DafDaf – La piuma del ghetto

Ogni anno la redazione di DafDaf si interroga su come affrontare il tema della Memoria nella maniera più adatta ai giovani lettori, cercando di proporre pagine che – senza in alcun modo minimizzare né nascondere il dramma della Shoah – possano accompagnare a una crescita graduale della consapevolezza. Nel numero 137 del giornale ebraico dei bambini, in distribuzione in questi giorni, è Adam Smulevich a raccontare la storia del più forte tra i pugili cresciuti nell’area dell’ex ghetto di Roma. Si chiamava Leone Efrati, era nato nel 1915. Era noto tra gli amici anche come “Lelletto” e fin dagli anni giovanili si era distinto per il suo talento sul ring. Si sarebbe potuto mettere in salvo restando negli Stati Uniti, dove nel dicembre del 1938 aveva combattuto per il titolo mondiale dei pesi piuma, ma decise di stare accanto alla propria famiglia. “Anche Efrati fu catturato dai fascisti, e da Roma deportato ad Auschwitz-Birkenau, dove i nazisti lo costrinsero a battersi in combattimenti all’ultimo sangue e dove un giorno, vigliaccamente, lo tramortirono e resero esanime”.
Buona lettura.
a.t. social @ada3ves

La piuma del ghetto

L’area dell’antico quartiere ebraico di Roma pullulava un tempo di pugili dilettanti e professionisti.
Era uno sport molto amato dai giovani ebrei romani, in particolare tra quelli della cosiddetta “Piazza”, che frequentavano in gran numero le palestre della Capitale in cui si potevano apprendere i primi segreti e rudimenti della boxe.
Il più forte di loro si chiamava Leone Efrati. Nato nel 1915 e noto tra gli amici anche come “Lelletto”, si era distinto fin dagli anni giovanili per il suo talento sul ring.
Una scalata continua verso i vertici di questa disciplina che l’avrebbe portato a giocarsi il titolo mondiale dei pesi piuma, nel dicembre del 1938, contro Leo Rodak. L’America ai suoi piedi nonostante la sconfitta. Il punto più alto, ma anche l’ultimo momento di vero agonismo della sua carriera.
Erano tempi duri, infatti, per gli ebrei italiani e romani vittime in quei mesi delle leggi antisemite emanate dal fascismo.
Efrati, da New York, era tornato nella sua città d’origine. Un viaggio di sola andata per stare accanto alla famiglia, aiutarla a superare questa prova.
Leone si rimise in gioco dal nulla facendo leva sulla sua grande dignità e determinazione. Giorni ancora più terribili sarebbero però arrivati con l’occupazione nazista del Paese e i primi rastrellamenti antiebraici.
Anche Efrati fu catturato dai fascisti e da Roma deportato ad Auschwitz-Birkenau, dove i nazisti lo costrinsero a battersi in combattimenti all’ultimo sangue e dove un giorno, vigliaccamente, lo tramortirono e resero esanime. Non si sarebbe più ripreso.
Ad Efrati, uno degli sportivi più noti uccisi nella Shoah, è dedicato il libro La piuma del ghetto (ed. Gallucci) dello scrittore e giornalista Antonello Capurso.
Una testimonianza narrativa toccante, tra storia e romanzo, per fare memoria di un protagonista dello sport italiano troppo a lungo dimenticato.
Il libro segue di qualche anno uno spettacolo teatrale molto apprezzato dalla critica: L’uragano: Storia di Leone Efrati.
Un uragano, sottolineava Capurso, il cui segno distintivo è stato quello della libertà, della democrazia, dell’impossibilità di sottostare a ogni forma di discriminazione.
Un messaggio senza tempo affidato ora alle pagine di questo libro, pubblicato in occasione del Giorno della Memoria.

a.s.