Rav Lau al Tempio Maggiore
“Unità nell’azione e rispetto dell’altro”
“Nella Dichiarazione d’Indipendenza d’Israele ricorre più volte il concetto che ad essere fondato è uno Stato ebraico. Nei 75 anni successivi più volte ci si è domandati cosa significhi tutto ciò, ma con discussioni che invece di mettere a fuoco i principi si sono spesso trasformate in contese tra persone. È quindi importante ricordare, anche in questa sede, che discutere è fondamentale. Ma senza mai perdere di vista il rispetto e il riconoscimento dell’altro”.
Ospite della Comunità ebraica di Roma, il rabbino capo ashkenazita d’Israele rav David Lau si rivolge con queste parole al pubblico venuto ad ascoltarlo al Tempio Maggiore in uno dei numerosi incontri che lo vedono protagonista in alcune sinagoghe della città. E, nella giornata di ieri, anche al Collegio rabbinico italiano, dove ha tenuto una lezione di Halakhah. Ad accoglierlo al Tempio Maggiore il canto dei bambini, che hanno intonato Shir HaMaalot. Uno dei brani più rappresentativi dell’identità ebraica e israeliana. Melodia che, spiega il rav, l’ha portato a riflettere sul significato e sulle sfide con cui Israele è chiamato a confrontarsi. Partendo dal novembre del 1947, dal giorno in cui le Nazioni unite votarono a favore della fondazione di uno Stato ebraico, fino ad oggi. Nel segno, incalza, di un sogno e di una antica promessa realizzata. Al suo fianco il rabbino capo rav Riccardo Di Segni e il coordinatore del Collegio rabbinico rav Benedetto Carucci Viterbi.
“Possiamo confrontarci, Israele d’altronde è uno Stato democratico, ma sulle questioni ebraiche essenziali non possiamo che trovarci d’accordo. Ogni giorno indossiamo i tefillin, sulla testa e sul braccio. Sono anche un simbolo: a livello di pensiero ci può essere una dialettica aperta su tanti temi, anche sulle diverse ritualità e tradizioni da seguire, ma quando si passa all’azione questa deve essere unitaria. Nelle questioni di sostanza – le sue parole – non possiamo permetterci separazioni”. Rivolgendo l’attenzione alla prossima solennità di Pesach, il rav ha ricordato come “tanti aspetti di questa festa sono nel segno del quattro: quattro infatti le coppe di vino che beviamo, quattro le domande che poniamo, quattro le tipologie di figli che incontriamo; questo perché, a suo tempo, il Signore ci ha fatto altrettante promesse: vi farò uscire dall’Egitto, vi salverò dalla schiavitù, vi redimerò e vi porterò nella Terra Promessa”. Israele e il popolo ebraico nel suo insieme, ha concluso il rav, “continuano una tradizione che inizia sul Monte Sinai”.
Il rav Lau era stato in precedenza a Milano, ospite della Comunità ebraica locale, rivolgendo anche in quel contesto un invito all’unità e coesione. Sempre parlando dei tefillin aveva detto: “Nella scatola che mettiamo sulla testa i testi sono divisi in quattro parti. In quella che poniamo sul braccio sono tutti insieme. Questo significa che con il pensiero, la testa, possiamo essere diversi e avere opinioni differenti. Ma nell’azione, il braccio, dobbiamo ritrovare l’unità. Il popolo ebraico è un tutt’uno e ha sempre trovato al suo interno l’unità, nonostante le divisioni”.
Un’unità che per Lau si esprime “nella fede in Dio, nel rispetto dei precetti e in quello dei divieti”.