Israele, il ministro della Difesa licenziato per le critiche alla riforma
Sabato sera il ministro della Difesa Yoav Galant aveva proposto pubblicamente di sospendere le discussioni sulla riforma giudiziaria promossa dal governo Netanyahu e al centro di grandi contestazioni nel paese. Una richiesta, riportavano i quotidiani israeliani, arrivata dopo aver parlato con i vertici militari e dell’intelligence del paese, preoccupati per le divisioni innescate dalla riforma. Ventiquattro ore dopo l’annuncio di Galant, come raccontano oggi i diversi quotidiani italiani, il Primo ministro Netanyahu ha deciso di rimuoverlo dall’incarico. “Dopo le manifestazioni monstre di sabato, che hanno visto almeno 700 mila israeliani scendere nelle strade in tutto il Paese, ieri il primo ministro ha deciso la linea dura contro i dissidenti interni, per poi proseguire nel voto alla Knesset che dovrebbe dare il via libero definitivo alla riforma della Giustizia. – scrive La Stampa – L’obiettivo è togliere potere alla Corte Suprema, e in particolare la facoltà dei giudici di dichiarare un premier ‘inadatto a governare’ nel caso di condanne penali. Una possibilità quanto mai concreta, visto il procedimento in corso contro il leader del Likud, il primo ministro più longevo della storia di Israele, al governo quasi ininterrottamente da quindici anni”.
Il Corriere si sofferma sui timori espressi dall’esercito. “A preoccupare gli ufficiali sono le proteste tra i riservisti che si rifiutano di presentarsi all’addestramento e stanno già inceppando l’operatività di unità d’élite come lo Squadrone 69 dell’aviazione”. Lo Stato Maggiore, prosegue il Corriere, ha convocato i giornalisti israeliani per rendere pubblici i timori: “I nemici ci vedono deboli, calcolano che le nostre possibilità di reazione a un attacco siano limitati” ha spiegato una fonte precisando che questa analisi è condivisa dai servizi segreti. Questo era stato detto a Galant e il suo allontanamento viene interpretato in modo negativo.
Sul Giornale la posizione è diversa. “Adesso c’è chi dice che, allontanando Galant, Netanyahu mette l’esercito, cui egli è legato, in situazione di ancora maggiore debolezza. Ma è anche del tutto logico – la posizione del Giornale – che non potesse più affidarsi a un ministro che, avendo all’inizio del fenomeno evitato di reprimere il fenomeno della disubbidienza come richiesto dalle leggi militari, adesso esternava la sua incapacità a contenerlo”.
Secondo Repubblica, Netanyahu, nonostante il licenziamento di Galant, starebbe valutando di fermare la riforma. Anche se, scrive lo stesso quotidiano, la prima parte della modifica “dovrebbe approdare stasera alla Knesset per il voto finale. Anche se Galant e Yuli Edelstein (l’altro membro del Likud che ha chiesto di fermare l’iter) votassero contro, servirebbero ancora almeno due deputati per impedire l’approvazione della legge. Uno dei candidati, Avi Dichter, ha già annunciato che voterà comunque a favore — anche perché potrebbe essere proprio lui a succedere a Galant. In serata anche il leader Arieh Deri, del partito sefardita Shas, ha ritirato il suo appoggio alla controversa riforma”.
Mondiali e pregiudizi. Dal 20 maggio all’11 giugno in Indonesia è in programma il Mondiale U20. Tuttavia, attraverso un comunicato ufficiale, la Federcalcio indonesiana ha annullato il sorteggio della fase a gironi previsto per il 31 marzo. Questo perché Indonesia e Iraq non vogliono affrontare Israele nella fase a gironi. “La Fifa ha posticipato il sorteggio del gironi previsto – scrive il Corriere dello Sport – e ora sta cercando una soluzione diplomatica piuttosto complessa”. In Indonesia, riporta il quotidiano sportivo, “ci sono già state diverse proteste dl piazza al motto di ‘Israele vai all’inferno’ e ‘Israele è nemica dell’Islam’”.
