Milano 1944-2023, il ricordo
al Memoriale della Shoah
“I libri, la nostra salvezza”

Il Memoriale della Shoah di Milano per la senatrice a vita Liliana Segre rappresenta il ricordo di fatti terribili e dolorosi. “È storicamente un luogo orribile nel centro di Milano. Qui nell’indifferenza generale le persone venivano fatte uscire dai camion, picchiate, sputate, violate nella loro dignità quando ancora avevano un nome. Messe sui vagoni e fatte partire per ignota destinazione”. Come accadde a lei e al padre il 30 gennaio del 1944, deportati a Auschwitz dai nazifascisti dai sotterranei della stazione centrale. Da quello che un tempo era il binario 21.
Ricordi orribili, ha raccontato proprio dal Memoriale la senatrice Segre nel corso della cerimonia organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio assieme alla Comunità ebraica di Milano e allo stesso Memoriale. Ricordi a cui con il tempo se ne sono aggiunti altri. “Per me ora non è solo quel passato tragico. È anche un luogo visitato dai ragazzi e dove si fa ricerca sulla Memoria”. Dove ha trovato casa “una bellissima biblioteca. Aperta a tutti” che parla di “speranza, di cultura, di lettura. Anche se io sono pessimista sul futuro della Memoria della Shoah, quando ho visto qui la biblioteca (della Fondazione Cdec) ho pensato che una volta di più la salvezza sia nel libro”.
Davanti al numeroso pubblico presente il presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach ha tenuto a evidenziare come il luogo sia sempre più un punto di riferimento a livello cittadino. “Siamo al traguardo dei 50mila studenti in visita in un solo anno scolastico. Merito di Liliana che ricorda ogni volta, anche al sindaco, il dovere di fare di più perché sia conosciuto”, le parole di Jarach. Non basta ricordare il passato, ha sottolineato poi rav Alfonso Arbib, rabbino capo della città. Tracciando un parallelo con Pesach e il ricordo della schiavitù in Egitto e della conquista della libertà, il rav ha ricordato come per il mondo ebraico sia fondamentale ricordare entrambi gli aspetti. E come lo sia, con le dovute attenzioni, anche in riferimento alla Shoah. “Dobbiamo, seppur sia un tentativo fallimentare, provare a identificarci con la sofferenza di quel passato, ma anche ricordare come da quella tragedia il popolo ebraico sia uscito vivo”. E debba essere difeso oggi. Rispettare quel passato significa, la riflessione del rav, “rispettare e dare la possibilità di preservare il popolo ebraico per quel che è oggi con la sua identità storica, politica e religiosa”.
Per l’ex magistrato Gherardo Colombo il binario 21 nel sotterraneo della stazione centrale rappresenta un simbolo della responsabilità italiana. “Ho conosciuto tardi questo luogo. È necessario e ci riguarda da vicino”.
Lungo l’applauso per Vera Vigevani Jarach, costretta con la famiglia a lasciare l’Italia a causa delle leggi razziste, la dittatura argentina le portò via la figlia diciottenne. E lei è diventata una delle fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo. “È un grande dono che Vera sia qui – ha detto Segre -. Come madre che ha perso una figlia, avrebbe potuto piangere e basta, invece ha speso tutta la vita a ricordare, parlando dei male, ma sempre con la speranza del bene”. A Segre è poi arrivato l’impegno dalla voce delle nuove generazioni che la sua Testimonianza non andrà dispersa. “Saremo noi giovani le candele della Memoria”, ha promesse la diciottenne Silvia Chellini. Toccante poi la richiesta di Ghulam Abbas, rifugiato dall’Afghanistan, arrivato in Italia attraverso i corridoi umanitari di Sant’Egidio, in grado di proseguire gli studi grazie a una borsa di studio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. A ringraziare i presenti per l’organizzazione, il presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi.