Art Spiegelman e il ritorno di Maus
Pochi mesi fa, a quarant’anni dalla pubblicazione, Maus è schizzato in vetta alla classifica dei libri più venduti in America e lì è rimasto per un po’. Quanto al suo autore, Art Spiegelman, è diventato d’un tratto il cartoonist più intervistato, chiacchierato, discusso del pianeta. Le polemiche non sono una novità, quando in ballo c’è Maus. La scelta dell’autore di raccontare la storia dei suoi genitori e l’internamento ad Auschwitz raffigurando gli ebrei come topi e i nazisti come gatti non è del genere che lascia indifferenti. C’è chi la considera geniale e chi la trova di pessimo gusto. Chi reputa fuori luogo parlare di una tragedia usando animali e chi – come i polacchi ritratti sotto forma di maiali – si considera offeso e basta. Questa volta la discussione ha però assunto un accento nuovo e inquietante.
A riaccendere i riflettori è stata una questione vecchia come il mondo – un tentativo di censura. A gennaio 2022 una scuola in Tennessee ha infatti bandito il libro dalle aule a causa del suo “linguaggio volgare” e la presenza di “scene di nudo”. Nello specifico, i nudi in questione riguardano i prigionieri denudati durante la selezione ad Auschwitz e la madre dell’autore, Anja, che muore suicida in una vasca colma di sangue.
Trattandosi di Maus – il primo graphic novel a vincere nel 1992 il Premio Pulitzer, un libro che è ormai un classico e ha venduto milioni di copie – la questione non è passata sotto silenzio. I media ne hanno scritto a volontà, la reazione dei social è stata furibonda e l’intera operazione si è rivelata un portentoso boomerang. Non solo il libro che si voleva cancellare è esploso nel paradiso dei best seller ma un’attenzione speciale ha accolto due volumi di recente pubblicazione che altrimenti avrebbero raggiunto con ogni probabilità solo il pubblico degli appassionati – Maus Now, una raccolta di saggi a cura di Hillary Chute che analizza il significato e l’influenza di Maus sulla cultura del dopoguerra e Breakdowns: Portrait of the Artist as a Young %@&*!, un’antologia del lavoro di Spiegelman che precede e prefigura Maus.
Il bando dei libri non è novità, negli Stati Uniti. E Maus è solo l’ultimo di una lista che purtroppo ogni giorno si allunga. Ma che nel mirino finisca un testo del genere la dice lunga sullo scontro culturale in atto nel Paese, i tentativi in atto di riscrivere la storia, sulla narrativa mainstream della Shoah e lo straordinario impatto di quest’opera che dopo aver segnato un’epoca continua a regalare spunti e stimoli importanti.
“Con la sua creatività e la sua innovazione, il Maus di Spiegelman, oggi al suo quarantesimo anniversario ha cambiato il modo in cui la gente parla di storia, trauma, persecuzioni etniche e razziali e ha cambiato i comics”, scrive Hillary Chute nella prefazione di Maus Now. Per esprimere l’indicibile, sottolinea, Maus inventa un linguaggio verbale e visivo radicalmente diverso. “Spiegelman, che impiega tredici anni a realizzare Maus, – scrive Chute – non solo ha mostrato in modo definitivo che di fatto i comics possono essere notevolmente sofisticati, colti e acuti, ma fa esplodere un migliaio di altri cliché e pietismi su arte e rappresentazione, in particolare nell’espressione degli aspetti più cupi della storia umana e delle testimonianze che ne risultano”.
L’altro volume in libreria, Breakdowns, documenta quest’evoluzione in pagine di grande impatto. Pubblicato per la prima volta nel 1978, il libro propone una serie di strip complesse, eccentriche e coloratissime, cupe e divertenti, che rivelano sia le fonti di ispirazioni sia la capacità di illustratore di Spiegelman. A partire dalla lezione di Robert Crumb e dalla scena underground, si coglie così una traiettoria che matura in una capacità di racconto capace di scavalcare il confine dei comics per raggiungere i lettori di tutto il mondo. In questo percorso Spiegelman precisa e affina la sua capacità narrativa senza perciò diluirla o snaturarla, come testimoniano le tavole di Breakdowns che anticipano il capolavoro successivo. Il risultato è un racconto duro, rabbioso, crudo. Maus non fa sconti al lettore né concede alla retorica dei buoni sentimenti: chi vuole una Shoah consolatoria e di comodo è pregato di rivolgersi altrove.
A guardare bene, le ragioni del bando sono tutte qui.
Daniela Gross