“Iran, la protesta avrà sempre voce”

“Non chiamatelo Iran. Quello non è l’Iran, ma il regime di Teheran”. Chiedono a gran voce di distinguere il paese dal suo sanguinario governo le attiviste Delshad Marsous e Rayhane Tabrizi. “È il regime che nega la Shoah, noi no. Sappiamo cos’è e questo luogo ce lo ricorda”, aggiungono intervenendo al Memoriale della Shoah di Milano, nel corso dell’iniziativa organizzata dall’Adei Wizo dedicata al ruolo delle donne nella resistenza iraniana. Protagoniste, Marsous e Tabrizi, che dall’Italia fanno sentire la propria voce in solidarietà con le donne e gli uomini che da mesi manifestano contro il regime degli Ayatollah. Una protesta innescata dall’uccisione Mahsa Amini il 22 settembre scorso per mano della polizia morale iraniana. Da allora migliaia di manifestanti sono stati arrestati, centinaia uccisi. In loro nome, raccontano le due attiviste, continuano da lontano a mantenere alta l’attenzione sulle repressioni di regime, sperando che la protesta riesca in futuro a coinvolgere tutta la società e a rovesciare il governo. A seguire questo impegno, il regista Ruggero Gabbai, che sta lavorando a un documentario sulla dissidenza in esilio. “È incredibile la forza, il coraggio e la generosità di queste donne – le parole di Gabbai – Loro dicono: ‘non abbiamo nulla da perdere. Se le nostre sorelle e i nostri fratelli stanno morendo in Iran, anche noi dobbiamo combattere’”. “Non siete afone. La vostra voce è ascoltata e deve esserci un’alleanza sempre più stretta della comunità italiana ed europea per sostenervi”, ha aggiunto la vicesindaca di Milano Anna Scavuzzo, che ha ribadito l’impegno della città nel tenere acceso un faro su quanto accade in Iran. A intervenire in apertura dell’iniziativa, moderata dalla giornalista Fiona Diwan, il presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach e la presidente dell’Adei Wizo Milano Sylvia Sabbadini, che ha ringraziato per l’organizzazione dell’iniziativa la sua vicepresidente, Roberta Vital.
Nel corso della serata Gabbai ha presentato alcune delle immagini girate nel corso delle manifestazioni in Italia, spiegando come il progetto sia iniziato per caso. “Mi sono recato a una manifestazione per fare una prova e poi è nata l’idea di farci un documentario”. Il regista ha intervistato tra gli altri Masih Alinejad, una delle voci femminili più importanti e forti dell’opposizione al regime della Repubblica Islamica iraniana, costretta a vivere negli Usa e minacciata di morte da Teheran, e Hamed Esmaeilion, portavoce dell’associazione vittime dei familiari del volo PS752, abbattuto l’8 gennaio 2020 su ordine dei Pasdaran. Entrambi sono stati accolti di recente in Senato per un’audizione. “Non possiamo pensare che quanto accada lì sia qualcosa di distante: l’influenza dell’Iran tocca tutto il Medio Oriente, tocca l’Islam, ed è arrivata fino all’Ucraina”.