a Bergen Belsen l’8 marzo 1945, poche settimane dopo la liberazione del campo.
Molti gli interventi che si sono susseguiti durante l’evento, a cui vi è stata una partecipazione corale di magistratura e avvocatura del foro di Vibo: uno dei promotori dell’iniziativa, il giudice Ilario Nasso, ha dichiarato che “anche a lui dobbiamo il seminato costituzionale in cui tutti noi ogni giorno viviamo; memoria di Emilio Sacerdote significa in realtà memoria costituzionale e impegno fattivo per promuovere la legalità costituzionale anche ai giorni nostri”.
In un suo intervento da remoto il vicepresidente UCEI Giulio Disegni ha ricordato l’impegno di Sacerdote, unitamente ai 14 magistrati ebrei allontanati dalla loro funzione per le leggi razziste: Cesare Costantini, Mario Di Nola, Mario Finzi, Ugo Foa, Mario Levi, Ugo Davide Levi, Fernando Minerbi, Umberto Muggia, Edoardo Modigliani, Mario Piperno, Vittorio Salmoni, Giuseppe Seczi, Giorgio Vital e Mario Volterra. Ma ha voluto anche sottolineare che in quel buio periodo gran parte dei magistrati avevano perso ogni idea del significato e della differenza tra legalità formale e giustizia sostanziale: la magistratura aveva espresso un generalizzato consenso al fascismo, anche se qualche raro episodio di rivendicazione di autonomia decisionale ci fu.
Molti magistrati furono non solo chiamati ad applicare la legislazione antiebraica, ma contribuirono in prima persona alla sua stesura: tra questi Gaetano Azzariti, che fu presidente del famigerato Tribunale della razza.