Ricostruire case di Memoria,
il seminario per insegnanti e operatori

La casa è il mio castello. La casa va in fiamme. Ci vorrebbe una stanza tutta per sé. Quali sono cinque oggetti da salvare se improvvisamente dovessi scappare? Inizia con tante domande, riflessioni condivise, questioni aperte, la formazione a Torino per insegnanti e operatori culturali che dà il via a REMEMBR-HOUSE”, il progetto della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo e del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara (Meis) sostenuto dalla Comunità Europea all’interno del programma CERV – Citizens, Equality, Rights and Value Programme. REMEMBR-HOUSE è incentrato sulla Memoria della Shoah e sulle leggi razziste e ha la missione di favorire la riflessione sul passato come mezzo per far crescere cittadini consapevoli. Concetto portante è quello della casa – spazio fisico ed emotivo, conosciuto, condiviso e comune – sviluppato a partire dai documenti del fondo archivistico Servizio Gestione Egeli dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino che gestiva i sequestri di beni agli ebrei in Piemonte e Liguria in seguito alle leggi antisemite del ’38. Ad accogliere al Circolo dei Lettori insegnanti e operatori culturali provenienti da tutta Italia il presidente del Meis Dario Disegni: “Qualche giorno fa – ha detto – la senatrice Liliana Segre ha detto espresso i suoi timori riguardo alla stanchezza nei confronti della Memoria. Il compito che abbiamo è quello di scongiurare questo pericolo utilizzando strumenti innovativi: REMEMBR-HOUSE è la risposta originale a questa impellente necessità”.
Il progetto prevede un lavoro di rielaborazione e dialogo attivo con i documenti del Fondo Egeli, come spiega Piero Gastaldo, presidente della Fondazione 1563: “Siamo felici di tornare a collaborare con il MEIS con cui c’è una fratellanza istituzionale volta a valorizzare i documenti. L’archivio può rappresentare per alcuni un polveroso accumulo di documenti, ma nelle nostre intenzioni vuole diventare qualcosa di trasmesso, studiato, vivo. Quello che facciamo è la costruzione di un senso condiviso attraverso l’empatia”.
Il primo intervento è a cura di Caterina Di Chio, psicoterapeuta, che intraprende un viaggio intorno al concetto di casa attraverso percorsi di psicologia ambientale e abitativa. “Da psicoterapeuta – spiega Di Chio – non vado nelle case delle persone, ma ‘entro’ nelle case delle persone che condividono con me il loro mondo interno e cominciano a parlare spesso proprio delle loro case di origine, le case dell’infanzia. Potremmo iniziare con il chiederci: cosa significa casa per me?”. Radici, famiglia, protezione, oggetti. Sono tante le parole chiave che emergono se si pensa alla propria abitazione. “Allora – prosegue Di Chio – una volta compresa l’importanza cruciale di questo tema identitario, cosa succede quando bisogna abbandonare la casa, lasciare il proprio spazio non per scelta ma per obbligo?”.
Di case sottratte, oggetti perduti, vite spazzate con la persecuzione dei diritti nel 1938, preludio della persecuzione delle vite, si continua a parlare nella seconda giornata di formazione in cui intervengono Francesca Panozzo (Museo Ebraico di Bologna), Marco Caviglia (Fondazione Museo della Shoah), Fabio Levi (Università degli Studi di Torino) Erika Salassa (Fondazione 1563) e che termina con un laboratorio pilota del progetto a cura dello storico Daniele Susini e di Naima Scognamiglio, coordinatore dei Servizi Educativi del Meis. Il workshop è un lavoro pratico che culminerà con la costruzione di un kit didattico che permetterà nei prossimi mesi agli studenti di ricostruire le abitazioni e gli oggetti descritti nel Fondo Egeli. Il prossimo appuntamento con REMEMBR-HOUSE sarà il 28 febbraio al Meis per un nuovo importante momento di confronto sulle case e le vite rubate dalla Shoah.