Biden: “Molto preoccupato per Israele Netanyahu non continui su questa strada”
Mentre hanno preso avvio formale i colloqui tra maggioranza e opposizione sulla contestata riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu, in serata è arrivato l’intervento del Presidente Usa Joe Biden sulla questione. Biden ha esortato il Primo ministro Netanyahu ad “abbandonare” la formulazione attuale della revisione giudiziaria, dicendosi “molto preoccupato” per la salute della democrazia israeliana e avvertendo che Israele “non può continuare su questa strada”. Un intervento considerato inusuale dai media locali. “Come molti forti sostenitori di Israele, sono molto preoccupato. E sono preoccupato che si chiariscano le cose”, ha detto Biden ai giornalisti che gli hanno chiesto del benessere della democrazia israeliana e della riforma. “Non possono continuare su questa strada. E l’ho detto chiaramente”, ha aggiunto. Alla luce di questo intervento, alcuni commentatori parlano di crisi aperta tra i due paesi. “Si spera che il primo ministro agisca in modo da cercare di trovare un compromesso autentico, ma questo è ancora da vedere”, ha aggiunto Biden, impegnato .
Biden ha anche risposto con un secco “no” alla domanda se inviterà Netanyahu alla Casa Bianca, aggiungendo: “Non a breve termine”.
Netanyahu ha subito risposto insistendo sul fatto che stava cercando di ripristinare il “giusto equilibrio tra i tre rami del governo” attraverso il consenso. Respingendo l’avvertimento senza di Biden, ha dichiarato che Israele non prenderà decisioni basate su pressioni dall’estero, nemmeno dai suoi “migliori amici”. “Conosco il Presidente Biden da oltre 40 anni e apprezzo il suo impegno di lunga data nei confronti di Israele. L’alleanza tra Israele e gli Stati Uniti è indissolubile e supera sempre gli occasionali disaccordi tra di noi”, ha rimarcato Netanyahu. Intanto dagli Usa, l’editorialista del New York Times Thomas Friedman – tradotto oggi da La Stampa – lo accusa di essere diventato un pericolo “anche per l’America”. “Le sue politiche destabilizzano gli Accordi di Abramo e la Giordania” e “hanno diviso le forze armate proprio ora che l’Iran è vicino alla bomba atomica”, la tesi di Friedman.
Negoziati. Sui quotidiani italiani, da Corriere a Repubblica a Giornale e Sole 24 Ore, si parla del citato avvio dei negoziati tra maggioranza e opposizione presso la presidenza di Isaac Herzog per arrivare a un compromesso. “Israele non si fida”, titola La Stampa, spiegando che i manifestanti hanno già annunciato che continueranno la protesta e non si fidano della coalizione. “Perché ci sono buone ragioni, hanno sottolineato gli organizzatori, per credere che il premier abbia messo in pausa le votazioni al solo scopo di spegnere le piazza. – scrive il quotidiano torinese – Una pausa che oltretutto già ieri ha lasciato trapelare la possibilità di eccezioni di natura tecnica, per come l’ha messa l’esecutivo”. Il riferimento è a un passaggio che permette ora di far approvare, in qualsiasi momento, uno dei più controversi punti della riforma: quello che attribuisce al governo il controllo del comitato di selezione dei giudici. Intanto il Corriere segnala che dai sondaggi risulta un forte calo dei consensi per il Likud di Netanyahu a favore del partito centrista guidato da Benny Gantz. Domani
