Terremoto, corsa contro il tempo per salvare chi è sotto le macerie
Continua a salire il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito Siria e Turchia: oltre 15mila le persone uccise dal sisma. Nel frattempo prosegue l’impegno delle squadre di soccorso per cercare di salvare chi è sotto le macerie. Il Corriere racconta ad esempio come i vigili del fuoco italiani siano riusciti ad estrarre due ragazze ad Adana. “La situazione è drammatica, gli spostamenti difficili, il freddo e la lingua non aiutano”, spiega Luca Cari, portavoce dei vigili del fuoco. Sulle stesse pagine si raccontano la difficoltà dei soccorsi: “Crepe nell’asfalto, mezzi di soccorso imbottigliati nel traffico che non riescono a passare, folle che assaltano i camion della protezione civile, il suono incessante delle sirene. Non c’è acqua, non c’è connessione Internet e non c’è luce dove la terra ha tremato. Mancano anche i sacchi per i corpi, dicono i soccorritori. Solo per fare benzina ci vuole un’ora, scarseggia già il carburante”.
La stretta di Erdogan. In Turchia, dopo lo shock, ora sono sempre più forti le critiche sia per come molti edifici sono stati costruiti nel tempo sia per una denunciata lentezza dei soccorsi. “Il 90% di Hatay non esiste più. Com’è possibile?”, denuncia a Repubblica Ilknur, 30 anni. Proprio ad Hatay si è recato il presidente turco Erdogan che alla popolazione promette che non la lascerà sola. “Erdogan, il presidente al potere da 20 anni che si trova a gestire l’emergenza più complicata della sua storia politica a tre mesi da elezioni presidenziali, è arrivato qui ieri per placare la rabbia della città ferita a morte. – riporta Repubblica – Ci sono stati anche degli arresti ad Hatay, persone che avevano denunciato sui social la mancanza di soccorsi e sono state accusate di aver diffuso informazioni false creando terrore nella popolazione. Ieri il governo ha deciso di bloccare i social network. E il leader del principale partito d’opposizione, Kilicdaroglu, chiede ai turchi di fare incetta di vpn, le reti che riescono a superare i filtri e la censura, per connettersi e aiutarsi nei soccorsi. ‘Questo collasso è il frutto di un sistema politico rapace’, attacca”.
Distorsioni siriane. Anche il nord della Siria è stato fortemente colpito dal terremoto. Qui, dove si trovano molte città ribelli, il regime di Assad usa la distruzione del sisma per rafforzare il proprio potere. “Per il regime, quello umanitario è un business con cui arricchirsi e un’arma di ricatto per avere legittimazione. Ora chiede di rimuovere le sanzioni, ma è solo un trucco”, scrive il Foglio. “Per la Siria non c’è speranza. – dichiara al Corriere Shady Hamadi, figlio di un esule siriano torturato dal regime di Assad – È un Paese di cui cl siamo dimenticati volutamente, perché è scomodo ricordarsi Che cosa è successo. È un popolo che chiede la fine di una dittatura, che tenta di preservare e costruire una società multireligiosa. Qui l’intervento russo è stato più devastante di quello in Ucraina. La Siria è la negazione di tutto, di ogni diritto. E la figlia di Assad che chiede di non aiutare la gente di Idlib è solo la consuetudine, di cui questa volta si parla sui giornali internazionali, di un governo che ha declassato parte degli abitanti a ‘nemici’ o, come li chiamano loro, ‘terroristi’”.
Zelensky tra Londra e Parigi. Con due visite non annunciate a Parigi e Londra, il presidente ucraino Zelensky ha chiesto ancora una volta il sostegno dell’Occidente per il suo Paese. In particolare alla luce della nuova offensiva russa che l’Ucraina si prepara ad affrontare in primavera. Alcuni quotidiani italiani – Stampa e Repubblica – sottolineano come a Parigi Zelensky sia stato a cena con il presidente francese Macron e con il cancelliere tedesco Scholz, ma non ci fosse la presidente del Consiglio Meloni, che lo incontrerà oggi a Bruxelles. Per questa assenza, scrive La Stampa, “l’entourage della Premier punta il dito contro Parigi, ma cresce il timore di essere isolati”.
