The Whale, obiettivo Oscar

Premiato alla 79° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dalla giuria internazionale “Interfilm – promozione del dialogo interreligioso”, The Whale, l’ultimo film di Darren Aronofsky, si avvia ora verso la cerimonia degli Oscar. Il regista, cresciuto a New York in una famiglia ebraica di origini russe e ucraine, a Venezia aveva ricevuto diversi premi collaterali con questa sua ultima opera, meno splatter di altri suoi film, spesso controversi e spesso oggetto di polemiche. Aronofsky è noto per Requiem for a Dream; Cigno nero, con Natalie Portman, che gli è valso una nomination all’Oscar come miglior regista, mentre con The Wrestler aveva vinto il Leone d’oro a Venezia nel 2008. La storia di The Whale è l’adattamento di un testo teatrale, scritto da Samuel D. Hunter quando aveva poco più di vent’anni, riportando sulla scena molte delle sue vicende personali, con le sofferenze di giovane omosessuale cresciuto in una famiglia religiosa, in depressione e in perenne lotta con il proprio peso. Gli occhi di tutti però questa volta non sono tanto sul film quanto sull’interpretazione di Brendan Fraser, candidato all’Oscar grazie alla sua prova: un professore chiuso nel suo appartamento minuscolo, intrappolato dal suo corpo dopo aver cercato di soffocare con il cibo la sofferenza per la morte della persona amata. Il suo unico desiderio per il poco tempo che gli resta è di riuscire a recuperare il rapporto con la figlia adolescente.
Aronofsky ha raccontato recentemente come la sfida più grande che ha dovuto affrontare fosse proprio quella del casting e di averci messo quasi dieci anni a individuar l’attore adatto. Fraser, dopo essere stato protagonista di colossal con La mummia, aveva partecipato solo a progetti di scarso successo, per arrivare invece ora, a 54 anni, alla sua prima candidatura all’Oscar. Gli attori che hanno preso parte alle riprese di The Whale, nato come testo per il teatro, si sono preparati con tre settimane di prove, organizzate come se fossero una compagnia teatrale.
Uno dei motivi principali per cui Aronofsky ha voluto a fare questo film, racconta, è la possibilità di lavorare su un tema delicato e sempre più complesso come il rapporto con la propria immagine, parte importante sia dello spettacolo teatrale che della trasposizione cinematografica. “Il momento più emozionante – ha spiegato – è quando lui decide di accendere la telecamera del computer e mostrarsi ai suoi studenti. Abbiamo molto lavorato per decidere come filmarlo. È il momento in cui viene giudicato e spero il pubblico sia portato a ragionare su come ognuno di noi viene giudicato per il proprio aspetto, in qualche modo. Non è solo l’obesità, possono esserci mille motivi… sarebbe importante ricordare sempre che comunque ciascuno di noi è innanzitutto un essere umano”.

Ada Treves social @ada3ves