Israele e la guerra ombra
con il regime iraniano
Un attacco con droni ha preso di mira nella notte tra sabato e domenica un sito militare nella città di Isfahan in Iran. Secondo il Wall Street Journal e il Jerusalem Post, ripresi oggi dai quotidiani italiani, dietro l’attacco ci sarebbe Israele. Nel sito iraniano colpito, scrive Daniele Raineri di Repubblica, potevano esserci “missili che fanno da vettore per eventuali testate nucleari oppure potrebbe trattarsi di missili che l’Iran vuole vendere alle forze armate di Mosca”. Nel caso si tratti della seconda ipotesi, aggiunge il quotidiano, “non sarebbe da prendere necessariamente come un favore del primo ministro Netanyahu all’Ucraina – anche se ieri il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, gongolava per la ‘notte esplosiva in Iran… l’Ucraina vi aveva avvertito’. Israele – spiega Raineri – ha un interesse strategico a menomare l’industria missilistica dell’Iran, sempre”. Giornale, Repubblica e Stampa ricordano poi come la guerra ombra tra Iran e Israele vada avanti da anni, con la seconda che è riuscita – senza quasi mai rivendicarlo – a colpire più volte il regime sul suo territorio. Da qui l’ipotesi che anche a Isfahan ci sia la mano d’Israele. Un’azione compiuta, aggiunge La Stampa, con il benestare Usa, anche alla luce degli incontri di alti funzionari american in queste settimane con i colleghi israeliani. Per il Giornale “l’attacco è un messaggio al regime iraniano: stop allo sviluppo del nucleare e al sostegno a Putin”. Così titola Libero: “Israele vendica gli ucraini. In Iran”.
Dall’Ucraina, l’interpretazione del rav. “Israele non lo dirà mai, fa sempre così, ma questi attacchi sono finalmente la svolta che stavamo aspettando. Israele non sarà più neutrale tra Mosca e Kiev”. È l’interpretazione che dall’Ucraina rav Moshe Azman fa al Corriere della Sera di quanto accaduto in Iran. Al quotidiano il rav, indicato come il rabbino capo d’Ucraina, dichiara che “Israele è sotto ricatto russo. Putin può muovere i suoi alleati nell’area: Siria, Iran, Hezbollah e altri. Però il nuovo governo Netanyahu ha capito che in cambio dei droni, Putin dà all’Iran tecnologia. Le armi di Teheran vengono perfezionate sulle teste degli ucraini, ma poi verranno usate contro Israele. Netanyahu ha capito che Putin aiuta l’industria missilistica degli ayatollah e soprattutto il programma nucleare” iraniano. A proposito di mondo ebraico e Ucraina, il Foglio pubblica la traduzione di un intervento del filosofo Bernard-Henri Lévy dedicato agli ebrei che stanno partecipando alla difesa del paese dall’invasione russa.
Il futuro dell’accordo nucleare. Per Cliff Kupchan, esperto di Russia e Iran, il motivo dell’operazione a Ishfahan “va ricercato principalmente nel programma nucleare iraniano che in questo momento sembra procedere a ruota libera. L’Iran è sempre più vicino alla realizzazione della bomba atomica e questo è il principale motivo di preoccupazione per Israele. Lo è anche per gli Stati Uniti, ma è il loro primo partner regionale a occuparsi delle attività di contrasto sul terreno”. Dunque in questo caso l’interpretazione è che non ci siano legami con la guerra russa in Ucraina, ma il tema sia la corsa al nucleare da parte iraniana. Su questo punto rimane l’interrogativo sul futuro delle trattative per il ripristino dell’accordo tra potenze occidentali e Teheran, apparso sempre più improbabile. Per l’esperto, Daniel Pipes, la trattativa non è stata abbandonata del tutto. “Ci sono tre nuovi fattori che hanno ostruito il negoziato: i droni iraniani alla Russia; le proteste e la repressione; e la salute di Khamenei. Ma – afferma Pipes a Repubblica – il Jcpoa resta e le potenze esterne vogliono aiutarlo. Non va bene, ma non è finito. Credo che gli Usa continueranno a negoziare e potrebbero ancora aveva successo”.
Le mosse di Netanyahu e la visita Blinken. Il Premier israeliano Netanyahu ha promesso una stretta contro il terrorismo e ha anticipato l’intenzione di semplificare la modalità per i cittadini di ottenere il porto d’armi. Inoltre ha annunciato l’intenzione di “rafforzare gli insediamenti”. Un tema che sarà al centro, scrive La Stampa, del suo incontro con il segretario Usa Blinken, in arrivo a Gerusalemme. “L’arduo compito che aspetta il diplomatico Usa al tavolo israeliano – scrive La Stampa – è portare il governo di Netanyahu a più miti provvedimenti sugli insediamenti, ribadendo il sostegno di Washington a una soluzione a due Stati, sebbene i funzionari statunitensi ammettano che i colloqui di pace a lungo termine sono improbabili nel prossimo futuro”. Blinken, prosegue il quotidiano, rappresenterà a Netanyahu anche la preoccupazione per l’annunciata e contestata riforma della giustizia (di cui parla oggi anche il Fatto Quotidiano). Il diplomatico andrà poi a Ramallah per incontrare Mahmoud Abbas. “La sfida su questo fronte – scrive La Stampa – è quella di far tornare sui suoi passi il leader palestinese in merito alla decisione di interrompere il delicatissimo Coordinamento di sicurezza con Israele, come annunciato dopo gli scontri armati con Tzahal a Jenin”.