Il busto di Mussolini. Sui diversi quotidiani si dà evidenza alle parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ieri – a un convegno dedicato alla figura di Giuseppe Tatarella – è tornato sul busto di Benito Mussolini che possiede, dicendo che l’ha ereditato dal padre e per questo lo conserva. “Mica lo posso cestinare, è un ricordo di mio padre. – ribadisce oggi in due interviste al Corriere e a Repubblica – Questo voleva essere il senso. Non è un busto del duce, per me è un ricordo di mio padre, come ne ho altri di altro genere. Ho detto: se mio padre mi lasciava un busto di Mao Tse-tung, mi tenevo con lo stesso affetto Mao Tse-tung”. Molti giornali riportano tra le reazioni quella di Calenda a questa giustificazione: Mussolini “ha collaborato allo sterminio degli ebrei, ha fatto uccidere gli oppositori e bastonare lavoratori. E tu non sei cinese. Sei italiano. Patria del delinquente. E Presidente del Senato. E se non capisci perché devi buttare il busto di Mussolini non meriti di esserlo”. Sul caso interviene anche Michele Serra (Repubblica): “Quel busto serve a ricordare anche a noi (lui lo sa già) che il fascismo è uno dei tratti essenziali del nostro spirito nazionale. Incancellabile, sincero, resiliente di fronte a ogni responsabilità, ogni ripensamento, ogni presa d’atto, il fascismo è un riferimento direi naturale per una fitta schiera di italiani”, scrive Serra. E conclude: “Perché il presidente del Senato dovrebbe fingere di non essere ciò che è, alla luce del fatto che ciò che è urta metà del Paese, ma rappresenta fedelmente l’altra metà? Stalin, per fortuna, è una remota reliquia degli orrori novecenteschi, Mussolini è tra gli arredi di un uomo delle istituzioni. Vi piaccia o non vi piaccia, questo è”.
Negazionisti. È stato sospeso dal servizio il professor Pietro Marinelli, docente di Diritto all’Istituto Marie Curie Sraffa di Milano, che aveva interrotto una rappresentazione teatrale sulla Shoah, cui stavano assistendo con gli studenti, con grida negazioniste. L’istituto, il corpo docenti e gli allievi avevano subito condannato l’episodio, su cui era intervenuto anche il ministro dell’Istruzione Valditara. “Posizione incompatibile con il suo ruolo”, il richiamo del ministro.
Strage del Mottarone. A causare la strage del Mottarone il 23 maggio 2021, in cui 14 persone persero la vita e solo il piccolo Eitan Biran riuscì a sopravvivere, è stato il “degrado” della fune traente della funivia. È quanto emerge dalla perizia di un pool di esperti, richiesta dalla magistratura che ha in carico il caso. Lo racconta il Giorno, spiegando che il procedimento sta per arrivare a una svolta. Nel frattempo, continua il quotidiano, si sta lavorando per i risarcimenti delle vittime. Sempre il Giorno, in un altro articolo, segnala che i difensori di Shmuel Peleg, accusato di aver rapito il nipote Eitan nel settembre 2021, faranno ricorso in Cassazione. “Meno di due mesi fa il gup Pietro Balduzzi aveva accolto la richiesta di patteggiamento a un anno e 8 mesi con pena sospesa, – scrive il Giorno – ma ora leggendo le motivazioni della sentenza gli avvocati difensori dell’uomo Sara Carsaniga e Mauro Pontini hanno deciso di non chiudere la questione ravvisando gli estremi per un non luogo a procedere”.
Lucca, il Giusto Umberto Paradossi. Lo Yad Vashem ha riconosciuto l’imprenditore Umberto Paradossi come “Giusto fra le Nazioni” per aver salvato durante le persecuzioni la famiglia Fernandez Affricano. La cerimonia si è svolta ieri a Lucca e la racconta oggi Repubblica nelle sue pagine locali. “Nel 1942, per via degli incessanti bombardamenti, la famiglia Fernandez Affricano si rifugio da Livorno a Guamo, in provincia di Lucca. Mio padre, tramite una soffiata di amici, venne a sapere che i tedeschi avrebbero catturato di lì a poco i Fernandez Affricano per deportarli in Germania. Mio padre allora organizzò velocemente la fuga a Roma della famiglia”, il racconto del figlio, Alberto Paradossi. “Quel trasferimento a Roma ce l’ho sempre negli occhi – la testimonianza di Enrico Fernandez Affricano che allora aveva 8 anni – e nella testa, mi sembra ancora di esserci purtroppo. Fui precipitato alle cinque del mattino in questa avventura, senza capire. Mi sono reso conto di cosa stesse accadendo dopo esserci trovati in mezzo ai mitragliamenti e ai tedeschi”.
Sport e cittadinanza. “Sono la campionessa italiana juniores ma non ho la cittadinanza e non posso andare agli Europei In Israele con la prestigiosa divisa azzurra”. È lo sfogo dl Baofa Mifri Veso,17 anni, grande promessa di salto triplo della Friulintagli Brugnera di Pordenone, che ha conquistato i tricolori con un ottimo 12,88 ad Ancona. Nata e cresciuta In Italia, Baofa non ha la cittadinanza italiana, ma del Congo, dove non è mai stata (Corriere dello Sport). “Con rammarico so che non potrò ancora partecipare ai campionati europei di Gerusalemme u20 di agosto e al triangolare che si svolgerà a marzo, – l’amarezza della giovane atleta affidata ai social – ma va bene così aspetterò con ansia il 2024 e lavorerò sodo”.
Daniel Reichel