Dalla Stella Azzurra alla Lazio,
una storia tra pallone e identità

L’odio antisemita sembra tornato ad affacciarsi con insistenza nelle curve degli stadi italiani. E in particolare in quella della Lazio, con vari tifosi biancocelesti distintisi più volte per cori e iniziative infami. Un problema irrisolto di lungo corso e non estraneo ad altri ambienti della galassia ultrà, come più volte indicato dalle istituzioni dell’ebraismo italiano nell’invitare a un’azione più incisiva.
Un libro fresco di stampa merita di essere sfogliato e meditato. Si tratta di “Una stella in campo. Giovanni Di Veroli. Dalla persecuzione razziale al calcio di serie A”. Pubblicato da Persiani Editore e scritto dal figlio Roberto e da Paolo Poponessi, sviluppa la storia di un atleta con una sua vicenda peculiare e da conoscere. Anche oltre quel rettangolo verde in cui, vestendo proprio la maglia della Lazio, seppe dire il fatto suo.
Sfuggito bambino alla persecuzione nazifascista, Giovanni “Ciccio” Di Veroli si era formato con l’iconica divisa della Stella Azzurra sulle spalle. Sodalizio e fucina di bel calcio in cui si espressero non pochi talenti di una Roma ebraica in ricostruzione dopo le macerie lasciate dalla persecuzione e dalla Shoah. Tra i suoi punti di riferimento Alberto Mieli, detto Zi Pucchio, che avrebbe poi consacrato l’ultimo periodo della vita alla Testimonianza degli orrori subiti ad Auschwitz. “Quando la Stella Azzurra scendeva in campo, anche in trasferta, non era mai da sola. Noi giovani ebrei romani la seguivamo in massa, magari in bicicletta, o addirittura prendendo il pullman. Era l’unica squadra giovanile romana con il tifo organizzato” racconterà Cesare Di Veroli, uno dei fratelli di “Ciccio”, restituendoci così l’immenso valore anche simbolico di quel collettivo.
Per Giovanni, oltre a ciò, un trampolino verso scenari di primissimo piano. La Lazio, che lo ingaggerà su segnalazione di un talent scout colpito dalle sue qualità, lo avrà infatti in rosa per un totale di sei stagioni (1952-1958). A suggellare l’ultima annata la conquista della Coppa Italia, il primo trofeo mai vinto dal club. In precedenza, sempre con la Lazio, era stato tra i protagonisti di una tournée israeliana che aveva visto oltre 30mila tifosi raccogliersi sugli spalti dello stadio di Ramat Gan. Giornate speciali e indelebili nella sua esistenza, conclusasi all’età di 86 anni nel 2018. “Non è difficile immaginare la commozione di Di Veroli nel trovarsi di fronte le maglie del Maccabi con la stella di Davide, lui che al calcio si era affacciato indossando la divisa della romana Stella Azzurra”, sottolineano non a caso gli autori. “Una stella in campo” ce lo fa scoprire anche da altri punti di vista, allargando ad esempio lo sguardo dal calcio ad altre passioni e scelte che grande impatto ebbero nel suo orizzonte. Straordinarie ad esempio le sue foto accanto ai soldati d’Israele impegnati sulla linea del fuoco nella Guerra dei Sei Giorni che portò all’unificazione di Gerusalemme. La Nikon dell’ex calciatore, in quei giorni che fecero la Storia, non si limitò a raccontare quello che era avvenuto tra gli eserciti in lotta. Al centro troviamo infatti anche la “sfera più intima”. Ecco allora, ci guidano gli autori, “l’immagine del soldato israeliano in preghiera al Muro del Pianto, la madre con il bambino in fuga dai combattimenti, la desolazione e lo sconforto dei prigionieri egiziani”.
L’occhio attento di “Ciccio”, dai campi di calcio a quelli di guerra, aveva colto ancora nel segno.

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(Il libro sarà presentato giovedì 30 marzo alle 20.15, nella sede del Centro Ebraico Il Pitigliani.
Interverranno con gli autori Rav Alberto Funaro, Claudio Procaccia – Direttore Dibac e Flavio Picchiani – LazioWiki, moderati da Ruben Della Rocca.
L’evento sarà preceduto alle ore 19.30 da un aperitivo offerto dalla famiglia Di Veroli. Prenotazione obbligatoria: eventi@pitigliani.it)