Jenin. Riguardo alle tensioni nel campo profughi, La Stampa intervista uno creatori di Fauda, Avi Issacharoff, che proprio a Jenin ha ambientato una delle stagioni della serie. “È qualcosa che abbiamo scritto due anni e mezzo fa e forse siamo stato fin troppo realistici. Ma sapevamo che Jenin stava diventando un covo di militanti. Va detto che è un ex territorio ormai abbandonato dall’autorità palestinese, in particolare il campo profughi. Non solo per le questioni di sicurezza nei confronti di Israele, ma anche nella gestione della banale routine, dal traffico al rispetto della legge e dell’ordine. Il campo profughi della città è un centro di caos locale rispetto ad altri luoghi della Cisgiordania”. Parlando del governo Netanyahu, Issacharoff, con un passato nell’unità scelta antiterrorismo Duvdevan, sostiene che “questo esecutivo è solo la perpetrazione del fallimento del sistema israeliano nel gestire la crisi. C’è una tesi prevalente in Israele, che sebbene la questione israelo-palestinese sia un problema senza soluzione, si possa almeno gestire. Ora vediamo il fallimento perfino della sua gestione. Questo governo, così come i precedenti ma questo soprattutto, non ha alcuno strumento e alcun tipo di soluzione per la situazione. Tutto quello che può offrire è l’escalation”.
Run for Mem. Sulle pagine locali del Corriere della Sera e di Repubblica il racconto della sesta edizione della Run for Mem, la corsa per la Memoria che si è tenuta quest’anno a Milano. A organizzarla, l’UCEI assieme alla Comunità ebraica milanese e al Comune. “Anche una corsa che attraversa la città è un modo per rinnovare la memoria della Shoah”, sottolinea il Corriere, segnalando le parole della Presidente UCEI Noemi Di Segni, che ha parlato di una “straordinaria partecipazione della cittadinanza, attraverso un percorso nel quale abbiamo incrociato la Storia e le singole tragiche storie delle vittime”. La corsa è partita dal Memoriale della Shoah, riporta Repubblica evidenziando come in questi giorni il luogo della Memoria milanese abbia registrato ingressi record. Al via della Run For Mem era presente anche il presidente del Senato Ignazio La Russa. “Essere qui è già di per sé un messaggio, esserci vale più di mille parole, c’era da testimoniare e basta – le parole di La Russa riprese dai quotidiani -. Noi siamo contro l’antisemitismo e contro l’antisionismo, per la vita e l’esistenza di Israele”. Così il Giornale: “Tutto ciò non sarebbe nemmeno una notizia, se solo La Russa non fosse stato accusato di filo-fascismo e presunta impresentabilità, soprattutto a partire dalla sua elezione a presidente del Senato, tra video di saluti romani e polemiche sui busti di Mussolini”.
Giorno della Memoria. Sul settimanale oggi la senatrice a vita Liliana Segre risponde a un lettore sul rischio che il Giorno della Memoria comporti nel pubblico una “sorta di assuefazione”. Il rischio, replica Segre, c’è. “Se le celebrazioni sono rituali, lo si percepisce e monta la noia. Se tutti i libri, documentari, film sono concentrati in pochi giorni dell’anno, si rischia l’overdose e il rigetto. il Giorno della Memoria, dunque, deve rimanere, ma va “gestito” in modo appropriato. Sia facendo iniziative solo se si ha davvero qualcosa da dire, – afferma Segre – sia avendo chiaro che la Memoria del passato è utile se serve a trarne un insegnamento per l’oggi, come un ‘vaccino’ per prevenire nuovi orrori”. Sulle stesse pagine si parla dell’esperienza della Testimonianza dei sopravvissuti: “Dei 6.806 ebrei italiani deportati, solo 837 hanno fatto ritorno. E tra loro ne restano undici che possono ancora raccontare ciò che hanno vissuto; solo qualcuno di loro se la sente di farlo”, si legge. Ancora su Oggi, Fabio Fazio racconta l’intervista al Memoriale della Shoah, in diretta sulla Rai, con la senatrice Segre.
Ricordando Arpad Weisz. Il presidente del Bologna calcio Joey Saputo e il sindaco della città Matteo Lepore ieri mattina si sono ritrovati per deporre una corona davanti alla lapide di Arpad Weisz, l’allenatore ungherese del Bologna assassinato ad Auschwitz nel gennaio 1944, racconta il Quotidiano nazionale. Tra i presenti, ricorda il giornale, il presidente della Comunità ebraica della città Daniele De Paz.
Daniel Reichel