Antisemitismo negli stadi. Si continua a parlare di quanto accaduto nel derby tra Roma e Lazio, con gli episodi di antisemitismo che hanno coinvolto le due tifoserie. Oltre all’esclusione a vita del tifoso laziale con la maglia “Hitlerson 88”, è arrivato un daspo a uno romanista che durante il derby aveva mostrato una bandiera raffigurante due militanti delle SS naziste con i colori giallorossi. “Un episodio che la Lazio ha utilizzato per denunciare una presunta disparità di trattamento da parte dell’opinione pubblica nei confronti della propria tifoseria a vantaggio di quella romanista”, scrive il Corriere Roma. Dalla società giallorossa è arrivata subito la replica, prosegue il quotidiano. “I cori antisemiti sono un problema trentennale della tifoseria organizzata della Lazio. Non c’è stato un derby dalla metà degli anni ’90 fino ad oggi in cui la Nord, compatta, non abbia intonato ‘giallorosso ebreo’”, per questo, afferma la Roma, non si possono fare equiparazioni. Sempre Corriere Roma riporta la richiesta della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello di intervenire sugli autori dei cori antisemiti nelle curve non ancora individuati. Il Foglio prende spunto da tutta la vicenda per presentare alcuni dati contenuti nell’ultima dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione Cdec e dell’indagine sul Giorno della Memoria di Swg in collaborazione con Pagine Ebraiche. Da quest’ultima si trae ad esempio il dato per cui “la quota di italiani che nel 2023 riconosce come ‘abbastanza diffuso’ l’antisemitismo è del 42 per cento. Il dato è in calo rispetto al 2021, quando il 55 per cento degli italiani riconosceva una forte diffusione del fenomeno”.
Scarcerazioni. Gli Emirati Arabi Uniti hanno concesso la grazia a una donna arabo-israeliana, Fida Kiwan, dopo averla inizialmente condannata a morte per possesso di droga. Lo riferisce il quotidiano israeliano Haaretz. Il caso, scrive il Corriere, aveva messo alla prova i nascenti legami diplomatici tra i due Paesi. L’ufficio del presidente israeliano, Isaac Herzog, ha comunicato che la grazia è arrivata a seguito di una richiesta di quest’ultimo al presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, che ha accettato ‘come gesto di buona volontà’ di rilasciare la donna.
Circolo dei Lettori. Un ciclo dedicato all’antifascista Piero Gobetti. Uno agli ottant’anni dall’8 settembre 1943, “con una riflessione sul senso della Storia, della guerra, dell’antifascismo”. Poi un iniziativa incentrata sul romanzo italiano, con autori come Tommaso Landolfi, Sebastiano Vassalli, Natalia Ginzburg, Matilde Serao, Gina Lagorio. E il centenario dalla nascita di Italo Calvino. Sono alcune delle iniziative in programma al Circolo dei Lettori in questa stagione, raccontate a La Stampa Torino dalla sua direttrice, Elena Loewenthal, riconfermata nel ruolo di recente. “Per me – afferma – riprendere le fila del lavoro iniziato significa ritrovare intatto lo slancio”.
Abramo. “La sottomissione di Abramo è schiavitù, non fede ma non per questo io sono un antisemita”, è il titolo dell’intervento del teologo Vito Mancuso su La Stampa. Mancuso scrive di voler replicare “a un commento redazionale di un articolo critico di rav Gianfranco Di Segni su una mia intervista al Venerdì di Repubblica”. Commento redazionale, prosegue il teologo, apparso sulla pubblicazione ebraica online Riflessi e in cui, in merito all’intervista sul Venerdì, si parla di “pregiudizi antisemiti” e “stereotipi e cliché antigiudaici”. Mancuso usa il suo spazio su La Stampa per negare questi pregiudizi e, allo stesso tempo, per confermare tutti i punti criticati da rav Di Segni sulla sua interpretazione della legatura di Isacco.
Daniel Reichel