La Resistenza dell’arte
Dipinti, sculture, gioielli, vasellame prezioso. Nella guerra che da un anno devasta l’Ucraina la tragedia delle morti e la distruzione dei luoghi si accompagna al sistematico saccheggio del suo patrimonio artistico e culturale in nome della sua “conservazione”. A detta degli esperti internazionali, nelle zone occupate dai russi sarebbe in atto quello che è il più grande furto d’arte in Europa, secondo solo alla razzia portata a termine dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Allora come oggi, a finire sotto attacco sono la cultura, l’orgoglio e l’identità di un popolo. Ed è un’offesa lacerante, come testimonia la grande mostra “Arte liberata. Capolavori salvati dalla guerra” allestita nelle Scuderie del Quirinale a Roma.
Curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli, l’esposizione (fino al 10 aprile) restituisce uno straordinario colpo d’occhio su un centinaio di capolavori salvati durante la Seconda guerra mondiale insieme a un ampio corredo di documenti, immagini e sonoro riuniti grazie alla collaborazione di oltre quaranta musei e istituti.
È il racconto appassionante di un periodo drammatico per l’Italia e al tempo stesso un omaggio a quanti, malgrado i rischi, hanno allora imboccato la via del coraggio e in nome dell’interesse comune hanno rivendicato il valore universale dell’arte.
Le opere in mostra non sarebbero infatti arrivate fino a noi se non fosse per i tanti Soprintendenti e funzionari delle Belle arti spesso allontanati dall’incarico dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò – che nel pieno del conflitto, con l’aiuto di storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si sono resi protagonisti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico e culturale italiano.
Fra loro Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero, agente segreto e futuro ministro plenipotenziario incaricato delle restituzioni.
Donne e uomini che malgrado i mezzi limitati sono stati capaci di realizzare la minaccia che incombeva sulle collezioni d’arte italiane e si sono schierati per evitarla. “È una mostra di storie” spiega Mario De Simoni, presidente delle Scuderie del Quirinale. “Storie di donne, di uomini, di opere d’arte protette, salvate, perse e recuperate: le loro gesta eroiche costituiscono un esempio di patriottismo e di senso del dovere, testimoniando l’efficacia dell’azione di un’intera generazione di funzionari dello Stato che mise in salvo l’immenso patrimonio culturale italiano, offrendolo alle generazioni successive”.
Il percorso espositivo prende il via dallo scossone subito dal mercato dell’arte all’indomani della stipulazione dell’asse Roma-Berlino (1936). Per assecondare le brame collezionistiche di Hitler e Göring, i gerarchi fascisti favoriscono infatti il permesso di cessione di importanti opere d’arte, anche quando sono sottoposte a vincolo.
Fra le più celebri, una delle opere simbolo della rassegna del Quirinale, il magnifico Discobolo Lancellotti (vincolato dal 1909), copia romana del celebre bronzo di Mirone.
Per il patrimonio artistico la svolta arriva con l’invasione di Hitler della Polonia, quando il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai elabora un piano per la messa in sicurezza e lo spostamento delle opere. Da qui si dipana una complessa e drammatica vicenda che vede i funzionari inventariare e nascondere i beni culturali in Lazio, Toscana, Emilia, nel Nord Italia e a Napoli e stringere rapporti con il Vaticano oltre all’impegno di curatrici quali Fernanda Wittgens, prima direttrice della Pinacoteca di Brera (a cui di recente la Rai ha dedicato un bel film), Palma Bucarelli, soprintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio e altre.
Tra le figure chiave ci fu Pasquale Rotondi. Il trentenne soprintendente delle Marche è incaricato di approntare un deposito nazionale che mette in salvo nei depositi di Sassocorvaro e Carpegna capolavori provenienti da Venezia, Milano, Urbino e Roma, per un totale di circa diecimila opere.
La razzia nazista non risparmia la Comunità ebraica di Roma. I volumi preziosi del Collegio rabbinico e della Biblioteca ebraica, a cui dedichiamo le pagine seguenti, sono spediti in Germania. Gli splendidi arredi cerimoniali della Comunità – a cui la mostra dedica una suggestiva sezione – saranno invece portati in salvo da un pugno di coraggiosi grazie a una serie di consegne segrete e recuperati subito dopo la Liberazione.
La fine della guerra segna l’avvio di missioni per il ritrovamento e la salvaguardia delle opere trafugate. Ai funzionari italiani si affiancano allora gli uomini della Monuments, fine arts, and archives program, una task force composta da professionisti dell’arte provenienti da tredici diversi paesi organizzata dagli Alleati durante il secondo conflitto mondiale per proteggere i beni culturali nelle zone di guerra. Inizia così un capillare lavoro di recupero dei beni trafugati dai nazisti. Oltre seimila opere sono finora state ritrovate, ma per altre la ricerca ancora continua. Intanto, ai confini d’Europa, il patrimonio artistico è un’altra volta diventato un doloroso campo di battaglia.