Untitled Judo, l’Iran
e lo sport negato

È una collaborazione destinata a scrivere un pezzo di storia del cinema quella con protagonisti il regista israeliano Guy Nattiv e la sua collega iraniana Zar Amir-Ebrahimi. Per quel che si andrà a raccontare nel film cui stanno lavorando, ma anche e soprattutto perché si tratta della prima volta che esponenti della cultura israeliana e iraniana hanno scelto di proporsi insieme. Significativamente, in un film che vuole essere un atto di denuncia del clima di terrore e dei crimini di cui continua a rendersi responsabile il regime degli ayatollah.
Untitled Judo, questo il titolo del film, metterà al centro la storia di una judoka cui il regime imporrà di fingere un infortunio e rinunciare così al sogno di una medaglia d’oro. Un incontro “proibito” si annuncia in calendario e non obbedire potrà avere conseguenze molto gravi, per lei e per la sua famiglia. Non fiction, ma la tragica realtà in un Paese senza diritti e libero arbitrio. C’è almeno un precedente nelle cronache: la decisione di Saeid Mollaei di ritirarsi dai Mondiali di judo del 2019 per non dover incontrare l’israeliano Sagik Muki, imposta anch’essa dall’alto. Mollaei, fuggito poi dall’Iran, è riuscito a ricostruirsi una vita altrove e con la maglia della Mongolia ha vinto una medaglia d’argento agli ultimi Giochi olimpici. Un risultato dedicato proprio a Muki, diventato nel frattempo suo grande amico. Amici e complici lo sono anche Nattiv e Amir-Ebrahimi. Vincitore in passato di un premio Oscar, Nattiv si è detto onorato “di collaborare e dar vita a questa storia: per tutti noi questo è molto più di un film, è una dichiarazione creativa al mondo in un momento in cui così tanti cittadini iraniani innocenti stanno pagando la ricerca di libertà con le loro vite”.
(Nell’immagine: Saeid Mollaei e Sagik Muki, diventati nel frattempo grandi amici)