I manifestanti. “Nelle piazze della rivolta tra giovani, laici e lgbtq”, scrive Repubblica, con un reportage da Tel Aviv che racconta alcune delle anime della protesta. “Difendiamo Israele di tutti”, uno degli slogan dei manifestanti. In piazza, ricorda il quotidiano, ci sono realtà molto diverse tra loro: dal mondo high tech ai riservisti agli attivisti lgbtq. Per la Stampa e Domani questo movimento di piazza rappresenta la democrazia. “La marea umana che ha pacificamente circondato la Knesset è l’immagine rovesciata della folla inferocita che ha preso d’assalto Capitol Hill i1 6 gennaio dei 2021. Una ferma, almeno temporaneamente, il governo che vuole arbitrariamente comprimere il potere giudiziario, l’altra cerca di fermare i rappresentanti del popolo che certificano il risultato delle elezioni”, scrive Domani, che in un altro articolo rileva che il problema di Israele è l’assenza di una costituzione. Libero titola “Scoperta a sinistra: Israele è democratico”. “Gli intellettuali italiani che condannavano la politica di Gerusalemme, – sostiene il direttore Sallusti – ora puntano sul rovesciamento delle istituzioni”. A proposito di intellettuali, Repubblica intervista il regista Amos Gitai: “Adesso dobbiamo solo prevenire un colpo di mano: non possiamo permettere che questa gente cambi le regole del gioco mentre noi stiamo a guardare. – afferma Gitai – Voi in Europa sapete bene come nascono le dittature, come è arrivato al potere Franco. O Mussolini. Sapete quanto è difficile fermare questi processi: ma è quello che vogliamo noi. Fermare quello che sta accadendo e liberarci del governo di questi personaggi”.
Likud. “Il primo compito della politica israeliana ora è ricucire, il Likud avrà molto da fare ed è bene che il premier ascolti il suo partito”, scrive il Foglio in riferimento ad alcune voci interne al partito di Netanyahu che hanno chiesto di fermare momentaneamente la riforma ideata da un collega di partito, il ministro Levin. “Quando lunedì – prosegue il Foglio – il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha indetto una contromanifestazione per far vedere quanti fossero i sostenitori della riforma, gli elettori del Likud, secondo gli osservatori israeliani, non sono scesi in piazza perché avevano capito che in quel momento il ministro stava fomentando uno scontro e manifestare avrebbe avuto il significato di dividere la società. Il Likud di questo non voleva macchiarsi, quindi i suoi sostenitori sono rimasti a casa. Anche da questo rifiuto bisogna partire per lavorare, riformare, ricucire Israele”.
Gli estremisti. Il gruppo La Familia, ultras di estrema destra che tifano Beitar Gerusalemme e da anni sono protagonisti di azioni violente e razziste contro gli arabi, deve essere messo fuori legge. A chiederlo con un esposto, la deputata del partito Yesh Atid Merav Cohen. Secondo le ricostruzioni, racconta Repubblica, esponenti di questo gruppo – considerato vicino al partito Potere ebraico di Ben Gvir – si sono macchiati lunedì di azioni violente mentre erano scesi in piazza per manifestare a favore del governo Netanyahu. A farne le spese, alcuni cittadini arabi israeliani e due giornalisti del canale 13, finiti in ospedale con una costola rotta e ferite alla testa. “Ho fatto appello al Ministro della Difesa con la richiesta di designare Lahava e La Familia come organizzazioni terroristiche” ha spiegato Cohen, riferendosi anche all’associazione che si oppone ai matrimoni misti tra ebrei e musulmani.
Da Kiev. “La guerra in Ucraina interessa Gerusalemme eccome, proprio per come si stanno sviluppando i rapporti tra la Russia e l’Iran”, lo afferma al Foglio il rabbino capo d’Ucraina rav Moshe Reuven Azman, definito “il rabbino patriota”. “Dico sempre a Gerusalemme che loro neppure sono al sicuro e la stessa cosa ho detto alle comunità ebraiche in Russia. – le parole del rav – Non riesco a capire cosa sia successo a Mosca, capisco solo che è guidata da un’ideologia fascista. Basta guardare cosa dicono in televisione, usano le parole di un Goebbels, danno alla gente una vita virtuale. Putin ha reso le persone degli zombi. Anche i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale erano zombi e anche loro partivano e invadevano dicendo di andare a liberare i loro fratelli oppressi”.
Daniel Reichel