Voci dal buio, il destino di quattro amici
negli anni della guerra e persecuzione

“Terribile fu la reazione nervosa di noi tutti sfogata, dall’impotenza di difendersi, in tremito e pianto. Quasi nessuno di noi poté cenare; grazie a Dio le persone che ci circondano in casa ed i loro parenti sono misericordiosi e cercano di confortarci e provvederanno alla nostra sistemazione per l’avvenire onde cercare di salvarci la vita, per la qual cosa saremo loro riconoscenti per sempre…”. È il primo dicembre del 1943, un mercoledì, quando il giovane Alessandro Smulevich prende carta e penna per descrivere lo stato d’angoscia che lo sovrasta, ma anche il senso di gratitudine che prova per chi lo sta aiutando in quell’ora durissima. Rifugiato insieme alla sua famiglia nel comune appenninico di Firenzuola, dove due famiglie del posto stanno offrendo soccorso e accoglienza, ha appena appreso della circolare della Repubblica di Salò che impegna alla caccia all’uomo contro gli ebrei. È una delle pagine più drammatiche del suo diario in clandestinità, diventato da poco un libro con il titolo “Matti e Angeli. Una famiglia ebraica nel cuore della Linea Gotica” (ed. Pendragon): a curarlo il figlio Ermanno, chirurgo in pensione, e gli studiosi di storia locale Luciano Ardiccioni e Rosanna Marcato, con prefazione della storica Anna Foa.
Il ritrovamento del manoscritto, rinvenuto nel 2017, si è rivelato decisivo per l’assegnazione del titolo di “Giusto tra le Nazioni” ad Armando e Clementina Matti, Pietro e Dina Angeli, i quattro protagonisti dell’opera di salvataggio insieme a figli e conoscenti. Ma ha anche ricomposto ulteriori tasselli, innescando nuovi incontri e nuovi progetti rivolti al futuro.
“Voci dal buio”, un format specificamente pensato per il Teatro Metastasio di Prato e per gli studenti delle scuole, è stata l’occasione per raccontare alcune vicende intrecciatesi nel territorio toscano in quel periodo. Accanto a quella di Alessandro a risaltare sono state infatti anche le storie di Lia Sara Millul, Goffredo Paggi e Anna Caterina Dini. Quattro amici (i primi tre ebrei) frequentatisi nelle strade di Prato nella primavera del ’43. Dei tre, Alessandro sarà l’unico a salvarsi. Lia Sara invece, pur accolta in un convento a Firenze, fu arrestata il 26 novembre del 1943. Di lei resta traccia, oltre che nei pochi documenti della persecuzione e deportazione, in una foto e in una ciocca di capelli rossi consegnata all’amica Anna prima di partire per Firenze. Nella stessa città Goffredo fu denunciato e arrestato il 7 dicembre, vittima di delazione. Detenuto prima alle Murate, poi internato nel campo di Villa La Selva a Bagno a Ripoli, fu portato a Milano nel carcere di San Vittore e il 30 gennaio 1944 deportato ad Auschwitz: non sarebbe più tornato. Anna Caterina non avrà più notizie dei suoi amici ben oltre la fine della guerra. Aspetterà a lungo, senza risultato, il fidanzato Goffredo e l’amica del cuore Lia.
Nel 2017 la famiglia Smulevich ritroverà il diario di Alessandro riposto in un armadio. In quelle pagine oggi diventate un libro le tracce dei racconti della vita dei quattro ragazzi e l’occasione, per tre loro discendenti – Vera Paggi, Ermanno Smulevich e Roberto Visconti, il figlio di Anna Caterina – di riprendere in mano quella trama e renderla un momento di Memoria “viva”. Teatro gremito per l’evento, che ha visto la partecipazione anche degli altri due curatori del diario, canti e letture di Chiara De Palo, musiche di Ivan Vandor e dell’Associazione Camera Musicale Fiorentina. Determinante l’impegno di Camilla Brunelli, direttrice della Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato, che molto si è spesa affinché l’iniziativa fosse in calendario già per questo Giorno della Memoria. Presente in sala, tra gli altri, l’ex rabbino capo di Firenze Joseph Levi. Oltre ai rappresentanti di istituzioni e associazioni del territorio.