Milano, la visita di rav Lau
“Ricordiamoci che siamo fratelli”

Fratellanza e unità. Sono i due concetti su cui più si è soffermato il rabbino capo d’Israele ashkenazita rav David Lau nelle diverse iniziative organizzate con la Comunità ebraica di Milano. Dal dialogo con i ragazzi della Scuola ebraica all’incontro al centro Noam, il rabbino capo d’Israele, ospite in queste ore della Comunità di Roma, ha voluto sottolineare l’importanza per il popolo ebraico di mantenersi unito. Anche in questo momento in cui da Israele arrivano preoccupanti segnali di spaccature e contrasti legatI alla tensione politica. “Purtroppo in Israele stiamo dando un esempio negativo di divisioni e fazioni. – le parole del rav nella sinagoga del Noam davanti ai molti arrivati ad ascoltarlo – A causa del terrorismo abbiamo perso in questi mesi due coppie di fratelli, Asher Menahem e Yaakov Yisrael Paley e Hillel e Yagal Yaniv”. Notizie dolorose che, ha affermato il rabbino capo d’Israele, lo hanno portato a riflettere sul significato di fratellanza. “Purtroppo accade che moriamo insieme come fratelli, ma a volte non sappiamo vivere insieme come tali. Dobbiamo ricordarlo”. Un concetto espresso anche nel corso dell’incontro a scuola, introdotto – come al Noam – dal rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib. Davanti ai ragazzi il tono è stato meno sofferto. Il rav ha ricordato come l’espressione di opinioni diverse sia una benedizione. E ha portato l’esempio dei tefillim: “nella scatola che mettiamo sulla testa i testi sono divisi in quattro parti. In quella che poniamo sul braccio sono tutti insieme. Questo significa che con il pensiero, la testa, possiamo essere diversi e avere opinioni differenti, ma nell’azione, il braccio, dobbiamo ritrovare l’unità. Il popolo ebraico è un tutt’uno e ha sempre trovato al suo interno l’unità, nonostante le divisioni”. Un’unità che per Lau si esprime nella fede in Dio, nel rispetto dei precetti dell’ebraismo e dei suoi divieti. “Perché siamo usciti dall’Egitto e perché a Pesach lo ricordiamo? Per essere il popolo di Dio”.
Interrogando i presenti al Noam, il rav ha chiesto quale sia il tratto che lega un ebreo “in Argentina, in Canada, a Milano, in Sudafrica? Il rispetto dello Shabbat, il fermarsi, non lavorare, andare in sinagoga”. Un elemento richiamato in apertura anche da rav Arbib. “Nello Shabbat c’è un messaggio importante sul significato di riunire una comunità, sul significato di avere degli elementi comuni”. Un momento di unione fondamentale. “Senza, non si fa nulla. Non dobbiamo dimenticarlo”, la riflessione di rav Arbib, sviluppata poi da rav Lau, che ha parlato anche di radici. “Siamo tutti eredi di Avraham e Sarah”, ha ricordato, sottolineando come questa tradizione rappresenti sia un patrimonio sia un potenziale per il mondo ebraico di oggi. Lo è, ha aggiunto, “se rispetti la tua identità, le tue radici, il tuo ebraismo”.